venerdì, Maggio 9, 2025
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Alpini: l’adunata criminale

La 93ª adunata degli alpini si è svolta a Rimini e a San Marino dal 5 all’8 maggio. Il movimento transfemminista Non Una Di Meno e i collettivi di Casa Madiba e Pride Off hanno raccolto oltre 150 segnalazioni di violenze contro le donne, esercitate dai partecipanti all’adunata. Ripercorriamo ciò che è accaduto seguendo il racconto di Non Una Di Meno Rimini.

Molestie, catcalling, razzismo

Già il 6 maggio il movimento, sul proprio profilo Facebook, ha scritto: «Siamo alla seconda giornata dell’adunata nazionale degli alpini, accolti come il miglior ospite che Rimini potesse aspettarsi. Sono già numerosissime le segnalazioni di molestie e catcalling da parte di alpini, per lo più ubriachi, ai danni di donne di ogni età. Ancor più pesanti quelle subite sul luogo di lavoro da chi non può rispondere a tono o sottrarsi a questa violenza. Come dal miglior copione della violenza patriarcale, ai commenti sessisti seguono quelli razzisti con vari inviti a persone nere e razzializzate a “tornare a casa loro”. Senza contare che queste persone sono già a casa propria, sono cittadin* di Rimini mentre gli invasori a ben guardare sono dei pennuti militari.

Incredibile ma vero, un gruppo di oltre 400.000 uomini, imbevuti di machismo patriarcale, concentrati in un solo luogo allo scopo di ubriacarsi, genera una dinamica di branco in cui si fa a gara a chi ce l’ha più duro. Ognuno si sente in diritto e in dovere di reclamare il possesso del corpo di ogni donna che gli passa accanto.

Così, mentre il sindaco gioisce per l’indotto economico e gli alberghi pieni, noi siamo costrett* a sentirci urlare di tutto, a uscire di casa nella totale insicurezza sentendo che ancora nel 2022 il corpo non è nostro ma può essere toccato, afferrato, commentato pubblicamente senza l’ombra del nostro consenso. Ma noi non ci stiamo. Quelle lunghe penne nere ve le spezziamo una a una. Se toccano un* toccano tutt*! Chiediamo al sindaco e all’assesora alle pari opportunità di prendere parola e dare risposta a tutt* i/le cittadin* coinvolt* in questi tristi episodi».

Un’invasione senza regole

Il giorno dopo, Non Una Di Meno Rimini ha creato un gruppo Telegram di emergenza. Il gruppo consente, a chi è in difficoltà, di entrare immediatamente in contatto con qualcuno e di poter quindi ricevere aiuto. L’8 maggio, il movimento transfemminista ha convocato una conferenza stampa. «Quest’adunata non porta né prestigio né benessere alla nostra città, anzi. Il lavoro si è fatto più duro, gli spazi vitali si sono ristretti, le strade si sono fatte meno sicure. Tutto in nome del militarismo e del profitto. Tutti i problemi che da anni denunciamo come sfruttamento lavorativo e privatizzazione dello spazio pubblico si presentano amplificati dall’arrivo di più di 400 mila persone in soli 4 giorni.

Girando per la città lo scenario che si presenta é simile a quello di una vera e propria invasione senza regole: camper e tende in ogni angolo del centro, nelle aiuole, perfino nei giardini dei palazzi senza che nessuno abbia chiesto il permesso, tende militari nella nuovissima piazza Malatesta, mezzi militari che sfrecciano sul Corso d’Augusto e una quantità di rifiuti di ogni genere sparsi ovunque. Mezza città interdetta al traffico, consigli a “non venire a Rimini” o ancor peggio a non uscire di casa. In questi giorni ci siamo chieste quali sarebbero state le conseguenze di tutto questo sulle persone che vivono nella nostra città.

