giovedì, Maggio 15, 2025
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Mattarella ha sciolto le Camere: le sue parole

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione dopo aver firmato il decreto di scioglimento delle camere. Il decreto è stato stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi.

Le dichiarazioni di Sergio Mattarella

«Come è stato ufficialmente comunicato, ho firmato il decreto di scioglimento delle Camere affinché vengano indette nuove elezioni entro il termine di settanta giorni indicato dalla Costituzione. Lo scioglimento anticipato del Parlamento è sempre l’ultima scelta da compiere, particolarmente se, come in questo periodo, davanti alle Camere vi sono molti importanti adempimenti da portare a compimento nell’interesse del nostro Paese. Ma la situazione politica che si è determinata ha condotto a questa decisione.

La discussione, il voto e le modalità con cui questo voto è stato espresso ieri al Senato hanno reso evidente il venir meno del sostegno parlamentare al Governo e l’assenza di prospettive per dar vita a una nuova maggioranza. Questa condizione ha reso inevitabile lo scioglimento anticipato delle Camere. Il Governo ha presentato le dimissioni. Nel prenderne atto ho ringraziato il Presidente del Consiglio Mario Draghi e i Ministri per l’impegno profuso in questi diciotto mesi.

È noto che il Governo, con lo scioglimento delle Camere e la convocazione di nuove elezioni, incontra limitazioni nella sua attività. Dispone comunque di strumenti per intervenire sulle esigenze presenti e su quelle che si presenteranno nei mesi che intercorrono tra la decisione di oggi e l’insediamento del nuovo Governo che sarà determinato dal voto degli elettori.

Ho il dovere di sottolineare che il periodo che attraversiamo non consente pause negli interventi indispensabili per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e, in particolare, dell’aumento dell’inflazione che, causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari, comporta pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese.

Interventi indispensabili, dunque, per fare fronte alle difficoltà economiche e alle loro ricadute sociali, soprattutto per quanto riguarda i nostri concittadini in condizioni più deboli. Indispensabili per contenere gli effetti della guerra della Russia contro l’Ucraina sul piano della sicurezza dell’Europa e del nostro Paese. Indispensabili per la sempre più necessaria collaborazione a livello europeo e internazionale.

A queste esigenze si affianca – con importanza decisiva – quella della attuazione nei tempi concordati del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, cui sono condizionati i necessari e consistenti fondi europei di sostegno. Né può essere ignorato il dovere di proseguire nell’azione di contrasto alla pandemia, che si manifesta tuttora pericolosamente diffusa.

Per queste ragioni mi auguro che – pur nell’intensa, e a volte acuta, dialettica della campagna elettorale – vi sia, da parte di tutti, un contributo costruttivo, riguardo agli aspetti che ho indicato; nell’interesse superiore dell’Italia».

La procedura di scioglimento delle Camere

Nella seduta odierna di Palazzo Montecitorio il Presidente della Camera, Roberto Fico, ha dato conto della lettera con la quale il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, ha comunicato di aver rassegnato le proprie dimissioni al Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica ha invitato il Governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti. Il Quirinale ha comunicato che Sergio Mattarella riceverà nel pomeriggio i Presidenti delle Camere, ai sensi dell’art. 88 della Costituzione. L’articolo stabilisce le modalità di scioglimento delle Camere:

Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

Il potere di sciogliere le Camere è quindi nelle mani del Presidente della repubblica, che non può esercitarlo nel cosiddetto semestre bianco. Potenzialmente, il potere di scioglimento non ha ulteriori limiti oltre a quello del semestre bianco. Tuttavia, nella storia della Repubblica le Camere sono state sciolte o alla scadenza naturale della legislatura o in caso di dimissioni del Presidente del Consiglio e dell’impossibilità di individuare una nuova maggioranza in parlamento.

