martedì, Maggio 13, 2025
Home Blog Page 59

Piazza Parlamento: intervista al Senatore Dario Stefàno

In vista dei referendum sulla giustizia che si terranno il 12 giugno Like Quotidiano, in collaborazione con Associazione Valentia, presenta Piazza Parlamento, un ciclo di incontri con illustri esponenti politici che ci aiuteranno a comprendere la sostanza dei quesiti referendari, le ragioni del sì e quelle del no. Il primo appuntamento è fissato per martedì 31 maggio 2022, alle ore 19:00. Alberto Pizzolante dialogherà con il Senatore Dario Stefàno, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione Europea.

Dario Stefàno, orgogliosamente originario di Otranto, docente presso l’Università del Salento, è stato capogruppo di maggioranza nel Consiglio regionale della Puglia, presidente della Commissione permanente Sviluppo Economico in Regione e Assessore regionale alle Risorse Agroalimentari. Nel 2013 è stato eletto Senatore della Repubblica, diventando successivamente Presidente della Giunta per le Elezioni, le Autorizzazioni e le Immunità. Cinque anni più tardi, è rieletto senatore in seguito alla sua candidatura con il Partito Democratico nel collegio plurinominale Puglia 02. Vice capogruppo del Partito Democratico fino al 2020, assume a luglio dello stesso anno la Presidenza della Commissione Politiche dell’Unione Europea.

Nel 2013, per Manni Editori, ha pubblicato il libro La Decadenza. Il caso Berlusconi tra atti ufficiali, retroscena e manovre. Del 2020 è Turismo del vino in Italia. Storia, normativa e buone pratiche, testo edito da Edagricole.

L’intervista al Senatore Dario Stefàno sarà trasmessa in diretta sulla pagina Facebook di Like Quotidiano e sui canali Facebook e YouTube di Associazione Valentia.

Un massone ha registrato una riunione della Commissione Antimafia

Ieri, a Trapani, si sono svolte alcune audizioni della Commissione parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere. Sono stati ascoltati i vertici locali delle associazioni massoniche. Il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, ha interrotto i lavori dopo aver individuato, dietro la porta del salone della prefettura, un uomo con lo smartphone illuminato sul palmo della mano. L’uomo probabilmente era intento a registrare quanto avveniva all’interno o a farlo sentire in viva voce telefonicamente. 

Le forze dell’ordine hanno identificato il soggetto. Risulta affiliato a una locale loggia massonica. Come ha rivelato il giornalista Sigfrido Ranucci, «la massoneria trapanese è spesso indicata come contigua alla mafia. Secondo un’indiscrezione, in commissione si stava parlando della loggia Francisco Ferrer di Castelvetrano (il paese natale di Matteo Messina Denaro). Secondo uno dei presenti, che ha chiesto di non essere identificato, tra i punti all’ordine del giorno c’era il ruolo di un noto medico della cittadina, Claudio Germilli, affiliato alla stessa loggia». In passato, Report ha rivelato i collegamenti tra Germilli e uno dei più fidati uomini di Messina Denaro, Giovanni Risalvato. I due avevano interessi economici nel processo di smaltimento dei rifiuti. Risalvato ha ricevuto una condanna a 14 anni per essere uno dei fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro.

«Il soggetto fermato non era tra quelli convocati dall’Antimafia. Non aveva alcun titolo a stare qui. Abbiamo segnalato tutto alla Questura di Trapani. Spero si comprenda esattamente cosa è accaduto», ha dichiarato Nicola Morra.  «Non so cosa stava facendo. Era molto semplice ascoltare ciò che veniva detto all’interno del salone anche durante le audizioni dei rappresentanti delle associazioni massoniche, che tra l’altro erano state secretate, su richiesta degli auditi. Si sentiva tutto».

Report: le dichiarazioni della FNSI

La Federazione Nazionale Stampa Italiana ha commentato le perquisizioni compiute dalla DIA di Caltanissetta nell’abitazione dell’inviato di Report, Paolo Mondani.
«Le perquisizioni nella redazione di Report e a casa dell’inviato Paolo Mondani ripropongono l’urgenza di approvare norme più efficaci a tutela delle fonti e del segreto professionale dei giornalisti. Più volte – rileva il sindacato – la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ribadito che gli effetti di ingerenze di questo tipo nell’attività di chi fa informazione equivalgono ad un attacco al diritto dei cittadini ad essere informati. In Italia sembra che questo monito nessuno voglia ascoltarlo».