Le conseguenze sui cittadini dell’adunata degli Alpini

Le persone senza casa, molte delle quali per colpa dell’ultima ondata di sfratti post emergenza covid, sono state allontanate dal parco per fare spazio agli accampamenti degli alpini. Le persone che lavorano nel settore turistico hanno iniziato la già tristemente nota stagione estiva con turni massacranti, soprusi e ricatti di ogni genere per far fronte all’arrivo di oltre 400 mila persone in soli 4 giorni, le persone nere hanno ricevuto insulti razzisti come “torna nella giungla”. I rifugiati che sono scappati dalla guerra si vedono sfilare davanti centinaia di militari. Devono ascoltare rumori di spari e vedere uomini in divisa mezzi ubriachi ovunque. Le donne e le persone lgbtqia+ sono state prese d’assalto da orde di maschi imbevuti di machismo militaresco e “allegria”. Un'”allegria” che si é tradotta in catcalling senza freno alla fantasia, molestie sessuali, insulti, accerchiamenti, palpeggiamenti nelle strade, nei parchi, sotto casa.

Chi ha pensato a queste persone prima di autorizzare l’arrivo di 450 mila militari a Rimini? Nessuno a quanto pare. Purtroppo non ci stupisce, data la scarsa attenzione che riceviamo durante tutto l’anno, con o senza eventi. Per esprimere solidarietà a tutte queste persone abbiamo iniziato a raccogliere e condividere le loro testimonianze. La risposta è stata altissima, tanto quanto sconvolgente per il numero e l’intensità delle molestie ricevute. Fischi, cat-calling, minacce e vere e proprie molestie hanno colpito diverse persone colpevoli solo di voler vivere la propria città. Molestie mascherate da goliardia e tradizione che in realtà sono figlie di una cultura patriarcale che vuole donne, persone trans e gender non conforming assoggettate al potere e alla paura, al ricatto e alle minacce in caso di rifiuto.

«Stanche di aspettare una risposta che non arriva mai»

Siamo davvero stanch3 di sentirci prigionier3 nella nostra città, siamo stanch3 di subire angherie mentre riprendiamo i nostri spazi. Siamo stanch3 del fatto che per l’Amministrazione Comunale la priorità sia l’elogio dei turisti “importanti” piuttosto che rendere Rimini una città in cui valga la pena vivere. In questo momento più che mai vogliamo ribadire che siamo contro ogni forma di esaltazione militare, di idea di pace associata alle armi e al terrore, di privatizzazione dello spazio pubblico, di ricatto sociale e violenza di ogni tipo.

Abbiamo interrogato l’amministrazione pubblica nella speranza di ricevere una risposta decisa, di sentirci ascoltate e credute. Non abbiamo ricevuto altro che un banale “abbiamo avvertito gli organizzatori” o nel peggiore dei casi il solito triste silenzio. Questo silenzio è diventato assordante, come le urla e gli insulti degli alpini che riecheggiano ora nella nostra città. Noi siamo stanche di aspettare una risposta che non arriva mai. Vogliamo una città dove le persone sono al primo posto, dove il nostro benessere è la prima preoccupazione, dove lo spazio pubblico è di tutte e tutti».

La “contro-adunata”

Ieri sera, Non Una Di Meno Rimini ha organizzato una contro-adunata: «Ci siamo riprese simbolicamente la città con una Contro-Adunata in piazza Cavour. Un’assemblea pubblica in cui tante persone hanno preso parola per raccontare le molestie subite durante l’adunata degli alpini a Rimini. Un’occasione per ragionare insieme su come costruire la città del futuro, la città transfemminista che vorremmo. Una città in cui sentirci sicur* di camminare per le strade, a qualunque ora, in compagnia o meno, più o meno vestit*, senza la paura di incrociare lo sguardo di qualcuno che possa scambiare un’occhiata per un invito.

