giovedì, Maggio 15, 2025
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In Russia crolla il consenso attorno alla guerra

Oggi il Corriere della Sera ha pubblicato un sondaggio realizzato il 23 giugno 2022 da Vciom, una società sondaggistica controllata dal governo della Federazione russa. Il sondaggio riservato, intitolato Operazione militare speciale: aree problematiche non era destinato alla pubblicazione. Il 70% degli intervistati si dichiara favorevole all'”operazione militare speciale”, un dato in calo rispetto al 76% registrato il 24 marzo 2022. Il dato più preoccupante per Vladimir Putin riguarda i giovani. Il 38% delle persone tra i 18 e i 24 anni sostiene la guerra, il 37% è contrario e il 23% non sa rispondere.

Tra gli intervistati di tutte le fasce d’età, il 44% ritiene sia importante combattere, il 44% crede sia più importante cessare il fuoco e aprire il tavolo delle trattative mentre il 12% non sa rispondere. Tra i giovani dai 18 ai 24 anni, solo il 9% è favorevole a continuare la guerra. Il 36% dei sostenitori di Vladimir Putin di ogni fascia d’età preferirebbe le trattative al prosieguo della guerra. L’81% di coloro che si informano tramite la televisione, controllata dal Governo, è favorevole alla continuazione dei combattimenti. Il dato cala al 45% tra le donne e gli uomini che si informano su internet.

Nuovi aiuti dell’UE all’Ucraina

Il Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea ha approvato una nuova tranche di aiuti all’esercito ucraino per un importo pari a 500 milioni di euro. «L’Europa continua ad impegnarsi per la pace e la difesa dei nostri valori. Accolgo con favore l’accordo politico sulla quinta tranche a favore dell’Ucraina nell’ambito dell’European Peace Facility. Il sostegno dell’Ue alle Forze armate ucraine ammonta ora a 2,5 miliardi di euro. L’Europa è al fianco dell’Ucraina». Lo ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel.

«Sono grato per i 500 milioni di euro extra dallo European Peace Facility e sollecito altri aiuti militari bilaterali. Il mio messaggio chiave è che le armi all’Ucraina, le sanzioni alla Russia e la responsabilità di Mosca sono tre vie per ripristinare la pace, garantire la sicurezza e proteggere la stabilità in Europa», ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

Gli appelli dei rettori e dei dirigenti scolastici a Mario Draghi

Dopo la lettera aperta che più di mille i sindaci hanno sottoscritto chiedendo a Mario Draghi di continuare ad essere Presidente del Consiglio, anche la Conferenza dei Rettori delle Università italiane e l’Associazione nazionale dirigenti scolastici hanno invitato l’attuale Presidente del Consiglio a rimanere alla guida del Governo.

La lettera della Conferenza dei rettori

Oggi il Corriere della Sera ha pubblicato una lettera firmata dal presidente della CRUI, Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano. Ne pubblichiamo il contenuto.

«Caro Presidente Draghi,
in questi giorni sono diversi gli appelli affinché lei possa rimanere in carica. Tanti i gesti di stima da parte dei leader di tutto il mondo e i messaggi per mano dei rappresentanti delle istituzioni e delle imprese. Temo però che, in questo coro, quasi del tutto unanime, la voce più debole sia quella delle tante ragazze e dei tanti ragazzi che, dalle aule universitarie, vivono questa ennesima vicenda con rassegnazione. Non li sentirà, probabilmente non li vedrà scendere in piazza. Non perché non abbiano un’opinione a riguardo, ma perché ipotizzo non abbiano né la voglia né l’interesse ad assecondare i giochi della politica.

Ne hanno viste tante negli ultimi anni. Con la pandemia hanno vissuto momenti di grande incertezza. A loro dobbiamo restituire la fiducia nel futuro. Fornire modelli positivi. Garantire stabilità e una mano ferma alla guida di un’Italia stanca delle logiche di partito, provata dalla crisi economica, intrappolata in un eterno presente che la rende del tutto incapace di guardare al bene delle prossime generazioni. Perché è di questo che stiamo parlando: è il momento della responsabilità, del giudizio, della coerenza, della fatica e dell’onestà. Valori che siamo sicuri siano al centro delle sue riflessioni.

Caro Presidente Draghi, l’università ha bisogno di lei. Per questo vogliamo farle avere un rinnovato messaggio di stima e allo stesso tempo una richiesta di aiuto: la formazione, la ricerca e soprattutto le giovani studentesse e i giovani studenti del nostro Paese hanno bisogno di esempi da seguire e di riferimenti da ricordare.

