48 anni fa Cosa nostra uccise Gaetano Cappiello

Gaetano Cappiello era un poliziotto. Il 2 luglio 1975 fu ucciso da Rosario Riccobono e da Salvatore Micalizzi, membri di Cosa nostra.

Gaetano Cappiello nasce ad Altamura nel 1947. Sceglie di lavorare nella Polizia di Stato e presta servizio alla questura di Palermo.

Nel 1975, all’età di 28 anni, prende parte ad un’indagine che riguarda alcuni estorsori che hanno preso di mira un commerciante, Angelo Randazzo. Randazzo è proprietario di un laboratorio fotografico, più volte oggetto di minacce ed estorsione. Gli estorsori, Rosario Riccobono e Salvatore Micalizzi, sono affiliati a Cosa Nostra. I due mafiosi danno appuntamento al commerciante per la consegna del denaro il 2 luglio 1975. Gaetano Cappiello ha il compio di proteggere il commerciante sedendo con lui in macchina, lasciando ai colleghi in borghese il compito di intervenire per arrestare gli estorsori.

Gli estorsori giungono sul posto. Gaetano esce dall’auto e dichiara in arresto i mafiosi, che subito sparano. Gli altri agenti intervengono in aiuto del collega, ma Micalizzi e Riccobono riescono a fuggire dopo aver colpito con cinque proiettili il petto di Gaetano Cappiello. Il poliziotto muore a causa delle ferite subite, lasciando una moglie e una figlia. I proiettili hanno colpito anche il Angelo Randazzo, che riesce a salvarsi. Del delitto sono accusati gli uomini appartenenti alla famiglia del boss Rosario Riccobono, tra i quali Gaspare Mutolo. È il giudice Paolo Borsellino a condurre le indagini.

Gaetano Cappiello è stato insignito della medaglia d’argento al valore civile con la seguente motivazione: «Guardia di Pubblica Sicurezza addetto alla Squadra Investigativa, volontariamente ed insistentemente si offriva di partecipare a rischioso servizio per la cattura di pericolosi malviventi, autori di tentata estorsione, con il compito di agire, di sorpresa dall’autovettura della vittima. Nel corso dell’operazione, spinto da generoso impulso e insigne coraggio, non esitava ad affrontare i due malfattori, armati e travisati, avvicinarsi all’autovettura, nel tentativo di ridurli all’impotenza e di assicurarli alla giustizia durante l’azione veniva, però, colpito a morte da numerosi colpi di arma da fuoco. Il suo ardimentoso intervento costringeva i malviventi a desistere dall’azione criminosa. Ammirevole esempio di attaccamento al dovere e di consapevole sprezzo del pericolo».

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

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