martedì, Maggio 13, 2025
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Gli obiettivi e la strategia militare del Governo del Tigray

Dal 4 novembre 2020, il popolo del Tigray è in guerra con il Governo Etiope, con l’Eritrea e con le forze della regione Amhara. In un comunicato diffuso dall’Ufficio Affari esteri tigrino, il Governo del Tigray analizza le motivazioni che spingono alla resistenza la popolazione locale.

«La brutale e barbara guerra contro il popolo del Tigray, condotta con l’assistenza di paesi stranieri e dichiarata esattamente al momento del raccolto per i nostri agricoltori, ha reso l’autodifesa l’ultima risorsa per il nostro popolo. I crimini di guerra inauditi e senza precedenti, i crimini contro l’umanità e la campagna genocida contro il nostro popolo hanno portato quest’ultimo ad unirsi volontariamente all’esercito del Tigray, come esercito del popolo. Mobilitare la nostra gente affinché si unisca alla nostra giusta causa di autodifesa non è mai stato un problema per noi.

La maggioranza dei membri del nostro esercito sono persone di ogni ceto sociale. Normalmente, avrebbero preferito contribuire al miglioramento della società se non fosse stata dichiarata la guerra genocida. Le nostre forze armate sono, quindi, un gruppo di giovani determinati, consapevoli e ben formati che sanno cosa e perché stanno combattendo. E non opteremmo mai per nulla di diverso. Non solo perché andrebbe contro la nobile causa e contro i principi che sosteniamo, ma anche perché un esercito di coscritti forzati non può portare a una vittoria. Se le atrocità commesse dagli eserciti alleati di Etiopia ed Eritrea e dalle forze dell’Amhara, e la loro successiva sconfitta nelle montagne del Tigray, possono essere uno stimolo, un esercito di reclute forzate non può che essere un esercito disordinato. Esso avrebbe un inevitabile destino di sconfitta».

La necessità di una soluzione politica

«Il governo del Tigray è sempre stato e continua ad essere convinto che solo una soluzione politica può portare a una fine sostenibile di questa guerra. Ciononostante, continuiamo a sostenere il diritto e il dovere di mobilitare volontariamente le nostre forze per l’autodifesa. Il nostro popolo lo capisce ed è stato il principale artefice sia della mobilitazione che della lotta contro la guerra genocida condotta contro di esso. Il governo del Tigray ha affrontato e continuerà ad affrontare episodi di irregolarità amministrative compiuti a livello inferiore. Lo farà istituendo anche un doppio meccanismo di verifica e screening. Comunque sia, eventuali irregolarità minori e sporadiche non definiscono in alcun modo il carattere e il valore delle nostre forze armate.

Quindi, qualsiasi tentativo di descrivere le nostre forze armate in questo modo, a volte citando testimonianze di presunti prigionieri di guerra, non è che una campagna maligna che dipinge un quadro sbagliato sulle nostre forze armate. Il governo del Tigray, pienamente consapevole dei suoi obblighi internazionali, desidera assicurare al popolo e ai partner che continuerà a lavorare per istituzionalizzare e migliorare la chiarezza di intenti dell’esercito. Lavorerà per garantire in modo sostenibile la sopravvivenza del popolo del Tigray e per svolgere il suo ruolo ruolo costruttivo nella stabilità complessiva della regione».

Il tentativo di far morire di fame la popolazione tigrina

«Il governo del Tigray desidera riaffermare il suo impegno a consentire l’accesso illimitato a istituzioni indipendenti, comprese organizzazioni umanitarie, difensori dei diritti umani, giornalisti e ricercatori, qualora dovessero scegliere di indagare. Detto questo, vorremmo ricordare ai media internazionali di fare pressione sul regime etiope affinché si rechi in Tigray piuttosto che pubblicare storie basate su poche presunte “testimonianze”. Lo ha fatto Reuters il 16 maggio 2022, con la pubblicazione di un articolo intitolato “Some Ethiopians claim forced recruitment by Tigrayan forces”.

Vorremmo ribadire che, nonostante la dichiarazione di cessazione delle ostilità del 24 marzo 2022, tutte le linee di rifornimento verso il Tigray rimangono chiuse. Inoltre, tutte le attività bancarie sono congelate. Le linee elettriche e di telecomunicazione sono chiuse. L’accesso agli aiuti umanitari resta sostanzialmente bloccato. Il regime etiope e i suoi alleati hanno solo cambiato la loro strategia genocida. Dall’offensiva militare contro i civili, sono passati ad uno stile silenzioso e ancora più raccapricciante di genocidio. Il loro obiettivo è infliggere una morte lenta e dolorosa ai tigrini, attraverso la fame. Ciò rende la mobilitazione volontaria, istituzionalizzata e formale un dovere. Qualsiasi mobilitazione, quindi, resta volontaria ed è unicamente finalizzata a garantire il nostro diritto naturale a difenderci. Per sopravvivere come popolo e come civiltà».

