sabato, Luglio 27, 2024

L’importanza delle parole: intervista ad Agnese Pini

Agnese Pini è la direttrice delle testate del gruppo Monrif. È giornalista da 16 anni e ha collaborato con l'ANSA e con il Gruppo L'Espresso.

Condividi

Agnese Pini è la direttrice delle testate del gruppo Monrif (Il Giorno, Il Resto del Carlino e Quotidiano Nazionale). La sua carriera ha preso avvio nel 2007, quando Agnese Pini ha iniziato la sua collaborazione con la redazione di Carrara della Nazione. Giornalista professionista dal 2009 e vincitrice di numerosi premi, ha collaborato anche con l’agenzia ANSA, con Mondadori e con il Gruppo editoriale L’Espresso.

Agnese Pini è stata ospite di Valentia in festa.

Per quale motivo ha scelto di diventare una giornalista e come intende il suo ruolo?
Ho scelto di diventare una giornalista a 16 anni, l’11 settembre 2001, quando c’è stato l’attacco alle Torri Gemelle di New York. È stato un evento così epocale per la mia generazione che ha tenuto tutti incollati davanti alla televisione. È stato un momento che ha segnato nel profondo un’epoca storica, incidendo poi su ciò che è avvenuto dopo. Un evento che mi ha costretto ad interrogarmi non tanto su che cosa fosse successo, ma sul perché fosse successo. Fare la giornalista significava, per me, riuscire ad avere gli strumenti utili per comprendere quei perché.

Nell’epoca dei social, vi è la necessità di pubblicare rapidamente le notizie. Quale spazio resta alla verifica dell’attendibilità delle fonti?
Lo spazio è enorme. A maggior ragione nell’epoca dei social, i giornali e i giornalisti devono continuare a fare il proprio lavoro con l’astuccio del mestiere, con le regole e la deontologia del mestiere che prevedono una serie di caratteristiche che restano immutate nel corso degli anni e di cui oggi si ha ancora più bisogno. Proprio la diffusione immediata e su larga scala delle notizie attraverso i social implica che chi fa questo mestiere, chi è iscritto ad un albo, lo faccia in maniera ancora più rigorosa di quando non sia mai accaduto nel passato.

A Suo avviso, qual è lo spazio che il credo politico di un giornalista ha sulla stampa nazionale?
Dipende da che tipo di giornalista sei e in quale tipo di giornale lavori. Alcuni giornali politici hanno un messaggio chiaro per i loro lettori, hanno un chiaro patto con il lettore ed esplicitano la propria posizione politica. È un modo di fare giornalismo. Quando però il patto con il lettore prevede altre caratteristiche, prevede un’obiettività politica nei limiti in cui può essere obiettivo l’animo umano, il dovere deontologico di un giornalista è quello di lasciare nel profondo del cuore il proprio credo e di far prevalere l’obiettività necessaria a far capire, perché il primo compito di un giornalista è quello di far capire le cose.

Noto una certa difficoltà da parte dei giornalisti, in particolare degli uomini, nell’affrontare in modo serio e rispettoso i casi di femminicidio. Quali sono le cause di questa difficoltà?
Non è soltanto un problema degli uomini, anche le donne non sanno ancora come si devono scrivere alcune notizie. I giornalisti e giornali sono frutto di una cultura e di una società. La nostra è una società in cui alcune cose devono ancora essere capite in alcuni casi ed assimilate in altri. Faccio questo mestiere da sedici anni. Sedici anni fa, nei giornali, non ci si poneva il problema del modo in cui si scrivono le cose, non era un tema che veniva affrontato.

Oggi se ne parla molto all’interno delle redazioni, si sa che il tema del come si scrivono le cose, in particolare quelle che riguardano violenze, minoranze, diversità, è un tema importantissimo perché è dalla parola che si cambiano le cose. Dentro i giornali c’è un percorso di coscienza e autocoscienza che va verso l’analisi di questo tipo di di problematica: usare le parole giuste. Oggi non ci possiamo più limitare a raccontare i fatti, ma dobbiamo raccontare i fatti usando le parole giuste. Non tutte le parole sono giuste. La riflessione che c’è dentro le redazioni mi lascia sperare, poi le cose non cambiano in un mese: ci vuole tempo. È un lavoro di grande autodisciplina.

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

Sullo stesso argomento

Simili

Dello stesso autore