Lo scioglimento delle Camere dal 1953 ad oggi

Il primo Capo dello Stato ad esercitare il potere di scioglimento fu Luigi Einaudi, durante la prima legislatura, la quale terminò nel 1953. Einaudi sciolse solo il Senato della Repubblica che, nei primi anni di storia repubblicana, restava in carica per 6 anni. Nel 1963, una riforma costituzionale uniformò la durata del Senato a quella della Camera. Oltre a Einaudi, sono stati cinque i Presidenti che hanno sciolto anticipatamente le Camere. Giovanni Leone lo ha fatto nel 1972 e nel 1976, Sandro Pertini nel 1979 e nel 1983, Francesco Cossiga nel 1987, Oscar Luigi Scalfaro nel 1994 e nel 1996, Giorgio Napolitano nel 2008, dopo la caduta del secondo governo Prodi e nel 2012, terminato il governo Monti. Significativo è lo scioglimento delle Camere del 1994: esso non fu funzionale (legato all’impossibilità di individuare una maggioranza parlamentare), bensì legato principalmente all’inchiesta Mani Pulite, che evidenziò il diffuso ricorso al finanziamento illecito da parte dei partiti.

La data delle nuove elezioni

Una volta sciolte le Camere, la convocazione delle elezioni è normata dall’articolo 61 della Costituzione:

Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.

Il limite minimo per la convocazione delle elezioni è stato fissato a 60 giorni dal Dpr 104 del 2003. Il limite minimo tiene conto delle tempistiche necessarie per consentire ai cittadini italiani residenti all’estero di esercitare il proprio diritto. Se Sergio Mattarella dovesse sciogliere le Camere oggi, i seggi saranno aperti il 25 settembre.

Il Governo ottiene la fiducia. Draghi al Quirinale

Il Governo presieduto da Mario Draghi ha ottenuto la fiducia del Senato. I voti favorevoli sono stati 95, i contrari 38. Il Senato è stato in numero legale poiché i senatori del Movimento 5 stelle sono stati presenti non votanti. Lega, Forza Italia e il centrodestra di governo tutto hanno abbandonato l’aula. Fratelli d’Italia ha votato contro la richiesta di fiducia.

Tenuto conto del venir meno dei numeri necessari per proseguire l’azione di governo, Mario Draghi si recherà dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per rassegnare le proprie dimissioni.

Le reazioni alla fine del Governo Draghi

«Il balletto degli irresponsabili contro Draghi può provocare una tempesta perfetta. Ora è il tempo di voler bene all’Italia: ci aspettano mesi difficili ma siamo un grande Paese». Lo ha scritto su Twitter il Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni.

«In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti», ha dichiarato Enrico letta, Segretario del Partito democratico.

«Draghi ha detto, mi volevo dimettere poi ho visto che la gente mi ha chiesto di restare, me lo hanno chiesto gli italiani. Ha parlato di mobilitazione senza precedenti: 100 persone a Torino, di questo stiamo parlando, roba che se chiamavano i parenti facevano più persone. Ma nelle democrazie occidentali, c’è un solo modo per verificare quale sia la volontà popolare, ed è il voto». Queste le parole della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

Per il ministro degli esteri, Luigi Di Maio, quella di oggi è «una pagina nera per l’Italia. La politica ha fallito, davanti a un’emergenza la risposta è stata quella di non sapersi assumere la responsabilità di governare. Si è giocato con il futuro degli italiani. Gli effetti di questa tragica scelta rimarranno nella storia».

Mariastella Gelmini lascia Forza Italia

Mariastella Gelmini non fa più parte di Forza Italia. Lo ha comunicato in una nota. Mariastella Gelmini è ministra degli Affari Regionali ed esponente del partito di Berlusconi dal 1998.

«Ho ascoltato gli interventi in aula della Lega e di Forza Italia, apprendendo la volontà di non votare la fiducia al governo (esattamente quello che ha fatto il Movimento 5 Stelle giovedì scorso).

In un momento drammatico per la vita del Paese, mentre nel cuore dell’Europa infuria la guerra e nel pieno vortice di una crisi senza precedenti, una forza politica europeista, atlantista, liberale e popolare oggi avrebbe scelto di stare, senza se e senza ma, dalla parte di Mario Draghi.

