Un tempo l’Italia era composta da campanili, piazze vuote al tramonto e anziani seduti sulle panchine a raccontare storie. Molti di quei borghi sono ormai un lontano ricordo. In più di 5.000 comuni italiani vivono meno di 5.000 persone, secondo l’Istat. Alcuni hanno ora meno di 100 abitanti. È una desertificazione graduale ma definitiva che distrugge montagne, colline e persino le campagne più ricche di terreno. Le cause sono molteplici: mancanza di lavoro, chiusura di servizi essenziali e fuga dei giovani verso le città in cerca di opportunità e lavoro ben retribuito. Il risultato? Case abbandonate, piazze fantasma e ricchezze artistiche e culturali rischiano di andare perdute per sempre.
Tuttavia, c’è un movimento: iniziative come quelle di Sambuca di Sicilia o Borgomezzavalle, che vendono case a un euro, hanno attirato l’attenzione dei media internazionali. Alcuni borghi provano a rinascere grazie al turismo sostenibile, alla riscoperta delle tradizioni o all’arrivo di nomadi digitali. Ma sono ancora eccezioni, non la regola. Il vero nodo resta la mancanza di un sostegno nazionale. Servirebbe investire in infrastrutture, connessioni digitali e incentivi per le famiglie. Solo così i borghi potranno tornare a vivere, e l’Italia non perderà le sue radici.
Oltre alla perdita demografica, l’abbandono dei borghi comporta anche un grave danno ambientale. Con la mancanza delle attività agricole e della manutenzione del territorio, aumentano frane, incendi e dissesto idrogeologico. Dove una volta c’erano mani che curavano i territori, oggi cresce l’incuria. Anche il tessuto sociale si sfalda: spariscono le botteghe artigiane, le tradizioni orali, le feste di paese. Si perde un modo di vivere più lento, più umano, dove il tempo era scandito dalle stagioni e dai rintocchi della campana, non dalle notifiche dello smartphone.
Eppure, i borghi potrebbero rappresentare una risorsa strategica per un’Italia più equilibrata, meno concentrata nelle grandi metropoli. Con lo smart-working, servizi digitali e una visione sostenibile del territorio, ripopolarli non è un’utopia, ma una sfida concreta. Serve però volontà politica, investimenti e una narrazione diversa: i borghi non sono il passato, ma possono essere il futuro.