Quanto accaduto ai giornalisti di Report «è inaccettabile perché, nonostante la dichiarata disponibilità a collaborare con gli inquirenti, è stata disposta anche l’acquisizione di copie dei dati presenti su computer e telefoni». La FNSI «è al fianco del conduttore Sigfrido Ranucci, di Paolo Mondani e di tutta la redazione di Report. È pronta a sostenere, insieme con l’Usigrai, tutte le iniziative che i colleghi riterranno necessario intraprendere a difesa del proprio lavoro e del diritto di cronaca. L’auspicio – conclude il sindacato – è che quanto accaduto possa spronare governo e parlamento a trovare finalmente il modo di intervenire per rafforzare la tutela delle fonti e il segreto professionale, come primo tassello di un sistema di regole che consenta di fermare la rovinosa caduta che l’informazione di questo Paese sta facendo registrare nelle classifiche internazionali sulla libertà di stampa».

Ranucci: «La perquisizione non è stata un atto ostile»

«Ribadisco il pieno rispetto dell’operato della magistratura. Ribadisco che non ho percepito il decreto di perquisizione come un atto ostile nei confronti di Report o del nostro inviato Paolo Mondani». Lo ha scritto ieri sul proprio profilo Facebook il giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci.
«Abbiamo sempre collaborato con la magistratura e con le forze dell’ ordine. Abbiamo però sottolineato un possibile problema di tutela delle fonti. Le fonti di chi fa giornalismo d’inchiesta sono da tempo sotto attacco. Abbiamo accolto con piacere la decisione della DDA di Caltanissetta di revocare il decreto di perquisizione e di acquisizione di copia forense di pc e telefonini del nostro giornalista.

Ringrazio tutti coloro che hanno manifestato concretamente solidarietà alla redazione. A partire dal sindacato USIGRai, dalla FNSI, e i vertici dell’Ordine dei Giornalisti, la cui voce si è fatta sentire puntuale forte e chiare. Grazie a chi nel mondo della politica e delle istituzioni si è schierato a tutela della libertà di stampa. Spero che questa sia l’occasione non solo per ribadire la necessità di una stampa libera. Ma anche per far approvare leggi che tutelino le fonti giornalistiche e chi pratica giornalismo. Chi non ha alle spalle una grande azienda come la Rai. Penso a tutti quei colleghi dei quotidiani o dei vari network locali, soggetti a pressioni, intimidazioni e che sono pure sottopagati».

Alberto Pizzolante

Referendum: Limiti agli abusi della custodia cautelare

Dopo l’approfondimento sul quesito referendario riguardante l’abolizione del Decreto Severino, pubblichiamo un’analisi della proposta di revisione dell’applicazione delle misure di custodia cautelare.

Il quesito (scheda di colore arancione)

«Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché’ per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?»

Cos’è la custodia cautelare

La custodia cautelare in carcere è una misura cautelare personale, coercitiva e custodiale, prevista e disciplinata dall’art. 285 del codice di procedura penale. La custodia cautelare, al pari di tutte le misure cautelari, è disposta dal giudice su richiesta del pubblico ministero; il giudice competente è il giudice per le indagini preliminari, se l’esigenza cautelare emerge durante la fase delle indagini, altrimenti è il giudice presso il quale pende il giudizio.

Col provvedimento che dispone la custodia, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l’indagato o imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria. Prima del trasferimento nell’istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione. 

Cosa succede se vince il Sì

Resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”. Questa è la motivazione che viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare, molto spesso senza che questo rischio esista veramente.

Le ragioni del Sì

La custodia cautelare, cioè il carcere preventivo rispetto alla condanna definitiva, ma spesso anche rispetto a una qualsiasi condanna non definitiva, è una pratica di cui si abusa. Da strumento di emergenza è stato trasformato in una vera e propria forma anticipatoria della pena. Ciò rappresenta una palese violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e ha costretto migliaia di donne e uomini accusati di reati minori, addirittura poi assolti, a conoscere l’umiliazione del carcere prima di un processo.