Forza Italia ha invece definitivamente voltato le spalle agli italiani, alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini. Se i danni prodotti al Paese dalle convulsioni del Movimento 5 Stelle erano scontati, mai avrei immaginato che il centrodestra di governo sarebbe riuscito nella missione, quasi impossibile, di sfilare a Conte la responsabilità della crisi: non era facile, ma quando a dettare la linea è una Lega a trazione populista, preoccupata unicamente di inseguire Giorgia Meloni, questi sono i risultati.

Questa Forza Italia non è il movimento politico in cui ho militato per quasi venticinque anni: non posso restare un minuto di più in questo partito».

Il centrodestra non voterà la fiducia al Governo

«Forza Italia, Lega, UDC e Noi con l’Italia hanno accolto con grande stupore la decisione del presidente del consiglio Mario Draghi di porre la questione di fiducia sulla risoluzione presentata da un senatore – Pierferdinando Casini – eletto dalla sinistra. Il presidente Silvio Berlusconi questa mattina aveva comunicato personalmente al Capo dello Stato Sergio Mattarella e al presidente del consiglio Mario Draghi la disponibilità del centrodestra di governo a sostenere la nascita di un esecutivo da lui guidato e fondato sul “nuovo patto” che proprio Mario Draghi ha proposto in Parlamento. La nostra disponibilità è stata confermata e ufficializzata nella proposta di risoluzione presentata dal centrodestra di governo in Senato».

Con questa nota congiunta i partiti del centrodestra di Governo hanno comunicato che non voteranno la fiducia al Governo Draghi. Qui la diretta dall’aula.

La stizzita replica di Mario Draghi al Senato

Pubblichiamo un estratto della replica del Presidente del Consiglio dimissionario, Mario Draghi, appena conclusasi al Senato.

«Sarò breve. Vorrei ringraziare chi ha sostenuto l’operato del governo con lealtà e collaborazione. Mi è stato detto che in alcuni interventi sembro mettere in discussione la democrazia parlamentare. La democrazia è parlamentare e io la rispetto. Potevo rassegnare le dimissioni e andare via senza voto, ma la mobilitazione che ho visto mi ha portato a riproporre il patto di coalizione. Il sostegno che ho visto nel Paese mi ha indotto a riproporre un patto di coalizione e sottoporlo a vostro voto, voi decidete. Siete voi che decidete, niente richieste di pieni poteri.

Voglio essere chiaro, c’è stato un rimprovero sul perché il governo abbia deciso di non intervenire su temi come la cannabis, lo ius scholae, il dl Zan, temi di origine parlamentare, per la sua natura di governo fondato su una ampia coalizione di unità nazionale.

Sapete cosa penso del Superbonus. Il problema non è il Superbonus, ma i meccanismi di cessione. Chi ha disegnato quei meccanismi è il colpevole di questa situazione in cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti. Bisogna riparare al malfatto e tirare fuori dai pasticci quelle imprese. Sul salario minimo ho detto quello che dovevo dire, c’è una proposta della commissione europea, abbiamo aperto un tavolo con i sindacati e Confindustria, continueremo la discussione qualunque sia la vostra decisione oggi. C’è una proposta che non veda l’imposizione, il diktat del governo sul contratto di lavoro.

Chiedo che sia posta il voto di fiducia presentata dal senatore Casini».

La Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha immediatamente convocato la Capigruppo.

Crisi di Governo: la posizione di Lega e FI

Al termine delle comunicazioni del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, sulla crisi di Governo in atto, i leader del centrodestra di governo si sono riuniti a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi. All’incontro partecipano il segretario della Lega, Matteo Salvini, il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, e i vertici di Noi con l’Italia e Udc.

«Come ha correttamente sottolineato il presidente Mario Draghi nel corso del suo intervento, la decisione del Movimento 5 stelle ha rotto il patto di fiducia che era alla base del governo di unità nazionale, che pure ha affrontato – con successo e ha avviato con il nostro leale contributo – gravi emergenze e avviato un lavoro prezioso sul Pnrr. Il centrodestra di governo è disponibile a un “nuovo patto” di governo e continuerà a dare il suo contributo per risolvere i problemi dell’Italia soltanto con un nuovo governo, guidato ancora  da Mario Draghi, senza il M5S e profondamente rinnovato». Questo il testo di una nota emanata dal centrodestra di governo.