Un’ultima riflessione. Grazie ai fondi del Next Generation EU stiamo mettendo in sicurezza un bene prezioso, quello della conoscenza. Stiamo lavorando per aumentare il diritto allo studio, per rimettere in ordine i percorsi di carriera accademica, per ridurre il divario di genere e quello geografico e sociale, per impegnare la ricerca verso le grandi sfide tecnologiche e ambientali, per renderla più permeabile e vicina ai bisogni di innovazione delle imprese e della società… in breve, per restituire all’università quel ruolo che le spetta di diritto all’interno di un Paese moderno e civile, quello di essere uno straordinario ascensore sociale, indispensabile per uno sviluppo sostenibile e inclusivo. È un momento positivo, di grande slancio. Non permettiamo ai venti della politica di cambiarne la rotta. Una barca senza timone va alla deriva.

La lettera dell’Andis a Mario Draghi

Anche l’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici ha rivolto un appello a Mario Draghi:

«L’Andis auspica il rapido superamento della crisi di governo, perché venga garantita la continuità dell’azione riformatrice del sistema scolastico e la messa a terra dei finanziamenti del PNRR destinati alla scuola. Ancora segnati da un’interminabile pandemia e con l’ombra di una guerra che ferisce la pace e lo sviluppo su scala nazionale e globale, non ci possiamo permettere che venga meno la ritrovata credibilità a livello europeo e si prolunghi sine die una crisi politica che si ripercuote in modo pesante e drammatico sulle famiglie come pure sui ragazzi e sui giovani, ai quali appare sempre più evidente l’incapacità dei partiti di varare riforme di sistema capaci di visione e di futuro per le nuove generazioni, non tralasciando le ripercussioni sui lavoratori del comparto scuola, poiché ne risentirebbe il rinnovo del contratto e la riforma del reclutamento dei docenti.

La scuola italiana ha bisogno di stabilità e certezze per poter garantire quanto previsto dalla nostra Costituzione».

L’appello dei sindaci a Mario Draghi

Sono più di mille i sindaci che hanno sottoscritto la lettera aperta che chiede a Mario Draghi di continuare ad essere Presidente del Consiglio. I primi firmatari dell’appello sono stati Luigi Brugnaro (sindaco di Venezia), Marco Bucci (sindaco di Genova), Antonio Decaro (sindaco di Bari e Presidente ANCI), Michele de Pascale (sindaco di Ravenna e Presidente UPI), Giorgio Gori (sindaco di Bergamo), Roberto Gualtieri (sindaco di Roma), Stefano Lo Russo (sindaco di Torino), Dario Nardella (sindaco di Firenze e Coordinatore città metropolitane), Maurizio Rasero (Sindaco di Asti), Matteo Ricci (sindaco di Pesaro e Presidente ALI), Beppe Sala (sindaco di Milano). Tra i firmatari sono presenti degli esponenti del centrodestra: oltre a Brugnaro e Bucci, Alessandro Ghinelli (sindaco di Arezzo), Andrea Corsaro (sindaco di Vercelli) e Luca del Gobbo (sindaco di Magenta) hanno firmato la missiva.

Il testo della lettera indirizzata a Mario Draghi

Lettera aperta dei sindaci sulla crisi di governo in atto.

Con incredulità e preoccupazione assistiamo alla conclamazione della crisi di Governo generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza.

Le nostre città, chiamate dopo la pandemia e con la guerra in corso ad uno sforzo inedito per il rilancio economico, la realizzazione delle opere pubbliche indispensabili e la gestione dell’emergenza sociale, non possono permettersi oggi una crisi che significa immobilismo e divisione laddove ora servono azione, credibilità, serietà.

Il Presidente Mario Draghi ha rappresentato fino ad ora in modo autorevole il nostro Paese nel consesso internazionale e ancora una volta ha dimostrato dignità e statura, politica e istituzionale. Draghi ha scelto con coraggio e rigore di non accontentarsi della fiducia numerica ottenuta in aula ma di esigere la sincera e leale fiducia politica di tutti i partiti che lo hanno sostenuto dall’inizio.

Noi Sindaci, chiamati ogni giorno alla difficile gestione e risoluzione dei problemi che affliggono i nostri cittadini, chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo.