Le ragioni del No

Secondo i sostenitori del No, è vero che rimarrebbe la possibilità di prevedere la custodia cautelare per rischio di reiterazione dei reati gravi come mafia e uso o minaccia di uso di violenza, ma verrebbe stralciata la possibilità di custodia cautelare per rischio di reiterazione dei reati seguenti: quelli che riguardano i colletti bianchi, detenzione o spaccio di droghe, stalking, furto seriale e finanziamento illecito ai partiti

Paolo Abete

Perquisizioni a Report: le motivazioni della Procura

Nella giornata di ieri, gli agenti dalla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta hanno eseguito delle perquisizioni nell’abitazione dell’inviato di Report, Paolo Mondani. La perquisizione ha riguardato atti in merito all’inchiesta sulla strage di Capaci trasmessa da Report lunedì scorso.

La Procura di Caltanissetta ha chiarito le motivazioni della perquisizione in un comunicato stampa.
«Nell’ambito della trasmissione televisiva Report, andata in onda in data 23.5.2022, sono state inserite le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini e alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento), nonché circa la funzione svolta da Biondino Salvatore quale autista del latitante Salvatore Riina. Questo è avvenuto molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino.

Tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi. […] Non compete a questo Ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria. A meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza. Qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati. E, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina».

Il giornalista di Report non è indagato

«Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio. Lo ha fatto chiedendo nel processo per il c.d. depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati.

Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto. Ed è proprio per verificare la genuinità delle fonti che questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report. Giornalista che non è indagato. Tale perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie. Fuga che ha riguardato gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario».

Giustini ha fornito informazioni contraddittorie

«Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio, in una occasione, il detto giornalista avrebbe incontrato il suindicato Luogotenente in congedo Giustini, non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in possesso di esso giornalista in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E’ necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini. Documentazione che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo».

Il dietro front della Procura

Nel pomeriggio si ieri, Report ha comunicato che la revoca del decreto di perquisizione da parte della Procura. Sulla propria pagina Facebook, la trasmissione ha scritto: «La Dia di Roma ha revocato il decreto di perquisizione nei confronti di Paolo Mondani. Le operazioni presso l’abitazione del giornalista e presso la redazione di Report erano iniziate questa mattina alle 7:00. L’incarico di perquisizione era stato emesso dalla d.d.a. di Caltanissetta in previsione della messa in onda dell’inchiesta “La bestia nera”».

Alberto Pizzolante
redazione@likequotidiano.it

Salone Internazionale del Libro 2022: il bilancio

0

Si è conclusa lunedì 23 maggio la XXXIV edizione del Salone Internazionale del Libro. Nonostante siano passati solo sette mesi dalla scorsa edizione, tenutasi eccezionalmente in autunno, lettori e lettrici, scrittrici e scrittori, editori, insegnanti, studenti, famiglie, ragazzi, bambini non hanno potuto fare a meno di tornare a Lingotto Fiere di Torino.

A fare il bilancio di questo Salone, ieri pomeriggio in Sala Oro, sono stati: Silvio Viale, Presidente dell’Associazione Torino, La Città del Libro; Giulio Biino, Presidente della Fondazione Circolo dei lettori; Rosanna Purchia, Assessore alla Cultura della Città di Torino; Piero Crocenzi, Amministratore delegato di Salone Libro s.r.l.; Nicola Lagioia, Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Oltre una fiera, oltre una manifestazione culturale, un vero e proprio villaggio delle arti vissuto con intensità durante questa edizione da oltre 168.000 visitatori che hanno fatto propri non solo i padiglioni 1, 2, 3 e Oval del centro polifunzionale Lingotto e il Centro Congressi ma anche e con entusiasmo l’ampia area esterna. Grazie ad una meticolosa organizzazione degli spazi è stato possibile per i lettori e lettrici godersi l’evento anche nella giornata di sabato 21. In questa giornata, è stato registrato il picco di affluenza al Salone del Libro nella sua storia.