La risoluzione della lega

La Lega ha depositato una proposta di risoluzione presso il Senato della Repubblica. Il primo firmatario è il senatore Roberto Calderoli. Ne riportiamo il contenuto, che sintetizza la proposta del partito per la risoluzione della crisi di Governo.

«Il Senato,
atteso che nella seduta del Senato del 14 luglio una forza politica della maggioranza non ha partecipato alla votazione sulla questione di fiducia posta dal Governo sul decreto-legge c.d. “Aiuti”;
preso atto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha rassegnato le dimissioni, che non sono state accolte dal Presidente della Repubblica;
considerato che il Presidente del Consiglio è stato invitato a rendere comunicazioni al Parlamento;
rilevata la necessità che tra i rappresentanti delle forze politiche facenti parte della compagine governativa siano compresi esclusivamente quelli espressione dei partiti che hanno votato a favore della fiducia nella citata seduta del Senato del 14 luglio;
ritenuta essenziale e non rinviabile una netta discontinuità nelle politiche e nella composizione dell’esecutivo;
considerate le premesse parte integrante e vincolante della risoluzione,
accorda il sostegno all’azione di un governo profondamente rinnovato sia per le scelte politiche sia nella composizione
».

In Senato è in corso la discussione generale. Seguiranno la replica di Mario Draghi e, quindi, le dichiarazioni di voto dei partiti.

Senato: le critiche di Mario Draghi ai partiti

Durante le comunicazioni al Senato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha rivolto numerose critiche ai partiti che hanno sostenuto il Governo. Pubblichiamo gli estratti più significativi del suo intervento sul tema.

«Ricostruite il patto di fiducia»

«Con il passare dei mesi, alla domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione. Le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese. In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del Presidente Putin. Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito.
Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con “tempestività”, nell’interesse del Paese.

Come ho detto in Consiglio dei Ministri, il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente, non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum. L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità».

Gli appelli dei cittadini a Mario Draghi

«La mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo è senza precedenti e impossibile da ignorare. Ha coinvolto il terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport. Si tratta di un sostegno immeritato, ma per il quale sono enormemente grato.

Due appelli mi hanno colpito in modo particolare. Il primo è quello di circa 2.000 sindaci, autorità abituate a confrontarsi quotidianamente con i problemi delle loro comunità. Il secondo è quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine collettiva è immensa. Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare. È questo il cuore della nostra discussione di oggi. È questo il senso dell’impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini».

Secondo Mario Draghi, è necessario che vi sia «un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli. All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi. Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese.

I partiti e voi parlamentari – siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che si è poi affievolito? Sono qui, in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani».

Governo: le comunicazioni di Draghi al Senato

Pubblichiamo il testo integrale del discorso che Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei Ministri dimissionario, ha pronunciato nell’aula del Senato della Repubblica. Oggi il Senato dovrà esprimere la fiducia al Governo.

Le parole di Mario Draghi

Giovedì scorso ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo sin dalla sua nascita. Il Presidente della Repubblica ha respinto le mie dimissioni e mi ha chiesto di informare il Parlamento di quanto accaduto – una decisione che ho condiviso. Le Comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta. Lo scorso febbraio, il Presidente della Repubblica mi affidò l’incarico di formare un governo per affrontare le tre emergenze che l’Italia aveva davanti: pandemica, economica, sociale.

“Un governo” – furono queste le sue parole – “di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. “Un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”. Tutti i principali partiti – con una sola eccezione – decisero di rispondere positivamente a quell’appello. Nel discorso di insediamento che tenni in quest’aula, feci esplicitamente riferimento allo “spirito repubblicano” del Governo, che si sarebbe poggiato sul presupposto dell’unità nazionale. In questi mesi, l’unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo esecutivo e della sua efficacia. Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile.

Questo presupposto è ancora più importante in un contesto di emergenza, in cui il Governo deve prendere decisioni che incidono profondamente sulla vita degli italiani. L’amplissimo consenso di cui il Governo ha goduto in Parlamento ha permesso di avere quella “tempestività” nelle decisioni che il Presidente della Repubblica aveva richiesto. A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci, per il bene di tutti i cittadini. Grazie alle misure di contenimento sanitario, alla campagna di vaccinazione, ai provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, siamo riusciti a superare la fase più acuta della pandemia, a dare slancio alla ripresa economica.

La spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie ci ha consentito di uscire più rapidamente di altri Paesi dalla recessione provocata dalla pandemia. Lo scorso anno l’economia è cresciuta del 6,6% e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali. La stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato a larghissima maggioranza da questo Parlamento, ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente. Le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti – oltre alla corposa agenda di semplificazioni – sono un passo in avanti essenziale per modernizzare l’Italia. A oggi, tutti gli obbiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti. Abbiamo già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi.

Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7. Allo stesso tempo, non abbiamo mai cessato la nostra ricerca della pace – una pace che deve essere accettabile per l’Ucraina, sostenibile, duratura. Siamo stati tra i primi a impegnarci perché Russia e Ucraina potessero lavorare insieme per evitare una catastrofe alimentare, e allo stesso tempo aprire uno spiraglio negoziale.

I progressi che si sono registrati la settimana scorsa in Turchia sono incoraggianti, e auspichiamo possano essere consolidati. Ci siamo mossi con grande celerità per superare l’inaccettabile dipendenza energetica dalla Russia – conseguenza di decenni di scelte miopi e pericolose. In pochi mesi, abbiamo ridotto le nostre importazioni di gas russo dal 40% a meno del 25% del totale e intendiamo azzerarle entro un anno e mezzo.

È un risultato che sembrava impensabile, che dà tranquillità per il futuro all’industria e alle famiglie, rafforza la nostra sicurezza nazionale, la nostra credibilità nel mondo. Abbiamo accelerato, con semplificazioni profonde e massicci investimenti, sul fronte delle energie rinnovabili, per difendere l’ambiente, aumentare la nostra indipendenza energetica. E siamo intervenuti con determinazione per proteggere cittadini e imprese dalle conseguenze della crisi energetica, con particolare attenzione ai più deboli. Abbiamo stanziato 33 miliardi in poco più di un anno, quasi due punti percentuali di PIL, nonostante i nostri margini di finanza pubblica fossero ristretti. Lo abbiamo potuto fare grazie a una ritrovata credibilità collettiva, che ha contenuto l’aumento del costo del debito anche in una fase di rialzo dei tassi d’interesse. Il merito di questi risultati è stato vostro – della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, nel rispetto reciproco.

La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivano dai cittadini. Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile. Sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà. Al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente. Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano. L’Italia è forte quando sa essere unita.

Purtroppo, con il passare dei mesi, a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione. Le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese. In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del Presidente Putin. Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito. Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con “tempestività”, nell’interesse del Paese. Come ho detto in Consiglio dei Ministri, il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza.

Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. È impossibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum. L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani. La mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo è senza precedenti e impossibile da ignorare. Ha coinvolto il terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport. Si tratta di un sostegno immeritato, ma per il quale sono enormemente grato.

Il secondo è quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine collettiva è immensa. Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare. È questo il cuore della nostra discussione di oggi. È questo il senso dell’impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini. L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud. Entro la fine di quest’anno, dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro.

Gli obiettivi riguardano temi fondamentali come le infrastrutture digitali, il sostegno al turismo, la creazione di alloggi universitari e borse di ricerca, la lotta al lavoro sommerso. Completare il PNRR è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei. Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onestà, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi. L’avanzamento del PNRR richiede la realizzazione dei tanti investimenti che lo compongono. Dalle ferrovie alla banda larga, dagli asili nido alle case di comunità, dobbiamo impegnarci per realizzare tutti i progetti che abbiamo disegnato con il contributo decisivo delle comunità locali. Dobbiamo essere uniti contro la burocrazia inutile, quella che troppo spesso ritarda lo sviluppo del Paese.

E dobbiamo assicurarci che gli enti territoriali – a partire dai Comuni – abbiano tutti gli strumenti necessari per superare eventuali problemi di attuazione. Allo stesso tempo, dobbiamo procedere spediti con le riforme che, insieme agli investimenti, sono il cuore del PNRR. La riforma del codice degli appalti pubblici intende assicurare la realizzazione in tempi rapidi delle opere pubbliche e il rafforzamento degli strumenti di lotta alla corruzione. Dobbiamo tenere le mafie lontane dal PNRR. È il modo migliore per onorare la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli uomini e donne delle loro scorte. A trent’anni dalla loro barbara uccisione.