Allo stesso modo chiediamo con forza a tutte le forze politiche presenti in Parlamento che hanno dato vita alla maggioranza di questo ultimo anno e mezzo di pensare al bene comune e di anteporre l’interesse del Paese ai propri problemi interni. Queste forze, nel reciproco rispetto, hanno il dovere di portare in fondo il lavoro iniziato in un momento cruciale per la vita delle famiglie e delle imprese italiane. Se non dovessero farlo si prenderebbero una responsabilità storica davanti all’Italia e all’Europa e davanti alle future generazioni.

Ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità, certezze e coerenza per continuare la trasformazione delle nostre città perché senza la rinascita di queste non rinascerà neanche l’Italia.

Le reazioni

«Mi chiedo se tutti i cittadini rappresentati da Gualtieri, Sala, Nardella o da altri sindaci e presidenti di Regione che si sono espressi in questo senso, condividano l’appello a un governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale ad andare avanti imperterriti, condannando questa Nazione all’immobilismo solo per garantire lo stipendio dei parlamentari e la sinistra al governo. E mi chiedo se sia corretto che questi sindaci e governatori, rappresentanti di tutti i cittadini che amministrano (anche quelli che non li hanno votati e che la pensano diversamente) usino le Istituzioni così, senza pudore, come se fossero sezioni di partito. La mancanza di regole e di buonsenso nella classe dirigente in Italia comincia a fare paura». Lo ha dichiarato la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, riferendosi alla richiesta inoltrata da più di mille sindaci a Mario Draghi.

A Meloni replica Dario Nardella: «L’attacco ai sindaci e ai presidenti di Regione, che sono i politici più vicini ai cittadini, dimostra un certo nervosismo e una certa aggressività da parte dell’onorevole deputata Meloni. Mi dispiace che Meloni non noti che tra i firmatari ci sono moltissimi esponenti di centrodestra. Forse Fdi spera di lucrare consensi dal caos istituzionale ed economico del Pese, ma dalla cenere si raccoglie solo cenere».

«Giorgia Meloni è un’analfabeta istituzionale»

Secondo il senatore del Partito Democratico, Andrea Marcucci, «Giorgia Meloni insulta i sindaci che hanno firmato ieri l’appello a Draghi, confermando di essere un’analfabeta istituzionale. Intanto le ricordo che hanno firmato anche sindaci del suo schieramento, come, tra gli altri, i primi cittadini di Venezia, di Lucca, di Asti. Poi soprattutto la leader di Fdi non si dimentichi che le elezioni mettono a rischio il Pnrr, che è fondamentale per i Comuni e i territori. I sindaci che hanno firmato appello affinché Draghi resti in carico fanno solo gli interessi delle città e dei cittadini».

Non è dello stesso avviso il presidente della Direzione nazionale di Fratelli d’Italia, Edmondo Cirielli: «Sembra incredibile che un parlamentare, Marcucci del Pd, non comprenda il semplice ragionamento della Meloni. Anche un analfabeta capirebbe che la leader di Fratelli d’Italia critica, riferendosi a sindaci e presidenti di regione, l’utilizzo della carica istituzionale per fini di parte e comunque si tratta di una valutazione politica. Il suo commento è chiaro e in un italiano corretto. E non c’è nessuna parola offensiva in quello che dice. Stupisce che un rappresentante del Popolo, eletto nelle più alte assemblee legislative, fatichi a interpretarlo. Ci vuole un corso di italiano obbligatorio anche in Parlamento».

Achille Lauro live a Milano

Achille Lauro, ormai lo sappiamo, è un personaggio particolare, uno dal quale non si sa mai cosa aspettarsi. Ed è proprio con questo spirito che il 5 luglio mi sono recato al suo concerto, spinto dalla curiosità di vedere come quel ragazzo così abituato ai palchi televisivi se la cavasse con il pubblico del Milano Summer Festival all’Ippodromo Snai di San Siro.
La formazione prometteva già bene. Oltre alla band di Achille Lauro sarebbe salita sul palco anche l’ Electric Orchestra. L’aggiunta di archi e fiati dal vivo non è da tutti.

Comincia col botto eseguendo Delinquente in medley con Generazione X. Rispettivamente sono tratte dagli ultimi due album del cantante romano, 1969 e Lauro. Questi sono lo spartiacque del completo cambio di genere musicale dell’artista.
Segouno poi Maleducata, Me ne frego e Femmina, per arrivare ad un medley di pezzi trap del primo Lauro:  Bonnie & Clyde, Ullallà e Thoiry RMX.  E così via per tutto il concerto attraversando l’intero percorso musicale e artistico di Achille. Il tutto in una perfetta alternanza di brani che ti fanno muovere e saltare e brani più tranquilli, sentimentali o emotivi.