Daremo supporto a chiunque voglia denunciare le molestie subite. Alcune donne hanno infatti deciso di denunciare e ci hanno contattato per chiedere il nostro supporto che non tarderà ad arrivare. Ci stiamo attivando in queste ore per presentare le denunce tramite i nostri avvocati di fiducia e per accompagnare in questura chiunque ne faccia richiesta. Sappiamo che denunciare è difficile, che spesso chi decide di farlo vive una seconda violenza davanti a forze dell’ordine che tendono a minimizzare e a sminuire la vittima. Ma in questo caso le denunce possono essere una leva in più perché le molestie che si ripetono ad ogni adunata non possano passare sotto traccia come accaduto in passato. Possono essere una leva in più per portare attenzione sulla problematica cultura machista e patriarcale in cui viviamo, che minimizza il catcalling e le molestie che sono la solida base della piramide della violenza.

Chiediamo che queste adunate non si ripetano mai più in nessuna città. Chiediamo alle istituzioni di prendere parola e dare una risposta chiara e solidale a tutt* i/le cittadin* coinvolt* in questi tristi episodi».

Alberto Pizzolante

Ucraina: danneggiate 15 scuole dell’Unicef

Secondo l’Unicef, quasi due terzi dei bambini dell’Ucraina sono stati costretti a fuggire. Almeno una scuola su 6 supportata dall’UNICEF in Ucraina Orientale ha subito danneggiamenti dall’inizio della guerra. Solo nell’ultima settimana, gli attacchi hanno colpito due scuole. Le scuole danneggiate o distrutte sono 15 su 89. Queste fanno parte del programma Scuole Sicure, realizzato con il Ministero dell’Istruzione e della Scienza. Il progetto ha risposto agli attacchi su asili e scuole nella regione del Donbass, dove si svolge un conflitto armato dal 2014. Dall’inizio della guerra, centinaia di scuole nel paese hanno subito danni a causa dell’uso di artiglieria pesante, bombardamenti aerei e altre armi esplosive in aree popolate. Altri edifici scolastici sono stati utilizzati come centri di informazione, rifugi, centri di rifornimento o per scopi militari.

«Solo la pace potrà ridare ai bambini anche solo una frazione di quello che hanno perso»

Di seguito, le dichiarazioni di Catherine Russell, Direttore generale UNICEF alla Conferenza Internazionale di Alto Livello dei Donatori per l’Ucraina. «Non dobbiamo dimenticare le centinaia di bambini che non sono sopravvissuti – molti dei quali uccisi da armi esplosive – e le altre centinaia di bambini feriti in questa guerra senza senso. Ogni minuto conta nell’impegno di aiutare ogni bambino colpito dalla guerra. Raggiungerli è estremamente complicato. Lo è soprattutto nelle zone dell’Ucraina orientale dove bombardamenti e attacchi sono continui. Dall’inizio di questa guerra, l’UNICEF sta lavorando ovunque i bambini abbiano bisogno, dalla linea del fronte ai confini, ai paesi che ospitano i rifugiati.

Abbiamo garantito milioni di dollari di aiuti di emergenza a ospedali, rifugi, stazioni ferroviarie, scuole, centri per la protezione dei bambini. Abbiamo trasportato acqua sicura per oltre 1 milione di persone. Sia in Ucraina sia nei paesi vicini stiamo lavorando con i nostri programmi per raggiungere i bambini con servizi di protezione, istruzione, cure mediche e sostegno alla protezione sociale. Continueremo a fare tutto ciò che possiamo per i bambini dell’Ucraina, per rispondere ai loro bisogni urgenti e per supportare servizi sociali di base per costruire resilienza affinché possano ricostruire le proprie vite un giorno. Vorrei che questo fosse sufficiente. Ma non lo è. Solo la pace potrà ridare a questi bambini anche solo una frazione di quello che hanno perso. Fino ad allora, resteremo e ci impegneremo per i bambini e le famiglie dell’Ucraina.