Alberto Pizzolante

Tremila migranti sono scomparsi cercando di raggiungere l’Europa

Secondo un rapporto pubblicato dall’UNHCR, l’Agenzia ONU per i rifugiati, più di 3.000 persone sono morte o scomparse nel 2021 mentre cercavano di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo centrale e occidentale e l’Atlantico. Lo scorso anno, 1.924 persone sono state segnalate come morte o disperse sulle rotte del Mediterraneo centrale e occidentale. Altre 1.153 sono scomparse sulla rotta marittima dell’Africa nord-occidentale verso le isole Canarie. Il numero di morti segnalati nel 2020 era di 1.544 per le due rotte. Dall’inizio del 2022, 478 migranti sono morti o scomparsi in mare.

La maggior parte delle traversate in mare sono avvenute su gommoni sovraccarichi ed instabili, molti dei quali si sono rovesciati o sgonfiati. Anche le rotte terrestri sono molto pericolose. Fra le testimonianze di abusi ci sono uccisioni extragiudiziali, detenzione illegale e arbitraria, violenza sessuale e di genere, lavoro forzato, schiavitù, matrimonio forzato e altre gravi violazioni dei diritti umani. Secondo l’UNHCR, la pandemia ha anche avuto un impatto sui movimenti verso il Nord Africa e i paesi costieri europei. Molti rifugiati e migranti disperati, infatti, si sono rivolti ai trafficanti per facilitare questi viaggi pericolosi.

Le richieste dell’UNHCR

L’UNHCR chiede 163,5 milioni di dollari per assistere e proteggere migliaia di rifugiati. Inoltre, l’agenzia ONU chiede sostegno per aiutare a fornire alternative a questi pericolosi viaggi. L’appello riguarda circa 25 paesi in quattro diverse regioni collegate dalle stesse rotte terrestri e marittime utilizzate da migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Include paesi di origine, partenza, primo asilo, transito e paesi di destinazione.

«Gli Stati devono garantire il libero accesso umanitario per la fornitura di servizi essenziali alle persone in movimento o bloccate in viaggio, intercettate in mare, o detenute in centri di detenzione, e per determinare se queste persone hanno bisogno di protezione internazionale. In caso contrario, i rifugiati, i richiedenti asilo, gli sfollati interni continueranno ad intraprendere viaggi pericolosi in cerca di sicurezza e protezione. Altri, compresi i migranti, si muoveranno per cercare una vita migliore, sperando di trovare lavoro o opportunità di istruzione altrove, in assenza di sufficienti percorsi regolari stagionali o a lungo termine per una migrazione sicura e ordinata».

La fiducia dei cittadini nelle Istituzioni

Nel 2021, la fiducia nella politica e nelle istituzioni democratiche continua ad essere bassa. Il dato emerge dal Rapporto dell’Istat sul Benessere equo e sostenibile (Bes). Il voto medio è insufficiente per i partiti (3,3 su una scala da 0 a 10), per il Parlamento (4,6) e per il sistema giudiziario (4,8). Le Forze dell’ordine e i Vigili del fuoco si confermano su un livello più elevato di fiducia (7,5).

Negli ultimi due anni si è arrestato il trend verso un maggiore equilibrio di genere nella politica e nelle istituzioni del nostro Paese. La presenza femminile fatica ancora ad affermarsi soprattutto nella politica locale e nelle posizioni istituzionali di vertice. Le donne elette nei Consigli regionali sono il 22,3%. L’Italia nel 2021 si colloca oltre 12 punti percentuali al di sotto della media europea (34,6%). Considerando il complesso delle posizioni apicali presso la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura, le diverse Authority e il corpo diplomatico, le donne non raggiungono il 20%.

La presenza femminile nei consigli di amministrazione delle grandi società quotate in Borsa continua a crescere. Nel 2021 si attesta al 41,2%, con uno stacco di quasi 10 punti percentuali in più della media dei 27 Paesi dell’Unione (30,6%). È il risultato delle ulteriori misure introdotte dalla legge di bilancio 2020, che ha innalzato al 40% la quota femminile in questi organi e aumentato da tre a sei il limite massimo di mandati consecutivi.

Lo stato di salute della Giustizia

Nel 2021, la durata media effettiva dei procedimenti civili si attesta a 426 giorni contro i 421 del 2019. Nei due anni dell’emergenza sanitaria è proseguito il trend di diminuzione del numero complessivo dei procedimenti pendenti. Sono aumentati quelli di durata ultra-triennale, che costituiscono il cosiddetto arretrato civile patologico. Il calo dei reati e degli arresti durante il lockdown e i provvedimenti adottati nella prima fase dell’emergenza da COVID-19 per mitigare la pressione sul sistema carcerario, si traducono in un consistente calo dell’affollamento carcerario, che nel 2021 si attesta a 106,5 detenuti per 100 posti, 1 punto percentuale in più rispetto al 2020. Tra il 2019 e il 2020 la popolazione carceraria si è ridotta del 12%.