Sul palco, dal punto di vista scenico, se la cava egregiamente. Se qualcuno fosse andato per vedere l’eccesso che tutti si aspettano da lui, si sarebbe sbagliato di grosso. Composto, di poche parole (lasciate tutte ai suoi testi), pose quasi statiche da calendario, il massimo dell’eccesso nella cavalcata di un toro meccanico eseguendo Stripper. Insomma, nessuna voglia di dimostrare di essere per forza eccessivo. Con piccoli ammiccamenti e brevi gesti lascia intendere che lui può, che è arrivato al culmine del suo progetto iniziato con Rolls Roys e che lo ha portato ad essere Superstar.

E così il pubblico, molto vario per età, canta a squarcia gola su pezzi radiofonici come Domenica, Latte+ o Me ne frego, ma si raccoglie quasi in silenzio ad ascoltare pezzi come Roma, Lauro o Zucchero i quali suonano come preghiere o confessioni di un passato che non si vuole cancellare ma superare. Si conserva tutto dai ricordi migliori ai peggiori momenti di una vita che ora, forse, ha trovato la sua strada, ma che ha saputo trasformare le difficoltà vissute in un’opportunità di riscatto.

Ora ci saranno i soliti detrattori, i disfattisti della musica, i quali diranno che non sa scrivere, che i testi fanno schifo e che musicalmente non è un granché. Credo però che sia solo una questione di linguaggio e di pubblico al quale Lauro si rivolge. Certo se lo ascolta uno abituato solo ai testi di Mogol, di De André o Guccini dirà “Ma che sta dicendo questo?”. Ma è solo una questione di abitudine e di cambiamento del linguaggio che nella storia è sempre avvenuto. Il suo stile di scrittura arriva dalla trap e lo ha mantenuto anche negli ultimi album in un interessante mix di generi e stili. Questo modo di scrivere, tramite riferimenti, allusioni, cose dette-non dette, tende a frati creare delle immagini e delle sensazioni senza preoccuparsi di descriverle nei minimi dettagli. Questa parte la si lascia ai cantautori.

La vita, l’esperienza si racconta per immagini, flash, metafore e sineddochi, lasciando la riflessione e la ricomposizione del racconto all’ascoltatore. Dal punto di vista musicale è molto semplice ed immediato ed avendo molti pezzi che tendono ad un pop-punk-rock direi che lo stile è più che azzeccato (d’altro canto vi sfido a trovare dei gruppi pop-punk o pop-rock che abbiano linee strumentali complicate, il fine dev’essere l’immediatezza e l’orecchiabilità).

In sintesi: Achille Lauro è un cantante che va assolutamente visto dal vivo. Ottimo performer, buon accompagnamento musicale, sempre preciso e più che azzeccato. Uno spettacolo leggero ma che trascina, che fa ballare e fa anche riflettere. Una personalità magnetica, ti tiene incollato al palco. Insomma, forse è proprio il caso di dirlo, in questo mix di sonorità e stili differenti, tra impegno ed estetismo un po’ dandy è nata una Superstar.

Francesco Mazzini

Liza Dmitrieva, la bimba uccisa dalla belva russa

Liza Dmitrieva era una bambina ucraina di 4 anni. Liza è stata uccisa giovedì scorso dalla ferocia dell’esercito della Federazione Russa durante un attacco missilistico nella città di Vinnytsia. Sua madre, Iryna Dmitrieva, aveva portato la piccola in un centro educativo. Alle 9:38, le due passeggiavano con tranquillità, come si può vedere in un video pubblicato dalla stessa madre sul proprio profilo Instagram. «Ti puoi innamorare di continuo di tua figlia?», ha scritto Iryna nella descrizione del post.

Poco prima delle 11 madre e figlia sono uscite dal centro. Poco dopo, la flotta russa nel Mar Nero ha lanciato tre missili Kalibr sulla città di Vinnytsia, una città che fino allo scorso giovedì non era stata colpita dalla guerra. Ogni missile era armato con una testata di mezza tonnellata di esplosivo. L’onda d’urto ha ucciso Liza, devastandone completamente il torace. La madre è rimasta gravemente ferita ed è in terapia intensiva. Secondo il ministero dell’Interno ucraino, l’attacco ha ucciso 23 persone, di cui 3 bambini. Settantuno persone sono ricoverate in ospedale, 18 sono disperse.