L’organizzazione

Il Salone del Libro ha preso vita grazie alle 1000 persone che ci hanno lavorato – tra staff e macchina organizzativa che include allestitori e fornitori – ma anche grazie alle oltre 1000 piante del Bosco degli Scrittori.
Un Salone tanto denso non può non essere accompagnato da un racconto altrettanto ricco: è stato immortalato in 60.000 scatti realizzati dal team fotografi, raccontato in più di 4000 pagine di rassegna stampa e 450 passaggi tra radio e televisione. Anche gli accrediti sono aumentati: un 58,57% in più per la stampa rispetto ad ottobre e addirittura un aumento del 100,61% per i blogger.
La piattaforma SalTo+ ha registrato 14.407 nuovi iscritti (dal 29 aprile) per un totale, a oggi, di 71.941 utenti. Per i 1466 eventi ospitati nelle quasi 50 sale della Fiera sono quasi 90mila le persone che hanno partecipato agli incontri; oltre 25.000 posti sono stati prenotati tramite il servizio offerto agli utenti SalTo+. Sono oltre 200 gli eventi che hanno fatto registrare il sold out.

L’appuntamento è quindi per la prossima primavera: la XXXV edizione si terrà a Torino tra il 18 e il 22 maggio 2023. Arriveranno nuove storie, nuove idee, nuovi cuori selvaggi.

Anthony Lo Bianco

Rosario Losiggio è stato eletto al CNSU

Rosario Losiggio, 22enne originario di Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia, è stato eletto al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. Losiggio è uno studente al quarto anno del CdLM in Medicina e Chirurgia, presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Inoltre, è Vicepresidente dell’Associazione Valentia, che edita LikeQuotidiano.it.

Al momento della sua candidatura, avvenuta con la lista Azione Universitaria all’interno della circoscrizione Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte e Liguria), Rosario Losiggio aveva dichiarato: «Mi candido perché vorrei traslare a livello nazionale un modello di rappresentanza in cui credo fermamente e che ho avuto modo di sperimentare in ormai 6 anni di rappresentanza studentesca, tra liceo ed università. Si tratta di un sistema in cui le istanze oggetto di discussione sui tavoli del ministero o del parlamento siano il frutto delle reali esigenze degli studenti. Questo sistema si può attuare solo costruendo un network più solido, diffuso ed efficace tra i vari atenei, pubblici e privati».

La riforma didattica

Tra i punti del suo programma, una riforma della didattica universitaria.
«Crediamo sia necessario un modello didattico più interattivo – ha spiegato Losiggio – che permetta ai neo-laureati di essere subito spendibili nel mondo del lavoro senza trafile di praticantato non retribuite. La riforma che ha sostituito numerosi corsi di laurea magistrale a ciclo unico con il sistema 3+2 ha portato ad un aumento dei corsi da frequentare. Temi in precedenza affrontati all’interno di un unico corso sono stati spacchettati. Questo causa un aumento degli esami da sostenere e, di conseguenza, un significativo incremento del lavoro da parte dello studente.

La formazione e l’accrescimento culturale sono di fondamentale importanza, ma devono lasciare il necessario spazio all’acquisizione di competenze e abilità utilizzabili nel mondo del lavoro. Questo, ad oggi, non avviene. Gli studenti sono costretti a frequentare, dopo il conseguimento del titolo magistrale, stage e tirocini non retribuiti. Coloro che intendono intraprendere la professione di insegnante devono addirittura sostenere ulteriori esami universitari oltre a quelli già affrontati nei due percorsi di studio portati a termine. È necessario che, all’interno del quinquennio, lo studente acquisisca tutte le conoscenze, le competenze e le abilità fondamentali per poter accedere, in breve tempo, al mondo del lavoro. In quest’ottica, riteniamo fondamentale un potenziamento dei corsi in lingua inglese. Questo renderebbe i nostri ragazzi competitivi con il resto dei paesi europei sul panorama nazionale ed internazionale. Gli esami finali dei corsi di inglese dovrebbero essere sostituiti dall’esame per l’acquisizione di certificazioni riconosciute a livello internazionale».

Diritto allo studio

Un altro punto centrale è quello che riguarda la rivalutazione dell’utilizzo degli strumenti multimediali utilizzati per garantire la didattica durante il periodo della pandemia. «La possibilità di poter usufruire delle registrazioni delle lezioni dovrebbe essere garantita a tutti gli studenti. Naturalmente, questo non significa utilizzare gli strumenti di e-lerning come sostituti della didattica in presenza. Le registrazioni dei corsi potrebbero essere degli strumenti indispensabili soprattutto per gli studenti con DSA.