La riforma del codice degli appalti è stata approvata, ed è in corso il lavoro di predisposizione degli schemi di decreti delegati. Questi devono essere licenziati entro marzo del prossimo anno. La riforma della concorrenza serve a promuovere la crescita, ridurre le rendite, favorire investimenti e occupazione. Con questo spirito abbiamo approvato norme per rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, alla tutela dei consumatori. La riforma tocca i servizi pubblici locali, inclusi i taxi, e le concessioni di beni e servizi, comprese le concessioni balneari. Il disegno di legge deve essere approvato prima della pausa estiva, per consentire entro la fine dell’anno l’ulteriore approvazione dei decreti delegati, come previsto dal PNRR. Ora c’è bisogno di un sostegno convinto all’azione dell’esecutivo – non di un sostegno a proteste non autorizzate, e talvolta violente, contro la maggioranza di governo.

Per quanto riguarda la giustizia, abbiamo approvato la riforma del processo penale, del processo civile e delle procedure fallimentari e portato in Parlamento la riforma della giustizia tributaria. Queste riforme sono essenziali per avere processi giusti e rapidi, come ci chiedono gli italiani. È una questione di libertà, democrazia, prosperità. Le scadenze segnate dal PNRR sono molto precise. Dobbiamo ultimare entro fine anno la procedura prevista per i decreti di attuazione della legge delega civile e penale. La legge di riforma della giustizia tributaria è in discussione al Senato, e deve essere approvata entro fine anno. Infine, l’autunno scorso il Governo ha dato il via al disegno di legge delega per la revisione del fisco. Siamo consapevoli che in Italia il fisco è complesso e spesso iniquo. Per questo non abbiamo mai aumentato le tasse sui cittadini. Tuttavia per questo occorre procedere con uno sforzo di trasparenza.

Intendiamo ridurre le aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi; superare l’Irap; razionalizzare l’Iva. I primi passi sono stati compiuti con l’ultima legge di bilancio, che ha avviato la revisione dell’Irpef e la riforma del sistema della riscossione. In Italia l’Agenzia delle Entrate-Riscossione conta 1.100 miliardi di euro di crediti residui, pari a oltre il 60% del prodotto interno lordo nazionale – una cifra impressionante. Dobbiamo quindi approvare al più presto la riforma fiscale, che include il completamento della riforma della riscossione, e varare subito dopo i decreti attuativi.

Accanto al PNRR, c’è bisogno di una vera agenda sociale, che parta dai più deboli, come i disabili e gli anziani non autosufficienti. L’aumento dei costi dell’energia e il ritorno dell’inflazione hanno causato nuove diseguaglianze, che aggravano quelle prodotte dalla pandemia. Fin dall’avvio del governo abbiamo condiviso con i sindacati e le associazioni delle imprese un metodo di lavoro che prevede incontri regolari e tavoli di lavoro. Questo metodo è già servito per gestire alcune emergenze del Paese: dalla ripresa delle attività produttive nella fase pandemica fino alla sicurezza del lavoro, su cui molto è stato fatto e molto resta ancora da fare. Oggi è essenziale proseguire in questo confronto e definire in una prospettiva condivisa gli interventi da realizzare nella prossima legge di bilancio. Quest’anno, l’andamento della finanza pubblica è migliore delle attese e ci permette di intervenire, come abbiamo fatto finora, senza nuovi scostamenti di bilancio.