A La Repubblica, il sindaco di Vinnytsia Serhiy Morhunov ha dichiarato: «I russi stanno attaccando posti che sanno essere affollati e questo vale anche per noi, c’era gente in giro. Un missile ha colpito un parcheggio vicino al centro pubblico dei servizi, un palazzo di nove piani che contiene molti uffici, una clinica privata e molti negozi. Anche molte automobili sono bruciate, in qualche caso con persone dentro e bambini. L’altro missile ha colpito vicino a un altro centro pubblico usato come sala concerti. Non lontano c’è un’azienda che fa tessuti, il registro pubblico, un reparto maternità, l’università con i suoi dormitori e palazzi privati. L’attacco ha danneggiato più di 50 edifici. Non ci sono unità militari in questo distretto. Questo è puro terrorismo».

L’esercito russo continua ad attaccare i civili con l’obiettivo di costringere le persone alla fuga. Questo consentirebbe ai criminali guidati da Vladimir Putin di conquistare territorio con maggiore facilità.

Il momento dell’attacco

Zanda preannuncia la fine dell’alleanza tra Pd e M5s

«Ho imparato che in politica obiettivi impossibili non ce ne sono. Ma il segretario del Pd, Enrico Letta, e un dirigente importante come Dario Franceschini giorni fa hanno fatto capire molto nettamente le conseguenze politiche di quella che allora sembrava solo un’ipotesi lontana. La vedo difficile poi andare insieme alle elezioni. Però vediamo. Non si può mai dire, ho visto rovesci di posizione anche in un giorno solo. Ma i segnali, come dicevo, non sono buoni». Queste le parole pronunciate dal senatore del Partito democratico, Luigi Zanda, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica.

Il senatore ha evidenziato l’inatteso attacco della capogruppo del Movimento 5 stelle al Senato, Mariolina Castellone, al Pd, partito con in quale il movimento grillino è stato alleato in molte città nel corso delle ultime elezioni amministrative: «Faccio notare un particolare: l’unico partito che la capogruppo dei 5 Stelle ha nominato nel suo intervento ieri, non certo con amicizia, è stato il Pd. Non se l’è presa con Renzi, con Forza Italia, con la Meloni, con la Lega. No: con il Pd». Zanda ha poi attaccato Giuseppe Conte: «Diciamo che, come ha ben detto Zingaretti, la formula che fosse un riferimento fortissimo dei progressisti non è più attuale… Conte non mi sembra a suo agio in una fase politica nella quale bisogna cercare di contenere la spesa pubblica e ridurre il debito. Purtroppo la verità è che non ci si inventa leader di partito da un giorno all’altro. È molto più difficile fare il leader di partito che fare il ministro».

Crisi di Governo, l’intervento dei 5 stelle al Senato

Pubblichiamo un estratto dell’intervento che la senatrice Mariolina Castellone, capogruppo del Movimento 5 stelle, ha pronunciato ieri al Senato della Repubblica nel corso della discussione sul Dl Aiuti. La senatrice ha annunciato l’uscita dall’Aula dei senatori del suo partito, portando Mario Draghi a manifestare la volontà di dimettersi e causando la crisi di Governo. Le dimissioni del Presidente del Consiglio non sono state accolte dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

«Il Governo Conte II cadde per mano di chi oggi parla di responsabilità (Applausi), che però all’epoca non si fece scrupoli a non votare il PNRR in Consiglio dei ministri, rifiutando, di fatto, 209 miliardi di euro. (Applausi). Ebbene, anche allora, abbiamo appoggiato la nascita di questo Governo, rispettando le indicazioni del presidente Mattarella e con grande generosità, perché non potevamo volgere le spalle al Paese, nel momento in cui bisognava completare la campagna vaccinale e il PNRR. Non si può nascondere che aver appoggiato questo Governo ha fortemente provato i cittadini che credono nel MoVimento, ma noi abbiamo sempre lavorato per un confronto serio su tutti i temi e per trovare soluzioni, evitando polemiche inutili.

Non è stato questo, però, l’atteggiamento di tutte le altre forze politiche di maggioranza. Abbiamo subito attacchi e provocazioni continui e c’è stata totale indifferenza rispetto alle nostre richieste. (Applausi). Nessuno avrebbe continuato, come abbiamo fatto noi, a lavorare a testa bassa in Aula, in Commissione e al Governo, perché per alcune forze politiche l’unico obiettivo di questi diciotto mesi è stato smantellare ogni nostra misura(Applausi).