Guerra: il ruolo e la strategia dell’Italia

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso dell’informativa resa al Senato della Repubblica sui recenti sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina, ha delineato la strategia e il ruolo che l’Italia avrà nel tentativo di rispristinare un cessate il fuoco. Pubblichiamo un estratto dell’intervento del Presidente del Consiglio.

Il sostegno economico dell’Italia all’Ucraina in guerra

«Fin dall’inizio della guerra, il Governo si è mosso con convinzione per sostenere l’Ucraina. Abbiamo stanziato oltre 800 milioni di euro in assistenza per i profughi. Circa 300 milioni fanno parte dell’ultimo Decreto Aiuti. Rafforziamo la capacità di accoglienza dei rifugiati e forniamo ai profughi l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica. Siamo un Paese ospitale: lo stiamo dimostrando e intendiamo continuare a farlo. L’ Italia ha inoltre stanziato 110 milioni di euro in sovvenzioni al bilancio generale del governo ucraino per la gestione dell’emergenza – a cui si aggiungono fino a 200 milioni in prestiti.

Finanziamo con 26 milioni di euro le attività di varie organizzazioni internazionali attive in Ucraina e nei Paesi limitrofi. Nel quadro del meccanismo europeo di protezione civile, è stato organizzato un trasporto umanitario di circa 20 tonnellate di materiali umanitari della Cooperazione italiana. Il servizio nazionale di protezione civile ha donato beni come letti da campo, tende, medicinali e apparecchiature mediche all’Ucraina, e ha offerto assistenza anche a Slovacchia e Moldova».

L’espulsione dei diplomatici italiani

«Per impedire che la crisi umanitaria continui ad aggravarsi, dobbiamo raggiungere il prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire con forza i negoziati. È la posizione dell’Italia ed è un’aspirazione europea che ho condiviso con il Presidente Biden e i leader politici del Congresso durante la mia recente visita a Washington. In questi incontri ho riscontrato un apprezzamento universale per la solidità della posizione italiana, fermamente ancorata nel campo transatlantico e dell’Unione Europea. Questa posizione ci permette di essere in prima linea, con credibilità e senza ambiguità, nella ricerca della pace. Da questo punto di vista, il colloquio del Capo del Pentagono Austin con il ministro della Difesa russo Shoigu, avvenuto il 13 maggio, rappresenta un segnale incoraggiante. Si tratta della prima telefonata dall’inizio della guerra.

Nella giornata di ieri, la Federazione Russa ha comunicato al nostro Ambasciatore a Mosca l’espulsione di 24 diplomatici italiani. È un atto ostile, che ricalca decisioni simili prese nei confronti di altri Paesi europei e che risponde a espulsioni di diplomatici russi da parte dell’Italia e di altri Stati membri dell’Unione Europea. È essenziale comunque mantenere canali di dialogo con la Federazione Russa. Soltanto da questi canali potrà emergere una soluzione negoziale. L’Italia si muoverà a livello bilaterale e insieme ai partner europei e agli alleati per cercare ogni possibile opportunità di mediazione. Ma dovrà essere l’Ucraina, e nessun altro, a decidere che pace accettare. Anche perché una pace che non fosse accettabile da parte dell’Ucraina non sarebbe neanche sostenibile».

Il rapporto con la Turchia e l’alleanza con l’Ucraina in guerra

«A fine giugno si terrà il Consiglio Europeo, nel quale affronteremo anche la questione dell’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea. Come ho già detto in Parlamento, l’Italia è favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. A inizio luglio, sarò ad Ankara per il vertice bilaterale con la Turchia – il primo di questo tipo da 10 anni. In questo incontro discuteremo delle prospettive negoziali e diplomatiche del conflitto, e del rafforzamento dei rapporti tra Italia e Turchia.
Se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo è grazie al fatto che l’Ucraina è riuscita a difendersi in questi mesi di guerra. L’Italia continuerà a sostenere il Governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l’invasione russa. Lo faremo in stretto coordinamento con i nostri partner europei. Ne va non solo della solidità del legame transatlantico, ma anche della lealtà all’Unione Europea. Il Governo ha riferito più volte sul tema al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, che ha sempre riscontrato la coerenza del sostegno offerto rispetto alle indicazioni e agli indirizzi del Parlamento
».