Il rientro in presenza deve essere incentivato con degli opportuni interventi economici. Ad oggi, per lo studente è possibile usufruire di una detrazione, per un importo pari al 19% della spesa. La detrazione corrisponde ad un massimo di 500 euro annui. Tra i requisiti, vi è quello relativo all’ISEE inferiore ai 15.493,71 euro. Riteniamo che, in questo periodo, la soglia ISEE dovrebbe essere innalzata, viste le forti difficoltà economiche causate dalla pandemia».

Le congratulazioni di Associazione Valentia

Le parole di Anthony Lo Bianco, Presidente di Associazione Valentia: «Quando si pensa al futuro, il nostro compito non è di prevederlo, ma piuttosto di consentire che accada. Ho appena ricevuto quella chiamata che attendevo con ansia: da oggi Rosario Losiggio rappresenterà gli studenti presso il Consiglio Nazionale degli studenti Universitari. A distanza di tanti anni insieme, fatti di un percorso quotidiano e pieno di ostacoli, in cui l’impegno verso il sociale e verso gli altri è sempre stato messo al primo posto, oggi mi ritrovo a scrivere queste poche righe con commozione e soddisfazione. Voglio augurare buon lavoro a Rosario, che da oggi si siederà a fianco del ministro dell’Università e della ricerca italiano a sostegno degli studenti. Fare a pezzi è il lavoro di chi non sa costruire. Questo invece è il primo mattone di un grande palazzo».

Report, OdG: «Il segreto delle fonti è inviolabile»

Il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, ha commentato le perquisizioni della polizia effettuate presso la redazione di Report e nelle case di alcuni giornalisti del programma di Rai 3. Le perquisizioni sono avvenute in seguito alla puntata sulle stragi di mafia di Capaci e via D’Amelio.

«Il segreto delle fonti è un cardine inviolabile della professione giornalistica, in particolare per quello di inchiesta. Le perquisizioni sono sempre atti invasivi, anche quando non espressamente “ostili” nei confronti dei perquisiti, a maggior ragione se non indagati. Il conduttore di Report ha sempre dichiarato la massima disponibilità a collaborare con la Magistratura per fare luce sulle troppe ombre relative alle uccisioni di Falcone e Borsellino, ovviamente nel rispetto dell’autonomia del lavoro giornalistico. Occorre fare attenzione, quindi, a non confondere i piani del necessario corso delle indagini con la tutela dell’operato dei giornalisti che, ancora una volta, hanno sollevato dubbi e mostrato aspetti non chiari delle due stragi più controverse della storia italiana».

Secondo l’Esecutivo Usigrai, «Disporre perquisizioni a carico di un giornalista per il suo lavoro di inchiesta è sintomo grave di arretramento della libertà di espressione in questo paese. Riguardo L’iniziativa della Procura di Caltanissetta nei confronti di Report e di Paolo Mondani per la sua inchiesta che apre nuovi scenari sugli autori della strage di Capaci, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha in più occasioni chiarito che perquisizioni e sequestri nei confronti dei giornalisti, anche nel caso di pubblicazione di notizie su inchieste giudiziarie in corso, rappresentano una violazione della libertà di espressione.

Ci auguriamo che anche le autorità competenti comprendano la gravità di quanto sta accadendo in queste ore e non procedano ad atti che avrebbero conseguenze anche sul futuro del lavoro giornalistico. L’Usigrai tutelerà in ogni sede la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della costituzione e il diritto dei cittadini ad essere informati nonché la protezione delle fonti giornalistiche ed è vicina ai colleghi della Redazione di Report».

Perquisizioni della DIA ai giornalisti di Report

Gli agenti dalla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, su mandato della Procura, hanno eseguito una perquisizione nell’abitazione dell’inviato di Report, Paolo Mondani. Gli uomini della DIA hanno effettuato delle perquisizioni anche nella redazione di Report.
«Il motivo – ha comunicato il conduttore e giornalista di Report, Sigfrido Ranucci sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta trasmessa ieri sera sulla strage di Capaci. Nell’inchiesta si evidenziava la presenza di Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato di Capaci. Gli investigatori cercano atti e testimonianze anche su telefonini e pc».

«Da parte nostra c’è massima collaborazione», ha specificato Sigfrido Ranucci. «Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure. Il collega Paolo Mondani aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti. Il decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio. Ovviamente abbiamo messo al corrente l’ufficio legale, l’ad Fuortes e il nostro direttore».