Partiamo, ad esempio, dal superbonus, uno strumento che ha contribuito, come mai nessun’altra misura, alla crescita del PIL e ha rilanciato il settore edilizio. Oggi Il Sole 24 ore certifica che, a fronte di 38 miliardi di costi, il beneficio sul sistema economico è di 125 miliardi all’anno. (Applausi). Nonostante questo e nonostante gli apprezzamenti pubblici della Commissione europea, si sono susseguiti numerosi interventi governativi che hanno cambiato le regole in corso, hanno bloccato la circolazione dei crediti. Di fatto, oggi migliaia di imprese rischiano il fallimento. (Applausi). Si tratta di cittadini e imprese che avevano creduto nello Stato, che poi ha cambiato le regole in corso d’opera.

Parliamo del reddito di cittadinanza. Colleghi, non possiamo più assistere, come avvenuto anche oggi in quest’Aula, ad attacchi strumentali a una misura di protezione sociale. (Applausi). Sono attacchi contro le fasce più vulnerabili della popolazione. L’Istat ha certificato che con il reddito di cittadinanza abbiamo evitato un milione di poveri in più. Parliamo del cashback, una misura che ha contribuito ad accelerare il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione e a contrastare l’economia sommersa: è stato cancellato, senza neppure consultarci. (Applausi). Parliamo del decreto-legge dignità, un insieme di norme destinate a contrastare il precariato, che si sta demolendo pezzo a pezzo. Infatti, i contratti precari non sono mai stati così tanti.

Oggi in quest’Aula discutiamo su un decreto-legge che in realtà è la sintesi di due provvedimenti: il decreto aiuti e il cosiddetto decreto bollette. Si tratta di quasi 18 miliardi di euro per famiglie e imprese, che vengono anche dalla tassazione al 25 per cento degli extraprofitti, che è una cosa che noi abbiamo chiesto a gran voce. Sono risorse importanti, ma certamente non sufficienti, perché servono altre misure e altri sostegni per rispondere alla crisi economica che sta attanagliando famiglie e imprese. Non c’è tempo da perdere. Il provvedimento in esame ha un problema di metodo, perché in esso nessuna delle nostre proposte è stata accolta.

Non ci è stato concesso di emendare il testo in alcun modo, nulla per sbloccare la cessione dei crediti, nulla sul prezzo dell’energia, nulla sui contratti, nulla sui salari (Applausi), nemmeno la ragionevole richiesta che abbiamo avanzato di modificare quella norma che il Partito Democratico ha voluto e che era totalmente estranea, che affidava al sindaco Gualtieri il potere di costruire un inceneritore, andando contro il piano regionale dei rifiuti. (Applausi). Una follia che condanna i cittadini romani a pagare di tasca propria 700 milioni di euro e che, senatrice Bernini, non può aiutare a gestire la questione dei rifiuti che bruciano oggi, perché l’inceneritore sarà pronto tra sei-sette anni.

Abbiamo vissuto due anni di emergenza Covid e oggi siamo di fronte alla più grave crisi economica di sempre. L’inflazione è salita all’8 per cento. Solo quest’anno 100.000 imprese rischiano di fallire e centinaia di migliaia di persone ogni giorno devono decidere se pagare le bollette o mettere un piatto a tavola. Noi crediamo che a questa situazione straordinaria di crisi debbano rispondere misure straordinarie. Occorre intervenire per un taglio sul cuneo fiscale, che renda le buste paga più pesanti. Bisogna davvero potenziare la transizione ecologica, investendo in fonti rinnovabili e semplificando i processi di autorizzazione. Bisogna dare risposte a quei 4,5 milioni di lavoratori poveri, introducendo il salario minimo. Tutti questi punti, però, per noi prioritari, sono contenuti nella lettera che il presidente Conte ha consegnato al presidente Draghi.

Accogliamo con favore l’apertura del tavolo sui salari con i sindacati, anche se non ci convince una proposta sul salario minimo che manca della soglia minima di 9 euro. (Applausi). È bene avere anche annunciato un nuovo decreto-legge aiuti entro fine mese; se serve un nuovo provvedimento, vuol dire che abbiamo ragione a dire che questi aiuti non sono sufficienti. (Applausi). E allora il nostro non voto di oggi è coerente con quanto già espresso dai nostri Ministri e dai nostri colleghi alla Camera. Noi oggi non partecipiamo al voto su questo provvedimento, perché non ne condividiamo né parte del merito né il metodo. Questa nostra posizione si sottrae però alla logica della fiducia al Governo e dire che si indebolisce l’azione del Governo (Applausi).