Gli effetti delle sanzioni

«Al tempo stesso, dobbiamo continuare a mantenere alta la pressione sulla Russia attraverso le sanzioni, perché dobbiamo portare Mosca al tavolo dei negoziati. Le misure restrittive fin qui approvate dall’Unione Europea e dal G7 hanno già avuto un impatto significativo sull’economia russa, che sarà ancora più forte nei prossimi mesi. Secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, il prodotto interno lordo russo calerà dell’8,5% quest’anno, e il tasso d’inflazione raggiungerà il 21,3%. L’indice MOEX della Borsa di Mosca ha perso un terzo del valore rispetto a metà febbraio, prima dell’invasione. Per frenare la fuga di capitali, la Banca Centrale Russa ha alzato i tassi di interesse, che oggi sono al 14%, e ha introdotto controlli sui movimenti di capitali. L’Unione Europea è al lavoro su un sesto pacchetto di sanzioni, che l’Italia sostiene con convinzione».

La strategia militare

«L’attività di deterrenza nei confronti della Russia comprende anche l’intensificarsi delle operazioni dell’Alleanza Atlantica. Il Comandante Supremo Alleato ha rafforzato il livello di risposta lungo il fianco orientale – uno sforzo a cui l’Italia contribuisce con 2.500 unità. Nel medio periodo, siamo pronti a rafforzare ulteriormente il nostro contributo in Ungheria e Bulgaria, rispettivamente con 250 e 750 unità, in linea con l’azione dei nostri alleati.  Valutiamo infine la possibilità di sostenere la Romania nelle attività di sminamento marittimo del Mar Nero e la Slovacchia nella difesa anti aerea. Il crescere della minaccia russa ha spinto la Svezia e la Finlandia a fare domanda per aderire alla NATO. L’Italia appoggia con convinzione questa richiesta, come ho avuto modo di dire ieri alla Premier finlandese Sanna Marin durante il nostro incontro bilaterale.

È necessario affiancare alla NATO una vera e propria difesa comune europea, complementare all’Alleanza Atlantica. Il primo passo deve essere la razionalizzazione della spesa militare in Europa, la cui distribuzione è inefficiente. Nel mio recente intervento al Parlamento Europeo di Strasburgo, ho lanciato la proposta di una conferenza europea che abbia l’obiettivo di iniziare un coordinamento per i nostri investimenti in sicurezza. Migliorare le nostre capacità di difesa non basta per costruire una pace duratura, una coesistenza pacifica».

Il dopoguerra

«Come ha detto il Presidente Mattarella, nel lungo termine servirà anche uno “sforzo creativo” per arrivare a una conferenza internazionale sul modello degli accordi di Helsinki del 1975. Una volta ottenuto il cessate il fuoco e conclusi i negoziati tra Kiev e Mosca, occorrerà costruire un “quadro internazionale rispettoso e condiviso”, per usare le sue parole. Questa conferenza dovrà avere l’obiettivo, come fu per Helsinki, di avvicinare Paesi che oggi sono distanti e rendere duraturo il processo di distensione.  Tra i principi di Helsinki c’erano il rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli, il non ricorso alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di qualunque Stato. Sono valori con cui l’Italia si identifica pienamente e che vogliamo vedere al centro della vita del continente europeo e del mondo». 

L’Italia sostiene l’ingresso della Finlandia nella NATO

Ieri il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha incontrato la Prima Ministra della Repubblica di Finlandia, Sanna Marin, a Palazzo Chigi. Negli scorsi giorni, la Finlandia ha presentato ufficialmente la richiesta di adesione alla NATO. «Quando guardiamo alla Russia, vediamo oggi un paese molto diverso da quello che abbiamo visto appena qualche mese fa. Tutto è cambiato da quando la Russia ha attaccato l’Ucraina e penso che non possiamo più credere che ci sarà un futuro di pace accanto alla Russia restando da soli. L’adesione è un atto di pace, non ci sarà più la guerra in Finlandia», aveva dichiarato Marin.

Le dichiarazioni di Mario Draghi

Pubblichiamo le dichiarazioni del Presidente Draghi.

«Il nostro colloquio avviene in un momento storico per l’Europa e per la Finlandia.
La richiesta di adesione alla Nato è una chiara risposta all’invasione russa dell’Ucraina e alla minaccia che rappresenta per la pace in Europa, per la nostra sicurezza collettiva. 
L’Italia appoggia con convinzione la decisione della Finlandia, così come quella della Svezia.
Sono due Stati Membri dell’Unione Europea, che già cooperano strettamente con la NATO, della quale condividono i valori fondanti e di cui contribuiranno a rafforzare le capacità.
Vogliamo velocizzare le procedure interne per rendere l’adesione effettiva nel più breve tempo possibile. E intendiamo sostenere la Finlandia e la Svezia in questo periodo di transizione. 