I commenti

Secondo il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, «Report spiega che a 30 anni dalla morte di Giovanni Falcone emergono documenti e protagonisti dimenticati in grado di gettare una nuova luce su quei fatti. A Capaci, Cosa Nostra non avrebbe agito da sola. Estremisti di destra e uomini di mafia, secondo testimoni e documenti ritrovati, sarebbero stati di nuovo insieme, dopo gli anni della strategia della tensione. In un abbraccio mortale costato la vita ai giudici Falcone e Borsellino. I due magistrati avevano il quadro completo, e oggi, tornando ad ascoltare collaboratori ed ex carabinieri, Report prova a ricostruirlo».

«Sentenze della Cassazione e della Cedu hanno già acclarato che sequestrare pc e telefonini dei giornalisti, ancor di più con copie “indiscriminate” dei contenuti, è illegittimo. L’unico risultato che resterà della perquisizione a Report è il timore delle fonti di essere “svelate”», ha scritto il giornalista RAI Vittorio Di Trapani su Twitter. Per Beppe Giulietti, «La continua violazione delle fonti e del segreto determinerà un’ulteriore discesa dell’Italia nei rapporti internazionali».

Alberto Pizzolante

Il ruolo dell’Eritrea nella guerra in Tigray

La Global Society of Tigray Scholars and Professionals ha inviato una lettera all’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell. La GSTS chiede l’intervento dell’Unione Europea e della comunità internazionale per il ritiro delle forze armate dell’Eritrea dalla regione del Tigray. La GSTS ha inviato la lettera anche alla più alte istituzioni dell’Unione Europea. Pubblichiamo integralmente il testo della missiva.

«La GSTS è profondamente allarmata dalle accuse avanzate dal regime eritreo questa settimana. Secondo le accuse, le forze di difesa del Tigray sono pronte a lanciare un attacco in Eritrea. Considerando la consueta pratica del regime eritreo di attaccare e poi mascherare l’aggressione militare con tattiche diversive, riteniamo che questa accusa segnali l’intenzione del regime del presidente Isaias Afewerki di lanciare un’altra offensiva sul Tigray. Un’offensiva che riaccenderebbe una piena guerra e ostacolerebbe il tenue processo verso la pace e la stabilità in Etiopia.

Le conseguenze devastanti del coinvolgimento delle forze eritree nella guerra in Tigray e i crimini eclatanti che hanno commesso e continuano a commettere sulla popolazione civile sono ben documentati. Dall’inizio della guerra, l’esercito eritreo composto da giovani arruolati e indottrinati con la forza, guidato da anziani ufficiali militari che sostengono ardentemente il regime dittatoriale del presidente Afwerki, ha condotto una brutale campagna caratterizzata da orribili crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio contro il popolo del Tigray. Questi hanno incluso la brutale uccisione di massa di civili, in particolare giovani uomini, la violenza sessuale armata, la pulizia etnica su larga scala. Includono anche la deliberata distruzione dell’economia e dell’agricoltura, delle scuole e delle altre infrastrutture pubbliche e private».

La “Corea del Nord africana”

«Questa campagna di orrore è proseguita per mesi prima che il governo etiope riconoscesse la presenza delle forze eritree e accettasse di facilitarne il ritiro. Sebbene l’Etiopia abbia preso questo impegno nel marzo del 2021, le forze eritree continuano ad occupare parti del Tigray nord-orientale, nord-occidentale e occidentale. Comunità indigene in questi territori, tra cui le minoranze Irob e Kunama, sono state spinte sull’orlo dell’estinzione. L’interferenza dell’Eritrea in Etiopia in questo momento riguarda anche l’addestramento e l’armamento di decine di migliaia di forze armate amhara, incluso il gruppo di guardie radicali di Fano che prendono ordini direttamente dal presidente dell’Eritrea Isaias Afewerki.

Ad Afar, l’Eritrea sostiene la milizia locale che continua a minacciare il Tigray da sud e da est. L’assedio brutale e il blocco umanitario di cibo, medicine e altri beni e servizi di base indispensabili per la sopravvivenza hanno già creato una situazione umanitaria catastrofica. Il blocco colpisce oltre 7 milioni di tigrini. Affermiamo che questa situazione e la potenziale escalation della guerra sono state rese possibili dalla decisione della comunità internazionale di tollerare un regime che è giustamente definito “Corea del Nord africana”. Un regime che è stato ed è una forza destabilizzante nel fragile Corno d’Africa».