Dire che si indebolisce l’azione del Governo, quando si sta cercando di indicare con chiarezza la linea politica, è falso. Chi vuole confondere i piani lo fa per strumentalizzare la situazione e dare a noi la colpa del momento di sofferenza che il Paese sta vivendo. Bisogna rispondere al malessere sociale che sta montando in maniera chiara e decisa. (Applausi). Signor Presidente, mi lasci concludere richiamando tre concetti che abbiamo sentito spesso in quest’Aula: la responsabilità, la stabilità e la dignità. La responsabilità non è tacere, non è far finta che i problemi non esistano. Irresponsabili non siamo noi, irresponsabile è chi non dà risposte al Paese. (Applausi). La stabilità si costruisce su pilastri e basi solide. La stabilità di un Paese si costruisce sulle azioni che il Governo mette in campo.

Infine, la dignità è quella che stiamo difendendo oggi, quella di un Gruppo parlamentare e di una forza politica che si comportano con lealtà da anni, subendo però attacchi vergognosi. Confermo allora la non partecipazione al voto del mio Gruppo. (Applausi)».

Guns N’ Roses a San Siro: hard rock ed emozioni

Fa caldo. Ammazza se fa caldo…
Chiudo il negozio, preparo lo zaino con lo stretto indispensabile stando attento a non portare nulla che mi possano fregare ai controlli, salgo in macchina dopo un pasto frugale e dopo aver recuperato un paio di amici si vola verso San Siro. Arriviamo che sono da poco passate le 13.00. Fa ancora più caldo.
Ci mettiamo in fila all’ingresso 2 dove c’è ancora poca gente e aspettiamo che arrivino le 15. Entriamo e ci dirigiamo verso il palco, quella poca aria che c’era cessa di esistere una volta entrati in quella spettacolare scatola di cemento carica di storia e di passioni. Siamo sulle transenne, subito dietro il pit gold e non ci resta che aspettare: cominceranno alle 20.00.

Primo gruppo spalla: i Dirty Honey. Rock ed energia alla stato puro, un gruppo che merita assolutamente di essere ascoltato e di essere gustato in un live da headliner, con i volumi sparati al massimo.
Seconda spalla: Gary Clark Jr. Bravo, bravissimo, ottimo chitarrista e con una voce che riesce a trasformarsi da un pezzo all’altro, da profonda e piena ad acuta e cristallina, come se fossero due cantanti totalmente distinti. Unica pecca: il suo blues non c’entrava niente con quello per cui si era lì quella sera. Uccideva l’entusiasmo.
Terminata la sofferenza creata dal Bluesman, viene preparato il palco in brevissimo tempo e compare il logo sullo schermo alle spalle degli strumenti. Alle 20.01 il logo si muove, parte un video.

Sale la tensione, partono grida, applausi, chi può si pigia sempre più avanti, ancora un po’, dai…Eccoli, i Guns N’ Roses!!!
WELCOME TO THE JUNGLE BABY!!!

Per il resto è difficile trovare delle parole che valgano le emozioni provate quella sera, anche perché molte di esse erano contrastanti. Sul palco compariva quella che ormai è l’ombra del cantante di un tempo, quello con la maggior estensione vocale, ridotta ormai a brevi e sofferti momenti.

Però, ragazzi, sono i Guns ‘n’ Roses, delle leggende dell’Hard Rock che in soli quattro album (Appetite for Distruction, G ‘N’ R Lies e Use Your Illusion I-II) sono riusciti ad entrare a gamba tesa nella storia della musica, a loro si può perdonare (quasi) qualsiasi cosa, soprattutto per chi come me è nato dopo il loro scioglimento e che mai avrebbe sperato di vedere Slash, Axl e Duff sullo stesso palco.

Nel complesso però hanno portato a casa un gran concerto. Dal punto di vista musicale sono delle macchine, tutto praticamente perfetto e di grande impatto. Slash alla chitarra era immenso, con un volume da panico rispetto agli altri membri della band, ma non inadeguato. Ha suonato per tutte le quasi tre ore di concerto senza battere ciglio, mettendo o allungando qualche assolo qua e là per consentire agli altri (la maggior parte delle volte ad Axl) di staccare un attimo.

Dal canto suo Axl, tenendo conto del sovrappeso e dell’età, faceva ancora la sua parte scenica, ma come già accennato in precedenza faticava nella parte vocale. Ma poteva andare peggio. Dopo il video apparso in seguito al live di Dublino, dove veniva eseguita Sweet Child O Mine e dopo l’annullamento della data a Glasgow per il danneggiamento delle corde vocali la nostra preoccupazione sulle condizioni di Axl era tanta, ma alla fine si è ripreso e, nonostante le svariate pause, cambi d’abito e quasi imbarazzanti tentativi di fare gli stessi vocalizzi di trent’anni fa, ha eseguito anche pezzi di una certa difficoltà (come se ci fossero pezzi facili dei Guns!) come Estrange o Civil War, i quali mi hanno particolarmente impressionato.