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, i nostri Paesi sono compagni di strada.
Italia e Finlandia sono stati ammessi alle Nazioni Unite nello stesso anno, nel 1955. 
I rapporti bilaterali sono eccellenti e negli ultimi anni hanno visto un progressivo rafforzamento, in particolare sul piano economico e commerciale.
Auspico possano consolidarsi ulteriormente, soprattutto in settori innovativi come la farmaceutica, le biotecnologie, l’elettronica, in generale la digitalizzazione.

Nel 1995 la Finlandia è entrata a far parte dell’Unione Europea e da allora collaboriamo in modo molto stretto anche all’interno dell’Unione.
Nelle scorse settimane abbiamo mostrato grande unità nell’affrontare la crisi in Ucraina, nel condannare la Russia, nel sostenere l’Ucraina e anche nel cercare una soluzione negoziale a questa crisi. Intendiamo continuare a farlo, a partire dal Consiglio Europeo straordinario di fine mese.

«Costruite una vera difesa europea»

Allo stesso tempo, dobbiamo muoverci per sostenere le famiglie e le imprese europee in questa fase di rallentamento. 
Il Next Generation EU è una straordinaria occasione per riformare le nostre economie e mettere in campo gli investimenti necessari a renderle più eque, competitive, sostenibili.
L’Italia è consapevole di questa sfida. 
Vogliamo muoverci con rapidità ed efficienza e utilizzare al meglio le risorse che abbiamo a disposizione.

Allo stesso tempo, sappiamo bene che il percorso di integrazione europea, che Italia e Finlandia sostengono, non è completo.
La guerra in Ucraina ci mette davanti a sfide strategiche enormi, che non possiamo affrontare da soli, con i singoli bilanci nazionali.
Dobbiamo adottare strumenti aggiuntivi, per contenere l’impatto dei costi dell’energia e investire nella transizione energetica, nella ricostruzione dell’Ucraina.
E dobbiamo costruire una vera difesa europea, complementare alla NATO, per contribuire alla protezione dei nostri valori fondanti, delle nostre istituzioni.
Questo è il momento delle scelte e vogliamo che l’Unione Europea scelga di essere protagonista
».

Guerra: la politica energetica e alimentare italiana

Nel corso dell’informativa resa dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Senato della Repubblica sui recenti sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina, il Presidente ha illustrato le strategie dell’Italia in materia di approvvigionamento alimentare e di politica energetica. Pubblichiamo un estratto dell’intervento del Presidente del Consiglio.

La crisi alimentare

«Alla crisi umanitaria dovuta all’invasione russa rischia di aggiungersi una crisi alimentare. Russia e Ucraina sono tra i principali fornitori di cereali a livello globale. Da soli, sono responsabili di più del 25% delle esportazioni globali di grano. 26 Paesi dipendono da loro per più di metà del proprio fabbisogno. Le devastazioni belliche hanno colpito la capacità produttiva di vaste aree dell’Ucraina. A ciò si aggiunge il blocco da parte dell’esercito russo di milioni di tonnellate di cereali nei porti ucraini del Mar Nero e del Mar d’Azov.

La guerra in Ucraina minaccia la sicurezza alimentare di milioni di persone, anche perché si aggiunge alle criticità già emerse durante la pandemia. L’indice dei prezzi dei prodotti alimentari è salito nel corso del 2021 e ha toccato a marzo i massimi storici. La riduzione delle forniture di cereali e il conseguente aumento dei prezzi rischia di avere effetti disastrosi in particolare per alcuni Paesi dell’Africa e del Medio Oriente, dove cresce il pericolo di crisi umanitarie, politiche, sociali».

La crisi energetica

«La guerra ha avuto anche degli effetti significativi sul mercato energetico, aumentando l’incertezza. I prezzi erano già molto alti anche prima della guerra, ma l’incertezza certamente è aumentata. A causa delle difficoltà tecniche legate al conflitto, è stato interrotto il flusso di gas russo verso l’Europa attraverso il gasdotto Sokhranivka, da cui passa circa un terzo del totale. I prezzi restano comunque a livelli molto alti rispetto ai valori storici e sono soggetti a forte volatilità.

[…] Il conflitto ha messo in luce le fragilità della politica energetica degli ultimi anni e reso ancora più evidente la necessità di diversificare i nostri fornitori. Ci siamo mossi rapidamente per ridurre la quota di gas naturale che importiamo dalla Russia, che nel 2021 è stato circa il 40% del totale. Il nostro obiettivo è non soltanto incrementare le forniture di gas naturale di cui abbiamo bisogno come combustibile di transizione, e insisto su transizione, ma anche investire in questi stessi Paesi per aumentare la produzione di energie rinnovabili. L’intesa che abbiamo firmato ad aprile con l’Algeria, ad esempio, prevede un sostegno allo sviluppo di energia rinnovabile e di tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio; prevede inoltre lo sviluppo di progetti di reti di trasmissione dell’energia elettrica in Algeria e di interconnessione elettrica tra l’Algeria e l’Italia».

