giovedì, Marzo 28, 2024

Etica e vocazione del giornalista: intervista a Luigi Contu

Luigi Contu è uno dei più autorevoli giornalisti italiani. Dal giugno 2009 è direttore responsabile dell'ANSA.

Condividi

Nelle redazioni dagli anni Ottanta, Luigi Contu è uno dei più autorevoli giornalisti italiani. Dopo aver iniziato la propria carriera nella redazione del giornale economico Ore 12, nel 1985 Luigi Contu passa alla redazione economica dell’ANSA e nel 1997 assume l’incarico di responsabile della redazione parlamentare dell’agenzia. Nel 2004 diventa responsabile della redazione interni del quotidiano la Repubblica e, il 10 giugno 2009, è nominato direttore responsabile dell’ANSA, succedendo a Giampiero Gramaglia. Nel 2022 ha ricevuto alla Camera dei Deputati il Premio America della Fondazione Italia-USA. È stato segretario e vice presidente dell’Associazione stampa parlamentare dal 1994 al 2000.

Luigi Contu è stato ospite di Valentia in festa e ha presentato il suo testo I libri si sentono soli, pubblicato nel 2022 da La nave di teseo.

Per quale motivo ha scelto di diventare un giornalista e come intende il suo ruolo?
Ho sempre voluto fare il giornalista. Mio padre era un giornalista, mio nonno era un giornalista: sono cresciuto tra le notizie, tra i giornali, tra i ritagli. Per me è stato molto naturale intraprendere questa carriera e ho avuto poi la fortuna di riuscire a proseguirla. Intendo il mio ruolo come quello di una sentinella, di una persona che deve raccontare agli altri ciò che succede: la cronaca, i fatti. L’obiettivo è quello di consentire alle persone di capire che cosa stia accadendo intorno a loro. Il giornalista è un testimone.

In un epoca in cui è necessario – soprattutto per chi scrive su un giornale on-line – pubblicare le notizie il più velocemente possibile, quanto spazio rimane alla verifica delle fonti?
La verifica delle fonti è fondamentale. Hai detto bene: occorre pubblicare le notizie il più velocemente possibile. Non si può pubblicare velocemente senza aver effettuato le necessarie verifiche. Un giornalista – in particolare un giornalista di agenzia come sono i giornalisti dell’ANSA – prima di pubblicare un qualcosa che potrebbe avere degli effetti, suscitare sentimenti, offendere delle persone, creare difficoltà, gioie inaspettate, deve sempre verificare la veridicità delle fonti e di ciò che scrive. Non si possono sacrificare la verifica e il tempo necessario per effettuare le verifiche a vantaggio della velocità nella pubblicazione. Questo è un problema che ci riguarda, tenendo conto che un’agenzia prima esce e meglio è.

Il giornalismo è fatto da esseri umani che hanno delle idee politiche. Quanto il giornalismo è politico?
Abbiamo diversi diversi tipi di giornalismo. Il giornalismo è partecipazione, quindi è giusto che i giornalisti dicano ciò che pensano, che si esprimano a favore o contro un provvedimento o un governo. L’importante è che lo si dica trasparentemente, che non si faccia passare un’opinione per notizia, un’opinione per verità. Esiste, poi, un giornalismo – quello che fa la nostra agenzia – che è veramente giornalismo oggettivo: si racconta una notizia senza aggiungere giudizi di merito, senza fare dibattito politico. Io credo che nel nostro Paese troppe volte le notizie vengano strumentalizzate. Bisognerebbe avere maggior distacco. Credo nel giornalismo oggettivo, consapevole che l’oggettività in assoluto non esiste, che una notizia può essere letta in diversi modi. Sono convinto che i lettori apprezzino di più le notizie oggettive che consentono loro di sviluppare una propria opinione in autonomia.

Noto una certa difficoltà da parte dei giornalisti nell’affrontare in modo serio e rispettoso i casi di femminicidio. Quali sono le cause di questa difficoltà?
È vero quello che dici. Questo fenomeno non accade solo nei casi di femminicidio: nei femminicidi è anche più odioso. Il fenomeno è presente in molti casi riguardanti la violenza in generale. Purtroppo c’è un modo di fare giornalismo che è strillato, che è alla ricerca spasmodica di facili lettori, di facili click. Un giornalismo che attraverso un linguaggio di un certo tipo, la scelta di alcune immagini e di alcuni link cerca di invogliare il lettore a restare sul sito. Questo è comprensibile per chi deve far quadrare i conti, ma non è questo il giornalismo di cui abbiamo bisogno. Il giornalismo deve essere molto rispettoso nella scelta delle parole giuste, nel linguaggio, nei confronti delle persone e dei più deboli che, molte volte, non hanno gli strumenti per difendersi dalle parole e dalla scrittura. Questo va sempre ricordato. È difficile, però bisogna prestare la massima attenzione.

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

Sullo stesso argomento

Simili

Dello stesso autore