I rapporti tra Eritrea e Russia

Ricordiamo che le Nazioni Unite avevano precedentemente imposto sanzioni all’Eritrea. I provvedimenti sono stati presi poiché l’Eritrea ha fornito supporto a gruppi armati nei paesi vicini. Tra questi, vi sono Etiopia, Sudan e Gibuti. L’Eritrea ha anche aiutato il gruppo terroristico Al-Shabaab in Somalia. Il presidente Isaias Afewerki è al comando dall’indipendenza dell’Eritrea, nel 1991. Egli ha condotto una guerra ingiustificata contro tutti i paesi che condividono i confini con l’Eritrea. Yemen, Gibuti, Etiopia e Sudan hanno subito delle aggressioni. Il mondo non è riuscito a imporre sanzioni punitive concrete ed efficaci contro il regime, commisurate alle orribili violazioni dei diritti umani. Il regime ha imposto il servizio militare a tempo indeterminato ai giovani. Inoltre, esercita un controllo draconiano sui diritti fondamentali dei cittadini eritrei.

L’Eritrea è stato l’unico paese insieme alla Cina a votare contro la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che chiedeva l’immediato ritiro delle forze russe dall’Ucraina. Il governo eritreo ha votato a favore della Russia per garantire l’accesso di armi sofisticate. Strumenti che servono a continuare la sua guerra genocida contro il popolo del Tigray e gli altri scontri nel Corno d’Africa. Questo mostra la vera natura del regime, il suo disprezzo per l’umanità, per le leggi internazionali umanitarie e per i diritti umani».

«L’obiettivo dell’Eritrea è di non far cessare la guerra»

«Nonostante queste testimonianze verificate dalle successive commissioni d’inchiesta delle Nazioni Unite, al regime dell’Eritrea è stato consentito non solo di continuare a commettere tali eclatanti violazioni incontrollate ma anche di diffondere il suo regno di terrore nel Tigray. In questo momento cruciale in cui una pace mediata è ancora possibile in Etiopia, qualsiasi processo che non riconosca il comportamento e le azioni del tutto destabilizzanti del regime in Eritrea è destinato a fallire. Ci sentiamo in dovere di sottolineare che il presidente Afwerki non lascerà nulla di intentato per garantire che qualsiasi forma di guerra continui in Etiopia. Il suo regime può prosperare solo in guerra. La guerra è uno strumento usato dal presidente Afwerki per mettere a tacere il popolo eritreo e per affermare il dominio nella regione.

Gli USA e l’UE hanno rilasciato alcune dichiarazioni in passato. Hanno sottolineato che il coinvolgimento delle truppe eritree nel Tigray è stato problematico. L’UE e gli USA hanno imposto alcune lievi sanzioni all’Eritrea. Questo ha fatto ben poco per impedire all’Eritrea di commettere crimini gravi in Tigray e di destabilizzare ulteriormente il Paese e la regione. È quindi fondamentale che l’UE, gli Stati membri dell’UE e la comunità internazionale in generale agiscano con urgenza per limitare le azioni profondamente distruttive del regime eritreo che contrastano il processo di pace etiope.

Le richieste

Nella missiva, la Global Society of Tigray Scholars and Professionals chiede di:

  • Stabilire meccanismi per un ritiro immediato, incondizionato e accertato delle forze eritree da tutti i territori occupati nel Tigray e in altre parti dell’Etiopia;
  • Imporre sanzioni efficaci per vietare al regime eritreo di addestrare e armare le forze armate per prolungare e intensificare la guerra in corso in Etiopia;
  • Indagare sul ruolo della Russia e di altri attori internazionali che stanno consentendo al regime eritreo di commettere atrocità e di destabilizzare l’Etiopia con implicazioni di vasta portata per la regione e non solo;
  • Istituire un immediato embargo sulle armi all’Eritrea e all’Etiopia per limitare l’intensificarsi della guerra genocida in corso;
  • Ritenere responsabili le forze eritree e il regime per le gravi violazioni delle leggi umanitarie internazionali, dei diritti umani e dei rifugiati e per le efferate atrocità che hanno commesso e continuano a commettere nei confronti del popolo del Tigray.

Alberto Pizzolante