La nuova politica energetica

«Il Governo si è poi mosso con la massima determinazione per eliminare i vincoli burocratici che limitano l’espansione delle rinnovabili in Italia. L’energia rinnovabile resta infatti l’unica strada per affrancarci dalle importazioni di combustibili fossili, e per raggiungere un modello di crescita davvero, davvero sostenibile. Il Governo continuerà in ogni sforzo per rendere questi investimenti più rapidi, per smontare, per distruggere le barriere burocratiche che impediscono gli investimenti. Oggi sono solo quelle. Le stime del Governo indicano che potremo renderci indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024. I primi effetti di questo processo si vedranno già a fine 2022. Durante la mia visita a Washington ho condiviso con il Presidente Biden la strategia energetica italiana. Ci siamo detti d’accordo sull’importanza di preservare gli obiettivi sul clima – un impegno che l’Italia intende mantenere.
 
Il Governo ha adottato misure molto sostanziose per tutelare le imprese e le famiglie dai rincari energetici. I provvedimenti ammontano a circa 30 miliardi di euro solo per quest’anno, per mitigare gli aumenti dei prezzi dei carburanti e ridurre le bollette. Abbiamo destinato i nostri aiuti soprattutto alle fasce più vulnerabili della popolazione, in particolare le famiglie a basso reddito; e abbiamo aiutato i settori produttivi più in difficoltà, come le imprese ad alta intensità energetica. È ora importante che si trovino a livello europeo soluzioni strutturali, che superino le distorsioni presenti nei mercati dell’energia. Una comune politica energetica. La Commissione europea ha presentato ieri il piano RepowerEU, che sarà al centro del prossimo Consiglio europeo straordinario. C’è bisogno di risposte immediate e coraggiose, per alleviare l’impatto della crisi sulle nostre economie».

Gli interventi sui beni alimentari

«Dobbiamo poi agire con la massima urgenza per evitare che il conflitto in Ucraina provochi crisi alimentari. Durante la mia recente visita negli Stati Uniti, ho discusso con il Presidente Biden dell’urgenza di un’azione coordinata – un tema sollevato anche dalla presidenza tedesca del G7. Al Presidente ho chiesto sostegno per una iniziativa condivisa tra tutte le parti che sblocchi immediatamente i milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti del sud dell’Ucraina. In altre parole, occorre che le navi che portano questo grano siano lasciate passare e se i porti sono stati – come si dice – minati dall’esercito ucraino siano sminati a questo proposito. Tutte le parti in causa dovrebbero aprire in questo momento una parentesi di collaborazione per evitare una crisi umanitaria che farebbe morire milioni e milioni di persone nella parte più povera del mondo.

L’Italia ha promosso un Dialogo Ministeriale con i Paesi del Mediterraneo in collaborazione con la FAO, per delineare le misure d’intervento per la regione. Analoghe iniziative sono state prese dalla Francia, dalla Germania, dagli Stati Uniti. Ma forse la cosa più urgente è fare quello che dicevo prima».

Guerra: la situazione sul campo e la crisi umanitaria

Pubblichiamo un estratto dell’informativa resa dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Senato della Repubblica sui recenti sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina. In particolare, pubblichiamo la prima parte del discorso del Presidente del Consiglio, in cui Mario Draghi aggiorna il Senato sulla situazione sul campo e sulla crisi umanitaria.

La situazione sul campo

«La guerra in Ucraina è giunta al suo 85esimo giorno. La speranza da parte dell’esercito russo di conquistare vaste aree del Paese in tempi brevi si è scontrata con la convinta resistenza da parte del popolo ucraino. La Federazione Russa si è ritirata da ampie porzioni del territorio ucraino, per concentrare le sue forze nell’area orientale del Paese. Anche qui, l’avanzata russa procede molto più lentamente del previsto. Nell’ultima settimana, le forze ucraine hanno ripreso il controllo di Kharkiv nell’Est del Paese, la seconda città per popolazione in Ucraina. L’esercito ucraino ha finora respinto i tentativi da parte russa di attraversare il fiume Severskij Donec’, e quindi di accerchiare Severodonetsk – a circa 100 chilometri a nord-ovest di Lugansk.

Nel sud-est dell’Ucraina, l’offensiva russa si è trasformata in un’occupazione militare. A Kherson, le forze russe hanno lasciato alla Guardia Nazionale Russa il presidio dell’area. Il 1° maggio la città ha adottato il rublo russo ed è stata agganciata alla rete di telecomunicazioni russa Rostelecom – un segnale di un progressivo radicamento della Russia nell’area. L’attività dell’aviazione e i lanci missilistici russi continuano su Mariupol e nell’area del Donbass. Secondo lo Stato Maggiore ucraino le Forze russe stanno cercando di annettere nuovi territori negli oblast di Donetsk e Lugansk».

