I delitti di genere non conoscono tregua: si è fatto molto, ma ancora non basta. Una donna su tre, secondo i dati Istat, in Italia subisce violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita. E le più sfortunate vengono uccise. I dati diffusi trimestralmente dal Ministero dell’Interno e aggiornati al 1° settembre 2025 parlano di 60 delitti commessi in ambito familiare o affettivo che hanno avuto come vittime delle donne.
I numeri degli ultimi mesi confermano le dimensioni di un fenomeno che negli anni si è mostrato strutturale, profondo, e che le contromisure messe in atto fino a oggi non sono ancora riuscite ad arginare. Per questo la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra oggi, 25 novembre, continua a essere un momento importante di sensibilizzazione, denuncia e memoria: un grido di dolore per un numero ancora troppo elevato di casi di sopraffazione e di morte.
Uno dei simboli più intensi e coinvolgenti di questa giornata è quello delle Scarpette Rosse. Le calzature di questo colore, indossate o esposte in segno di memoria, rappresentano le donne che hanno perso la vita a causa degli omicidi di genere e insieme i passi di cui sono state private. La consuetudine nasce da un progetto di arte pubblica creato nel 2009 dall’artista messicana Elina Chauvet e intitolato “Zapatos Rojos”, ovvero “scarpe rosse”.
L’installazione, divenuta itinerante, è composta da centinaia di paia di scarpe femminili di ogni tipo e foggia: dai modelli eleganti a tacco alto fino alle pantofole e agli zoccoli, sempre e rigorosamente di colore rosso, per raffigurare il sangue delle vittime. Le calzature, raccolte tramite passaparola o appelli sui social media, vengono disposte ordinatamente lungo un percorso urbano per simboleggiare una marcia silenziosa di donne che non ci sono più o che non possono esprimere a voce la loro sofferenza. Un appello muto e toccante, capace di parlare più di mille parole.
Di fronte a questi dati e a queste storie, la ricorrenza del 25 novembre non può ridursi a una semplice celebrazione. È un invito a non distogliere lo sguardo, a rafforzare l’impegno collettivo per prevenire, proteggere, educare. La violenza contro le donne non è un destino ineluttabile, ma una responsabilità sociale che richiede ascolto, formazione, politiche efficaci e un cambiamento culturale profondo. Solo così i passi che mancano a quelle scarpette rosse potranno tradursi in percorsi nuovi, liberi e sicuri per tutte le donne.