Vorrei esprimere il mio apprezzamento per gli enormi sforzi dei nostri team delle Nazioni Unite sia all’interno sia fuori l’Ucraina e per la solidarietà che la Polonia e gli altri paesi che ospitano rifugiati continuano a dimostrare. Inoltre, esprimo gratitudine a tutti i nostri donatori in ogni settore. La vostra generosità ha contribuito ad aiutare e dare speranza ai bambini che stanno vivendo quest’incubo. Contiamo su di voi per aiutarci a continuare a garantire sostegno ai bambini dell’Ucraina. I bambini dell’Ucraina contano su tutti noi».

L’Appia Antica candidata a diventare Patrimonio Unesco

Il Ministero della Cultura ha avviato l’iter di candidatura della Via Appia Antica per l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. La candidatura riguarda il percorso integrale da Roma a Brindisi e comprensivo della variante traianea. L’antico asse viario, il primo concepito come via publica, fu il prototipo dell’interno sistema viario romano. Con i suoi 120.000 km di lunghezza, costituisce ancora il nerbo dell’articolata viabilità del bacino del Mediterraneo. Secondo il ministero, «le ben conservate testimonianze infrastrutturali, archeologiche architettoniche, funerarie e civili della via Appia, distribuite lungo l’intero tracciato, rappresentano un patrimonio culturale di eccezionale importanza».

Nel progetto sono coinvolti 74 comuni, 15 parchi, 12 città, 4 regioni, 25 università. Il sito Via Appia. Regina Viarum era già presente nella Lista propositiva italiana. L’obiettivo è ora quello di proporne l’iscrizione come sito seriale, tipologia prevista dall’Unesco nelle Linee guida operative della Convenzione per la protezione del Patrimonio culturale e naturale del 1972. Diversi sopralluoghi sul campo, con il supporto degli Uffici del Ministero competenti per i diversi territori, hanno individuato e perimetrato i tratti dell’antica strada, con le varianti e le diramazioni, che saranno presentati quali componenti del sito che si vuole iscrivere in quanto ritenuti maggiormente rappresentativi dell’Eccezionale Valore Universale del bene e rispondenti ai requisiti definiti dall’Unesco. Il Ministero della Cultura sta investendo importanti cifre nel restauro e nella valorizzazione di alcune evidenze archeologiche situate lungo il percorso della Via Appia Antica.

Franceschini: “Un itinerario da porre al centro del turismo lento”

«La via Appia è un itinerario da valorizzare e da porre al centro del turismo lento per rafforzare l’offerta di nuovi attrattori come i cammini e i percorsi sostenibili. Elementi, questi, fondamentali per lo sviluppo in chiave culturale delle aree interne, ma anche per la tutela del nostro patrimonio. La Regina Viarum unisce territori ricchi di uno straordinario patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico. Essa ha le caratteristiche per divenire uno dei più grandi cammini europei». Così il ministro della cultura, Dario Franceschini.

Commercio estero: export a +22,1% su base annua

Secondo l’Istat, a marzo 2022 il commercio estero extra UE registra un aumento congiunturale per entrambi i flussi, lievemente più ampio per le importazioni (+2,3%) rispetto alle esportazioni (+2,0%).

L’incremento su base mensile dell’export è dovuto soprattutto all’aumento delle vendite di beni di consumo non durevoli (+2,7%), beni strumentali (+2,2%) e beni intermedi (+2,0%). Le esportazioni di beni di consumo durevoli registrano un incremento contenuto (+0,4%) mentre quelle di energia diminuiscono (-1,3%). Dal lato dell’import, la crescita congiunturale è determinata dall’incremento degli acquisti di beni di consumo non durevoli (+4,1%), energia (+3,8%) e beni intermedi (+1,9%).

Nel primo trimestre 2022, rispetto al trimestre precedente, l’export cresce del 7,5%. L’aumento è più sostenuto per beni intermedi (+8,9%), beni di consumo non durevoli (+8,2%) e beni strumentali (+6,8%). Nello stesso periodo, l’import segna un rialzo congiunturale del 15,5%, cui contribuiscono principalmente i forti aumenti degli acquisti di energia (+25,4%) e beni intermedi (+13,7%).