Le conseguenze della guerra sulla popolazione civile

«Il costo dell’invasione russa in termini di vite umane è terribile. Le ricostruzioni con immagini satellitari hanno individuato 9.000 corpi in quattro fosse comuni nei dintorni della città di Mariupol. La scorsa settimana sono state ritrovate fosse comuni a Kiev dopo quelle scoperte in altri luoghi liberati dall’occupazione russa, ad esempio Bucha e Borodyanka. L’Italia ha offerto il suo sostegno al governo ucraino per indagare su possibili crimini di guerra. In questo contesto, la nostra Ambasciata ha comunque ripreso le sue attività a Kiev. Ringrazio ancora una volta l’Ambasciatore Zazo e tutto il personale dell’Ambasciata per lo spirito di servizio, la professionalità e il grande coraggio dimostrati. 

Al 3 maggio, il numero di sfollati interni è arrivato a 7,7 milioni di persone. Secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, circa 6 milioni di persone – soprattutto donne e minori – dall’inizio delle ostilità hanno lasciato l’Ucraina per i Paesi vicini. Se si sommano queste due cifre, sono quasi 14 milioni i residenti in Ucraina che hanno dovuto lasciare le proprie case – quasi un cittadino su tre. Oltre 116 mila ucraini sono arrivati in Italia – di cui 4mila minori non accompagnati.

Sinora abbiamo inserito circa 22.792 studenti ucraini nelle scuole italiane. La maggior parte – quasi 11 mila – sono bambine e bambini delle scuole primarie. Desidero ringraziare il ministro Bianchi, il personale della scuola e tutte le bambine e i bambini italiani per questa meravigliosa manifestazione di amore e di efficienza collettiva.  Voglio ringraziare anche la Protezione civile, gli enti del terzo settore e tutti i cittadini italiani che sono impegnati nell’accoglienza dei rifugiati. L’Italia è orgogliosa di voi – della vostra accoglienza, della vostra solidarietà, della vostra umanità».

«Gentile Stato italiano, aiutami a morire». L’appello di Fabio Ridolfi

«Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire». L’appello è di Fabio Ridolfi, un uomo di quarantasei anni di Fermignano, in provincia di Pesaro e Urbino. Ridolfi da 18 anni è immobilizzato a letto a causa di una tetraparesi da rottura dell’arteria basilare. Una condizione che gli impedisce il movimento di qualsiasi parte del suo corpo, ad eccezione degli occhi, con cui comunica attraverso un puntatore oculare.

Fabio Ridolfi, seguito dai legali dell’Associazione Luca Coscioni, coordinati dall’avvocato Filomena Gallo, ha inoltrato una richiesta all’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche per poter accedere al suicidio assistito, come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale 242/19. L’ASUR Marche, ha attivato le verifiche previste dalla sentenza della Consulta e ha sottoposto Fabio a tutte le visite mediche del caso. Ma dal 15 marzo, quando la relazione medica è stata inviata al Comitato Etico, ancora non è arrivato nessun parere, né sulle sue condizioni né sulle modalità per poter procedere con suicidio medicalmente assistito.

«Essere aiutato è un suo diritto»

«Fabio chiede di porre fine alle sue sofferenze in modo indolore, con le modalità più veloci e rispettose della sua dignità. È un suo diritto, sulla base della sentenza della Corte costituzionale nel “caso Cappato/Antoniani”», hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario Nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, «Ancora una volta, come già successo con Mario e Antonio, il ritardo della ASUR nel rispondere alla sua richiesta, in violazione degli obblighi di legge, comporta sofferenze che per Fabio sono da anni  insopportabili». Sul proprio profilo Facebook, Cappato ha aggiunto: «Cosa si prova a stare 18 anni senza poter parlare né muovere un muscolo lo può sapere solo Fabio. Noi possiamo solo aiutarlo a far valere le proprie volontà. Ora ha scelto di morire. Ed è suo diritto essere aiutato». 

In Italia 5,5 milioni di individui vivono in povertà assoluta

Nel 2021, il reddito disponibile delle famiglie e il potere d’acquisto hanno segnato una ripresa, pur restando al di sotto dei livelli precedenti la crisi. Lo ha comunicato l’Istat nel rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes). Lo scorso anno la povertà assoluta è stata stabile e ha riguardato più di 5 milioni 500mila individui (9,4%). Il Nord recupera parzialmente il forte incremento nella povertà assoluta osservato nel primo anno di pandemia, anche se non torna ai livelli osservati nel 2019 (la percentuale di individui in povertà è dell’8,2%). Nel Mezzogiorno, invece, le persone povere sono in crescita di quasi 196mila unità. Il tasso di povertà assoluta al Sud è del 12,1%. Infine, il Centro presenta il valore più basso, passando comunque dal 6,6% nel 2020 al 7,3% nel 2021.

