giovedì, Dicembre 12, 2024

Bashir Makhoul, la guerra del Kippur e le intifada

La storia di Bashir Makhoul è una di quelle storie degne di essere raccontate. Una storia che parte dal niente ed arriva al successo.

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«War, children
It’s just a shot away

I tell you love, sister
it’s just a kiss away»
(Rolling Stones, Gimme Shelter)

Nello scorso articolo ci siamo lasciati con la risoluzione 242 delle Nazioni Unite del 22 novembre 1967. Bashir aveva quattro anni: troppo piccolo per comprendere quello che stava accadendo nella sua terra. Ma, come sappiamo, avrebbe avuto ancora tutta la vita per capirlo. La storia di Bashir Makhoul, nato in un piccolo villaggio palestinese della Galilea, è una di quelle storie degne di essere raccontate. Una storia che parte dal niente ed arriva al successo. Sullo sfondo e nell’animo, le tragedie della storia.

Bashir all’età di cinque anni perde il padre e rimane solo con la madre e i suoi nove fratelli. Fino all’età di dieci anni frequenta la scuola cattolica. Detto così sembra che gli studi si interrompano, salvo poi riprendere a tredici anni. Di questi tre anni non riesco a ricavare informazioni. Però, poi, guardando le date e facendo qualche calcolo da scuola elementare si può notare una cosa: Bashir ha dieci anni nel 1973, l’anno della Guerra del Kippur.

Quest’anno ricorrono i cinquant’anni e da poco, a Tel Aviv, è stata inaugurata la mostra del regista israeliano Amos Gitai, intitolata Kippur, War Requiem. Gitai partecipò come soldato alla guerra del Kippur ed assistette a scene terribili, che lo segnarono per il resto della vita. Da qui nasce il suo impegno come fervente attivista per la pace, con la speranza che anche i leader israeliani non commettessero più gli errori del passato. «La gravità della situazione tra Palestina e Israele rende importante non dimenticare, in modo che i leader israeliani non spingano il paese in un altro conflitto militare» spiega il regista in un’intervista. Ma la storia ha la sua macabra ironia e, dopo circa tre settimane dall’apertura della mostra, Hamas cominciava il suo tremendo attacco allo Stato ebraico.

La guerra del Kippur fu un fulmineo attacco congiunto di Egitto e Siria ai danni di Israele. Fu una breve parentesi ma provocò, come ci ricorda anche Gitai, 15.000 vittime di cui 2.000 israeliane. L’attacco prevedeva da parte dei paesi arabi il recupero dei territori persi nella guerra dei sei giorni: Gaza e il Sinai per l’Egitto e gli altipiani del Golan per la Siria. All’offensiva araba seguì, ovviamente, la controffensiva israeliana. Si arrivò ad un cessate il fuoco il 22 ottobre del 1973 tramite la risoluzione 338 dell’ONU. Seguirono, nel 1974-1975 gli accordi di disimpegno tra Israele, Egitto e Siria. Se aggiungiamo un tassello, la pace separata tra Egitto e Israele del 1979, possiamo vedere che non ci saranno più situazioni di conflitto generalizzato negli anni a venire. Le zone di conflitto si concentreranno nella parte siro-libanese e nella parte dei territori palestinesi occupati da Israele nel ‘67.

Ecco allora che, tornando alla storia di Bashir, comincia ad avere più senso l’interruzione degli studi e la successiva ripresa: la Galilea, luogo in cui viveva l’artista palestinese, era proprio sulla zona di confine tra Israele e il Golan, una delle zone interessate dalla guerra del Kippur. A tredici anni comincia a lavorare in una falegnameria per sostenere la sua famiglia; nel mentre continua gli studi. Il suo capo si accorge subito delle sue doti nel design e dopo soli diciotto mesi lo nomina responsabile del laboratorio. Nei primi anni ‘80 studia belle arti presso l’università di Haifa per poi trasferirsi nel Regno Unito laureandosi al Politecnico di Liverpool e poi affrontando un dottorato presso la Metropolitan University di Manchester.