Ovvio che non è più il sex simbol di un tempo, ma le donne presenti non hanno risparmiato urla e gridolini come se sul palco ci fosse ancora quel ragazzo dai capelli rossi e bandana che ancheggiando e ammiccando dal palco le faceva impazzire trent’anni fa. Perché alla fine è questo che conta, quello per cui ognuno di noi era lì: vedere i Guns N’ Roses, un gruppo che abbiamo amato e che sempre ameremo al di là di qualsiasi perfomance.

Ottimo anche Duff McKagan che ad un certo punto decide di far cantare tutto lo stadio con una sua versione di I Wanna Be Your Dog di Iggy Pop.

Per chi era lì in quello stadio, però, ciò che contava non erano tanto le pecche sparse qua e là, ma era la sensazione di assistere ad un pezzo di storia, a delle leggende viventi che suonavano davanti a te portandoti in un mondo che molti di noi non avevano vissuto se non attraverso i dischi o i video su YouTube, lasciando indelebili ricordi e la consapevolezza che se molte volte la realtà delle cose si scontra inesorabilmente con le proprie aspettative, la leggenda rimane immutata emozionando in qualsiasi condizione si presenti.

Francesco Mazzini

Dimissioni di Draghi: tutto rinviato a mercoledì

«Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questa sera al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Mario Draghi, il quale ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica non ha accolto le dimissioni e ha invitato il Presidente del Consiglio a presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata a seguito degli esiti della seduta svoltasi oggi presso il Senato della Repubblica». Questo il comunicato stampa della Presidenza della Repubblica, pubblicato dopo l’incontro tra Sergio Mattarella e Mario Draghi.

Il Presidente Draghi, come aveva precedente comunicato al Consiglio dei Ministri, ha comunicato al Capo dello Stato la propria intenzione di dimettersi. Mattarella ha respinto le dimissioni poiché Mario Draghi ha ancora la fiducia delle Camere. L’astensione odierna del Movimento 5 stelle non è un elemento sufficiente per consentire al Garante della Costituzione di accettare le dimissioni del Presidente del Consiglio. La crisi va dunque parlamentarizzata. Inoltre, nei prossimi giorni sono previsti degli importanti negoziati con l’Algeria per l’acquisto di gas. È necessario che la Repubblica si presenti all’appuntamento con un Presidente del Consiglio in carica.

Rissa in Consiglio dei Ministri

Riportiamo il racconto dell’AdnKronos sulla lite tra il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e quello della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, avvenuta durante il Consiglio dei Ministri di oggi. «Il responsabile del Lavoro, Andrea Orlando, chiede al presidente del Consiglio di ripensarci, lo invita ad un supplemento di riflessione. Borbotta il responsabile del Mite, che invita Orlando a stare nel suo, anche di fronte alla situazione complicata che si è venuta a creare, con l’emergenza gas che incombe. Proprio per questo, gli avrebbe risposto Orlando, è il caso di insistere affinché Draghi ci ripensi, evitando un salto nel buio potenzialmente drammatico per il Paese. Cingolani sbotta: “Hai fatto il gioco di Conte”, facendo salire il livello di tensione. Lite sedata, anche perché si tratta di un momento particolarmente sentito da tutti».

Lo sberleffo russo

L’ex presidente della Federazione russa ed ex premier, Dmitri Medvedev, sul proprio canale Telegram ha pubblicato una foto che ritrae Mario Draghi accanto al premier britannico uscente Boris Johnson. Medvedev lancia una provocazione: chi sarà il prossimo leader occidentale ad uscire dalla politica?

La foto pubblicata da Dmitri Medvedev

Mario Draghi si è dimesso

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, ha rassegnato le proprie dimissioni. Questo il comunicato di Mario Draghi.

«Buonasera a tutti,
Voglio annunciarvi che questa sera rassegnerò le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.
Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico.
La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più.
È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo.
In questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche.
Come è evidente dal dibattito e dal voto di oggi in Parlamento questo sforzo non è stato sufficiente.
Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia.
Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi.
Queste condizioni oggi non ci sono più.
Vi ringrazio per il vostro lavoro, i tanti risultati conseguiti.
Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo raggiunto, in un momento molto difficile, nell’interesse di tutti gli Italiani.
Grazie.
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