venerdì, Aprile 19, 2024

Flat tax, Quota 41 e formazione: intervista ad Armando Siri

La nostra intervista al senatore leghista Armando Siri, ideatore della flat tax e della proposta di servizio civile per i maggiorenni.

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Pubblichiamo un estratto dell’intervista realizzata da Vincenzo Greco al Senatore leghista Armando Siri nell’ambito della rassegna Piazza Parlamento, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre prossimo.

Originario di Genova, Armando Siri è giornalista pubblicista. Armando Siri è autore della proposta di legge per l’introduzione della flat tax al 15% e della proposta per l’introduzione del servizio civile obbligatorio e retribuito per i maggiorenni. Armando Siri ha lavorato al progetto di flat tax con l’accademico Alvin Rabushka. Nel 2015 diventa responsabile economico di Noi con Salvini e nel 2018 è eletto al Senato della Repubblica. Armando Siri è stato Sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel Governo Conte I.

Lei è uno dei massimi esperti della “flat tax”. Il partito di cui fa parte ha proposto un ampliamento della misura attualmente in vigore. In cosa consiste la vostra proposta e per quali motivi la ritiene valida?

La proposta si sostanzia nell’estendere questo privilegio fiscale (l’aliquota unica al 15%, ndr), oggi indirizzato unicamente alle partite iva fino a 65mila euro, fino a 100mila euro in un primo momento e, successivamente, a tutti i dipendenti e ai pensionati. Abbassare le imposte significa lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini, quindi significa aumentare i consumi e, di conseguenza, la produzione e l’occupazione. Se vogliamo che il paese ritorni a crescere, se desideriamo un futuro prospero, dobbiamo necessariamente puntare sul lavoro. Oggi si parla molto di assistenza, ma se tutti sono assistiti e sono sempre meno quelli che lavorano e che pagano ci ritroveremo un’assistenza tra assistiti. Questa cosa non può sussistere.

Una delle vostre proposte è quella di “Quota 41”: la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di lavoro. Quali sono i punti di forza di questo progetto e cosa risponde a coloro che sostengono che si tratta di una misura a tutela degli anziani, a discapito dei giovani?

In realtà è l’esatto contrario. In Italia abbiamo un problema che si chiama lavoro: dobbiamo decidere se vogliamo che i giovani abbiano la possibilità di avere un lavoro che li soddisfi, che li gratifichi, che sia coerente con le loro aspirazioni e che sia ben pagato. Questo può avvenire soltanto se ripartono i consumi e la produzione, quindi solo se le famiglie hanno una maggiore disponibilità. Se le famiglie hanno preoccupazione per il futuro, è chiaro che si spende meno. Ci sono famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Dobbiamo iniettare linfa nel sistema produttivo del Paese se vogliamo che i giovani abbiano una prospettiva. Se vogliamo che i giovani restino in attesa dell’elemosina di Stato, non facciamo il loro bene.

Ieri un giovane dipendente poteva contrarre un mutuo, pensare a costruire una famiglia, progettare un minimo di benessere per sé e per i suoi cari. Oggi non è così. Con il Reddito di cittadinanza, con l’assistenza, con i sussidi, non vai lontano. Più ti metti nelle condizioni di essere uno schiavo dello Stato, minore è la tua libertà critica. Con Quota 41 noi sosteniamo che un individuo con quarantuno anni di contribuzione abbia il diritto di andare in pensione. Se va in pensione a 63 anni, non potrà recuperare i contributi versati. Questo è un problema anche dal punto di vista finanziario. Con Quota 41, una persona avrà la possibilità di stare in pensione mediamente per vent’anni, recuperando così la metà di ciò che ha versato.

Inoltre, in questo modo si libera spazio per i giovani nel mondo del lavoro. Tuttavia, dobbiamo prenderci la responsabilità di formare i giovani. Tutti vogliono andare all’università, a volte si fa fatica a comprendere il significato dei nomi di alcune facoltà. Alcuni desiderano abolire le scuole professionali. La Lega pensa l’esatto contrario: gli istituti professionali servono. È necessario che ci siano dei giovani che a 19 anni abbiano la possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro. Per un giovane è più facile acquisire esperienza: è una spugna.

Lei ha elaborato il testo di legge che propone l’introduzione del servizio civile obbligatorio per tutti i giovani maggiorenni. Intende riproporre la misura?