Il totale dei minori in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila, cioè il 14,2%. Il tasso è in aumento di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019. Il perdurare dell’emergenza sanitaria ha determinato, nel 2021, un ulteriore incremento della quota di famiglie che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all’anno precedente: dal 29,0% del 2020 si arriva al 30,6% nel 2021.

La percentuale di coloro che vivono in famiglie in cui gli individui hanno lavorato per meno del 20% del proprio potenziale è stata dell’11%, in crescita rispetto al 10% del 2019. Inoltre, una quota pari al 9% di persone ha dichiarato di arrivare a fine mese con grande difficoltà (in aumento rispetto al 2019 quando era pari all’8,2%). Anche gli individui che vivono in famiglie con una situazione di grave deprivazione abitativa crescono dal 2019 al 2020, passando dal 5,0% al 6,1%. Risulta invece stabile il rischio di povertà (20,0% degli individui da 20,1% nel 2019).

Alpini: le vergognose dichiarazioni della politica

Nei giorni successivi all’Adunata degli Alpini tenutasi a Rimini, i mezzi di informazione hanno pubblicato numerose testimonianze delle molestie ricevute da centinaia di donne. Non Una Di Meno Rimini ha consegnato al sindaco un plico con la stampa delle testimonianze di molestie avvenute durante l’Adunata degli Alpini. «Abbiamo voluto fare questa azione simbolica per chiedere una risposta da parte dell’amministrazione comunale a tutte quelle persone che sono state violate in quelle giornate, risposta che tuttora non è arrivata da parte del sindaco. Abbiamo voluto stampare queste testimonianze, anonime per tutelare chi le ha inviate, per sottolineare la realtà e concretezza dei fatti, anche in assenza di denunce alle forze dell’ordine».

La normalizzazione della violenza

Se il sindaco di Rimini si è chiuso nel silenzio, il primo cittadino di Trieste, Roberto Dipiazza ha rilasciato alcune dichiarazioni ignobili: «Ma stiamo scherzando? Una ha detto: “Mi hanno detto che ho un bel paio di gambe e mi sono sentita violentata”. Quando vediamo passare una bella ragazza, cosa pensiamo? Siamo maschi. Ma stiamo scherzando? Se le avessero detto “Hai un bel culo”, cosa avrebbe fatto allora? Viva gli alpini! Viva gli alpini! Vorrei dire a questa persona: Signora guardi che la violenza è un’altra cosa».

«Informazioni approssimative e fuorvianti»

Ignobile anche il comunicato pubblicato dalla Conferenza donne PD di Rimini: «Intendiamo dissociarci dai toni accusatori, tesi a incrementare un clima di polemica generalista e qualunquista, che getta un inaccettabile discredito verso un Corpo dal valore riconosciuto e indiscusso del nostro Esercito. La cospicua presenza di Forze dell’Ordine a presidiare un evento così partecipato era a garanzia della tempestiva segnalazione, repressione e denuncia di eventuali episodi a connotazione anti-giuridica. La responsabilità penale è individuale, ed è imprescindibile che le vittime di eventuali violenze provvedano a esporre querela verso fatti che le abbiano viste coinvolte.

Gli strumenti posti a tutela di chi subisce comportamenti illeciti sono ben noti a tutte e tutti noi e non dovrebbero cedere il passo a mezzi diversi. Il social ha innumerevoli pregi ma è troppo spesso veicolo di informazioni approssimative e fuorvianti. Rivolgersi all’Autorità è l’unico strumento valido, vero ed efficace per ognuno di noi e, per noi, è un dovere civico oltre che un diritto».

La posizione della Conferenza donne Pd Nazionale

Una visione, quella del Partito Democratico di Rimini, non condivisa dalla Conferenza donne Pd Nazionale. Cecilia d’Elia ha scritto: «Ciò che sta emergendo dal racconto di alcune donne, riguardo a quanto successo a Rimini durante il raduno degli alpini, è grave e non può essere sottovalutato. Lo stesso ministro Lorenzo Guerini è intervenuto per sottolinearlo e per chiedere che sia fatta chiarezza senza giustificazione o tolleranza alcuna verso atti che sarebbero stati compiuti da appartenenti a un corpo militare. Un gesto importante, di attenzione verso i racconti delle donne, un riguardo che dovremmo avere tutte e tutti, sempre. I fatti andranno accertati ma purtroppo sappiamo che spesso, in occasione di raduni o assembramenti, si consumano episodi di molestie. Per sconfiggere la violenza, in tutte le sue forme, c’é bisogno di una grande rivolta culturale e di prendere sul serio la parola delle donne».

La referente della Conferenza delle donne del Pd di Rimini, Sonia Alvisi, ha rassegnato le proprie dimissioni.

Alberto Pizzolante