Bisogna adottare entro i primi giorni di agosto un provvedimento corposo per attenuare l’impatto su cittadini e imprese dell’aumento dei costi dell’energia, e poi per rafforzare il potere d’acquisto, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione. Ridurre il carico fiscale sui lavoratori, a partire dai salari più bassi, è un obiettivo di medio termine. Questo è un punto su cui concordano sindacati e imprenditori. Con la scorsa legge di bilancio abbiamo adottato un primo e temporaneo intervento. Dobbiamo aggiungerne un altro in tempi brevi, nei limiti consentiti dalle nostre disponibilità finanziarie. Occorre anche spingere il rinnovo dei contratti collettivi. Molti, tra cui quelli del commercio e dei servizi, sono scaduti da troppi anni. La contrattazione collettiva è uno dei punti di forza del nostro modello industriale, per l’estensione e la qualità delle tutele, ma non raggiunge ancora tutti i lavoratori.

A livello europeo è in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo, ed è in questa direzione che dobbiamo muoverci, insieme alle parti sociali, assicurando livelli salariali dignitosi alle fasce di lavoratori più in sofferenza. Il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà, ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro. C’è bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita in un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo.

Moonlight Haze: impressioni al chiaro di Luna

Dopo aver parlato di due dei concerti più recenti, cui ho assistito, facciamo un salto indietro di qualche settimana. Questa volta però non parleremo degli headliner, ma del gruppo di apertura. Il concerto a cui faccio riferimento è quello dei Lacuna Coil al Rugby Sound Festival di Legnano. Il gruppo spalla (purtroppo) del quale vi parlerò sono i Moonlight Haze, questo non perché i Lacuna Coil non meritino attenzione, anzi, sono bravi, bravissimi. Segnalo, con l’occasione,  l’uscita il 14 ottobre Di Comalies XX, l’album con le nuove versioni dei brani di Comalise.

Comunque, come dicevo, chi mi ha veramente sorpreso sono i Monlight Haze di Chiara Tricarico, forse perché in questi anni me li ero persi. La band tutta italiana si può dire che appartenga al genere power symphonic metal  e, a giudicare dalle magliette presenti al concerto, si è già fatta un nome nell’ambiente. I Monlight Haze sono nati nel 2018 grazie a Chiara Tricarico (precedentemente cantante dei Temperance) e al batterista Giulio Capone. In questi quattro anni hanno già prodotto tre album, uno meglio dell’altro. L’ultimo lavoro s’intitola Animus (2022) che segue De Rerum Natura (2019) e Lunaris (2020).

Quella sera del 30 giugno catturarono subito la mia attenzione. Sotto l’aspetto musicale non gli si poteva dire niente, non avevano nulla da invidiare a gruppi già affermati e molto più famosi di loro. Chitarre belle possenti, batteria prepotente e precisa e una composizione eccellente. La voce di Chiara (secondo il modesto parere di chi scrive) è qualcosa di spettacolare, che ti tiene incollato ad ascoltare. Un po’ come le voci delle Sirene che ascoltò Ulisse nei mari al largo di Sorrento. Volente o nolente ti cattura e ti trasporta in un viaggio che oscilla costantemente tra brani più sinfonici e altri dove la doppia cassa si fa più incalzante e dove si sente a gran voce il richiamo del power metal.

I brani suscitano molte volte sensazioni contrastanti. E qui comprendo il nome della band. Siete mai stati in giro da soli, d’inverno, nella nebbia e al chiaro di Luna? Ecco, la sensazione è quella, un’alternanza continua di sensazioni che vanno dalla meraviglia all’inquietudine, dalla dolcezza alla tristezza, dall’attrazione alla paura. Insomma, Romanticismo (inteso come movimento artistico-letterario) portato in musica. È facile collegare mentalmente le sonorità dei Moonlight Haze ad alcuni quadri di Friedrich o Turner, dove per altro la nebbia la fa da padrone.

E così, senza saper nulla di loro, senza aver sottomano i testi, nella mia testa le immagini si creavano ed il fascino che trasmettevano aumentava. Avrei voluto che continuassero almeno per un’altra ora.

Spero prima o poi di cogliere l’occasione di sentirli dal vivo da headliner, ma per ora sarò felice di sentirli ancora in apertura di Helloween e Sabaton il 27 agosto all’Ippodromo Snai di San Siro.

Per chi volesse ascoltarsi qualcosa consiglio:
Dark Corners of Myself (da De Rerum Natura)
Enigma (raro esempio di metal ben fatto in italiano da Lunaris)
A Ritual of Fire (da Animus)

Francesco Mazzini