Credo che avere dei giovani che danno il proprio contributo alla società sia un grande vantaggio. Noi abbiamo otto milioni di volontari, molta dell’opera sociale è da attribuirsi al volontariato, poiché lo Stato non riesce ad arrivare ovunque. Credo che sia immorale che ci sia, per esempio, un’anziana invalida che percepisce una pensione di 250 – 300 euro e che non ha i soldi per poter comprare qualcosa che la aiuti a migliorare la propria condizione e che ci siano dei giovani a ciondolare a 850 euro al mese. Bisogna sostenere chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro.

Andrebbe reintrodotta la legge 407 del ’90, abolita poi da Renzi, che creava una decontribuzione per chi assumeva disoccupati di lungo periodo. Al Sud la decontribuzione era dell’80%. Introdurre un sistema di servizio civile penso che sia altamente formativo. Per i giovani è una bella esperienza, anche di emancipazione. Penso sia un gesto di civiltà apprezzato.

Tema immigrazione: cosa occorre fare per ottenere un giusto equilibrio tra solidarietà e sicurezza?

Il continente africano in Italia non ci sta. Non possiamo risolvere il problema della difficoltà dei Paesi in via di sviluppo facendo venire qui le persone senza garantire loro un futuro. Noi non siamo in grado di offrire loro un futuro. Altra cosa sono le quote: possiamo stabilire delle quote richieste dal mercato, ma non si può continuare a sostenere il traffico di esseri umani, con la gente che muore in mare, con speculatori, criminali e terroristi che ci mangiano sopra. Facciamo dei progetti di sviluppo e di aiuto nei loro territori, anche perché è ingiusto sradicare le persone dalla propria realtà, dalla propria cultura e dalla propria famiglia. Ciò che viene raccontato da certa Sinistra e da certa stampa di partito è solo pretestuoso.

Occorre essere equilibrati, occorre essere di cuore. Noi siamo un popolo di cuore, ma ci vuole serietà. Aiutiamo queste persone con dei progetti concreti nei loro paesi ed evitiamo, dove possibile, che ci siano guerre. Certo, se uno scappa dalla guerra deve essere sostenuto e aiutato ma non riusciamo ad assorbire i migranti economici.

Come valuta la proposta di Enrico Letta denominata “dote ai diciottenni”, che consiste nel donare 10mila euro a ogni 18enne ed è finanziata da un aumento delle imposte sulle successioni superiori ai 5 milioni di euro?

Montanelli diceva che la sinistra vuole talmente tanto bene ai poveri che ad ogni campagna elettorale vuole che aumentino. È l’atteggiamento di cercare di comprarsi la benevolenza degli elettori dando qualche sussidio, qualche mancetta. È un atteggiamento irrispettoso. Le risorse devono essere convogliate per sostenere il lavoro, l’indipendenza e la libertà, l’affermazione del talento e della creatività dei giovani che si possono manifestare solo nel lavoro. Il nostro è un Paese sempre più povero. In Italia solo tremila persone su sessanta milioni dichiarano più di un milione di euro. I ricchi sono stati fatti scappare, sono andati all’estero, hanno delocalizzato. Come fai a stare in un paese che ti rapina del frutto del tuo lavoro e dei tuoi sacrifici? Io sono per un Paese di ricchi sempre più ricchi e non di poveri sempre più poveri. Dare mancette ai giovani è inutile e soprattutto diseducativo.

Quali sono le principali proposte della Lega nell’ambito della scuola e dell’università?

Abolire il numero chiuso e adottare il sistema francese. Uno studente deve avere la possibilità di iscriversi al primo anno di un corso universitario e, a conclusione dello stesso, se egli avrà rispettato alcuni obiettivi potrà continuare il proprio percorso. Grazie anche alla Lega e alla Lega giovani si è data la possibilità agli studenti di potere frequentare anche due corsi di laurea contemporaneamente. Questo è un grande passo avanti verso un’apertura generale della formazione scolastica e universitaria.

La scuola deve rimettere al centro lo studente inteso come colui il quale deve essere educato. Educare, da e -ducere, vuol dire tirare fuori il meglio che una persona ha dentro. Non si può essere solo teorici e mnemonici. Bisogna investire nella formazione professionale, nella formazione tecnica, agevolare la creatività, l’artigianato. Perché un parrucchiere deve essere considerato inferiore ad un avvocato? Una persona che svolge il lavoro che ama non avrà problemi ad ottenere risultati economici importanti. Si impara facendo.

Lei sarebbe favorevole a consentire il voto “fuorisede” in alcune circostanze?

Assolutamente sì. Il diritto di voto è sacrosanto.

Clicca qui per visualizzare il video dell’intervista al senatore Armando Siri.

Alberto Pizzolante
Alberto Pizzolante
Nato in provincia di Lecce nel 1997, si è laureato in Filosofia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dirige likequotidiano.it.

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