martedì, Maggio 14, 2024

Decreto “Caivano”, Antigone: «La punizione non è mai un deterrente»

Le parole dell'associazione Antigone dopo l'approvazione del decreto legge per il contrasto alla criminalità giovanile.

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«Abbassare l’età di chi entra in carcere non è la soluzione. Così come non lo è mai la reazione repressiva. Chiunque ha a che fare coi ragazzi sa che le responsabilità vanno estese agli adulti e alla società. Punire un ragazzo non è mai la risposta, specie a quell’età»È quanto dichiara l’associazione Antigone dopo l’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, del decreto legge che introduce misure urgenti di contrasto alla criminalità giovanile. Il decreto interviene sul processo penale a carico di imputate e imputati minorenni, favorendo l’arresto dei e delle giovani. Pubblichiamo il testo integrale del comunicato stampa pubblicato dall’Associazione.

«Il sistema della giustizia minorile italiana è un sistema che funziona, dove la detenzione negli istituti di pena è dal 1988 sempre più residua. Se qualche provvedimento deve essere intrapreso in tal senso, questo deva andare verso una modifica del sistema sanzionatorio prevedendo pene diversificate per i minori e non, come si discute in queste ore, abbassando l’età in cui un minore può entrare in carcere o solo con interventi delegati alla polizia. Servono educatori e non questori per occuparsi di ragazzi nei luoghi a rischio. Servono investimenti sociali e culturali nelle periferie urbane e in tutti quei luoghi dove i contesti economici e sociali sono difficili e non lasciano grande spazio a percorsi diversi da quelli che possono portare alla commissione di reati. Serve la lotta alla dispersione scolastica, che non può passare dal carcere per i genitori».

«Anche se autori di reato, si parla di ragazzi in un’età cruciale del loro sviluppo, che hanno bisogno di un percorso educativo e non punitivo, che spesso arrivano da contesti sociali ed economici diffusi. Pensare al carcere come soluzione dei problemi della criminalità giovanile significa invece ancora una volta scaricare sul sistema penale la responsabilità dei vuoti che lo Stato lascia in tutti gli altri ambiti. Un problema enorme quando si parla di adulti, drammatico quando se ne discute per i minori. Se si vuole fare un buon servizio a questi ragazzi e alla società dove questi sono cresciuti e torneranno sarebbe utile, invece, pensare ad un sistema dei reati e delle pene differente da quello in vigore per gli adulti, a maggior ragione constatando che il vigente il codice Rocco non soddisfa minimamente il principio, sancito nella Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989, del superiore interesse del minore».

«L’articolo 27 della Costituzione assegna alla pena una funzione rieducativa e pone limiti all’esercizio del potere di punire allo scopo di evitare trattamenti contrari al senso di umanità. Principi che, per essere adattati a ragazzi e ragazze, richiedono una diversa elencazione di reati e un ben più vario pluralismo sanzionatorio, con reati che potrebbero essere depenalizzati, trattati civilmente al di fuori del diritto penale o affidandosi alla giustizia riparativa. La punizione non è mai un deterrente. Non lo è con gli adulti, ancor meno lo è con i bambini e i ragazzi, con i quali lo sforzo da fare dovrebbe essere quello di prenderli, capirli, stargli accanto, non sbatterli in cella sperando che così imparino la lezione».

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

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