sabato, Luglio 27, 2024

Governare l’incertezza: intervista a Marco De Giorgi

Marco De Giorgi è consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, docente universitario e autore del libro "Governare l’incertezza".

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Marco De Giorgi, consigliere di ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è Capo del Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale e professore a contratto dell’Università Luiss Guido Carli di Roma. È Vicepresidente dell’Associazione nazionale dei Dirigenti delle Pubbliche amministrazioni. Ha ricoperto l’incarico di Direttore generale dell’Ufficio per la valutazione della performance nelle pubbliche amministrazioni nell’ambito del Dipartimento della funzione pubblica.

Dopo essersi laureato in Giurisprudenza, indirizzo giuridico-economico, presso l’Università Luiss, Marco De Giorgi ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Organizzazione e Funzionamento della Pubblica Amministrazione presso l’Università La Sapienza di Roma. Svolge attività accademica e di ricerca in materia di Diritto amministrativo.

Nel 2022 ha pubblicato per Franco Angeli, il libro Governare l’incertezza, Percorsi di innovazione sociale per nuovi partenariati pubblico-privati. Marco De Giorgi ha presentato il testo nel corso della sesta edizione di Valentia in festa.

Lei è autore di un libro intitolato Governare l’incertezza. Per quale motivo ha scelto di scriverlo?
Mi sono ispirato ad un sociologo polacco molto famoso, Bauman, il quale ha scritto un libro più famoso del mio che è La società dell’incertezza. In questi anni ci siamo abituati a vivere il governo dell’incertezza. Io lavoro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove, in questi anni, abbiamo dovuto fronteggiare prima la pandemia da Covid, poi il portato della guerra, in una società che è caratterizzata da velocità, interdipendenza e crisi sempre più continue.

Nel testo Lei sostiene la necessità di adottare l’innovazione sociale come nuovo paradigma di sviluppo. Cosa intende?
Nel libro sostengo che il percorso della società vada verso quella che noi chiamiamo Economia dell’impatto sociale. Vorrei che, come è successo per l’impatto ambientale per il quale sono stati elaborati strumenti di misurazione delle emissioni di CO2, introducendo la carbon footprint, si introducesse la stessa cosa per l’impatto sociale, costruendo un sistema di incentivi agganciati agli impatti sociali e ai risultati. Come per l’impatto ambientale siamo riusciti a trovare una formula che connetta il valore ambientale al valore finanziario, dovremmo trovare una formula di commutazione tra impatto sociale, miglioramento del benessere della collettività e valore finanziario.

Ritiene che i Paesi europei siano maggiormente preparati rispetto al nostro a mettere in pratica questo modello?
Così come in passato si è elaborato il Green deal, si dovrebbe definire un Social deal. In quest’ottica, alcuni paesi del Nord Europa sono più avanti rispetto a noi. Lo sono la Danimarca e la Finlandia, che hanno già sperimentato degli strumenti finanziari chiamati Social impact bond, dimostrando che ci possono essere dei
buoni modelli di cooperazione tra il pubblico il privato. Questi modelli prevedono che, anche in ambiti di rilevanza pubblica, possa intervenire la finanza d’impatto. Allora ecco come l’economia a impatto sociale diventa un modo di convogliare investimenti privati verso funzioni pubbliche, senza per questo delegare la potestà pubblica.

Il progetto di riforma di autonomia differenziata potrebbe incentivare questo progetto o, invece, potrebbe essere causa di un suo rallentamento?
Può essere uno strumento di sostegno. Al Sud, per esempio, l’autonomia differenziata e la finanza d’impatto potrebbero creare delle alleanze orizzontali tra pubblico, privato, enti del terzo settore e mondo imprenditoriale. La finanza d’impatto dimostra come sia possibile fare profitto nel sociale. In questo è uno stimolo a fare partire delle spinte dal basso. Tuttavia, è necessario mantenere sempre la guardia sui livelli essenziali delle prestazioni e sui diritti universali.

Dal 2008 ad oggi noi giovani viviamo in una società profondamente incerta a causa degli effetti della crisi economica, della pandemia e della guerra. Crede che saremo destinati a vivere in un’eterna incertezza?
I giovani oggi hanno una sorta di bussola smagnetizzata: è difficile chiedere ad un ragazzo di progettare il proprio futuro mentre egli deve prestare attenzione al pass Covid, non potendo neanche andare all’estero a causa della guerra. I giovani vivono un disorientamento e un senso di precarietà veramente forti. Spero che con gli investimenti del Governo, con i fondi del PNRR e con i fondi europei 2021-2027, che porteranno tantissime risorse in Italia, si possa superare questo senso di precarizzazione della nostra gioventù.

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

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