Nel mentre, nei territori palestinesi occupati da Israele durante la guerra dei sei giorni (1967), scoppiava la Prima Intifada. Makhoul dedica a questo evento un dipinto nel 1990, intitolato Al-Hijara, nel quale campeggia la parola araba che sta per “pietra” su uno sfondo geometrico composto da triangoli riportanti i colori della bandiera palestinese.

La parola “pietra” si riferisce proprio alla pratica di rivolta attuata durante la Prima Intifada (1987-1993). La parola “intifada” deriva dall’arabo intifa-dah che, propriamente, significa scuotimento e, per estensione, sollevazione. l’insurrezione comincia nel dicembre del 1987 nei territori israeliani e in quelli della Cisgiordania e della striscia costiera di Gaza. Vi furono numerosi episodi di resistenza passiva: serrate dei commercianti, scioperi bianchi ecc., ma anche diversi episodi di guerriglia urbana nei quali gli insorti, che non avevano armi, scagliavano pietre contro i soldati israeliani. Da qui il nome di guerra delle pietre. 

Nel ‘90 Makhoul dipinge anche un’altra scritta con le stesse modalità del primo dipinto: Atfal, Bambini in arabo. Si sa, lo vediamo ancora oggi, essi sono le prime vittime, i primi a rimetterci durante una guerra. Ancora una volta la scritta compare su uno sfondo geometrico nero, verde, rosso e bianco, i colori palestinesi. Utilizzare questi colori era una vera e propria scelta politica e di provocazione, in quanto era fortemente vietato utilizzare quei colori nei territori occupati da Israele.

Nel 2000 scoppia la seconda Intifada, ma questa volta è molto più cruenta. E’ un susseguirsi di atti di guerriglia, ma questa volta armi in mano, e di attentati terroristici sia su obiettivi militari che civili. La protesta dilagò a Gaza e in Cisgiordania, assumendo ben presto i caratteri di una rivoluzione per la liberazione palestinese. Si potrà considerare conclusa solo nel 2006 con un bilancio di circa 5000 morti palestinesi e 1000 israeliani.

Nel 2001 Makhoul realizza l’installazione Kissed. Questa installazione fa parte di un insieme di opere dove i soggetti sono i segni dei proiettili e che fanno dello straniamento e dell’inquietudine un tratto distintivo dell’artista. Nel 1997-1998 l’artista palestinese aveva già prodotto un pannello di vinile sul quale appese sei fotografie duplicate e ingrandite di fori di proiettile che aveva scattato durante un viaggio a Beirut. Nel 2007 realizzerà Wounds una serie di pannelli lenticolari disposti su una griglia quattro per quattro, sui quali vengono riprodotte le sei fotografie di Point of View con l’aggiunta di un fotogramma di Kissed.

Quest’ultima installazione è forse la più forte dal punto di vista emotivo. E’ costituita dalla proiezione di un video del foro di entrata di un proiettile nella pelle, sovrapposto al suono di un bacio dato da Makhoul a suo figlio appena nato. Una sovrapposizione tremenda tra un gesto d’amore e uno pericoloso e mortale. Perché sì, questa è la guerra, bambino, è solo uno sparo, come l’amore è solo un bacio.

Opere

1 Bashir Makhoul, Al-Hijara, 1990, acrilico su tela, 201 cm X 301,5 cm, Palestina.
2 Bashir Makhoul, Aftal, 1990, acrilico su tela, 200,5 cm X 302 cm, Palestina.
3 Bashir Makhoul, Wounds, 2008, seconda edizione,  lenti lenticolari, 400 cm X 200 cm, Palestina.

Sitografia

https://dafbeirut.org/en/bashir-makhoul
https://www.mosaico-cem.it/attualita-e-news/israele/il-museo-darte-di-tel-aviv-inaugura-kippur-war-requiem-la-mostra-creata-dal-regista-amos-gitai/

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