A marzo 2022, l’export cresce su base annua del 22,1%. L’aumento è esteso a tutti i raggruppamenti ed è particolarmente accentuato per energia (+47,9%) e beni di consumo non durevoli (+28,0%). L’import registra una crescita tendenziale più intensa (+60,9%), anch’essa diffusa e molto elevata per energia (+176,1%).

Il disavanzo commerciale con i paesi extra Ue è pari a 515 milioni, a fronte di un avanzo di 4.806 milioni dello stesso mese del 2021. Il deficit energetico raggiunge gli 8.256 milioni (era pari a 2.673 milioni un anno prima). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici aumenta, seppur in misura contenuta: da 7.479 milioni per marzo 2021 a 7.742 milioni per marzo 2022.

Il calo delle vendite verso la Russia

A marzo 2022, il commercio estero registra aumenti su base annua dell’export verso quasi tutti i principali paesi partner extra Ue27. I più ampi riguardano Stati Uniti (+40,1%), Giappone (+40,0%) e paesi OPEC (+38,9%). Le vendite verso la Russia risultano in forte calo (-50,9%). Gli acquisti dalla Russia registrano un incremento tendenziale molto elevato (+152,8%). Particolarmente sostenuta è anche la crescita su base annua delle importazioni da paesi OPEC (+115,7%), India (+73,2%), Svizzera (+64,3%) e Cina (+58,1%). Diminuiscono le importazioni dal Regno Unito (-21,3%).

Etiopia: il generale tigrino Gebremedhin Fikadu è morto

Il generale maggiore dell’esercito etiope, Gebremedhin Fikadu (nome di battaglia Wedi Necho), è morto in circostanze misteriose in una prigione di Addis Abeba. Fikadu era stato arrestato, insieme ad altri 16 alti ufficiali dell’esercito, in seguito ad un attacco delle forze di liberazione del Tigray contro le forze di difesa nazionale etiope, avvenuto il 4 novembre 2021. Secondo la Polizia federale, in quell’occasione i militari avrebbero sabotato le comunicazioni tra il Comando Centrale dell’esercito e il reggimento settentrionale, favorendo così l’attacco tigrino. Inoltre, gli ufficiali accusati avrebbero fornito illegalmente apparecchiature di comunicazione alle forze del Tigray. Gebremedhin Fikadu era quindi accusato di tradimento.

Il generale maggiore ha servito l’Etiopia come soldato e comandante per molto tempo. Ha partecipato a missioni di pace in Liberia e Somalia. Ha inoltre ricoperto il ruolo di capo delle comunicazioni della Difesa etiope ed è stato comandante delle forze di pace etiopi in Somalia. Dall’inizio del conflitto in Tigray, le autorità etiopi hanno arrestato più di 17.000 militari tigrini, senza alcun valido motivo.

Il comunicato del Governo del Tigray

«Il governo del Tigray esprime il suo dolore per il martirio del maggiore generale Gebremedhin Fiqadu. Egli ha pagato l’ultimo sacrificio per mano del regime di Abiy Ahmed il 2 maggio 2022. Il generale Gebremedhin Fiqadu ha combattuto per la tutela della sovranità nazionale, della pace, della democrazia e dello sviluppo socioeconomico. […] Wedi Necho è stato uno dei capi militari più decorati appartenenti al popolo del Tigray. Egli è stato uno straordinario funzionario pubblico, ha prestato le sue abilità, le sue conoscenze e la sua vita per il buon completamento dei compiti e delle operazioni assegnati dal popolo e dal governo dell’Etiopia nei 27 anni successivi alla fine del regime di Derg il 28 maggio 1991.

Nonostante ciò, la cricca fascista di Abiy, che ha assunto il potere attraverso cospirazioni e sotterfugi, ha costretto l’eroico combattente per la libertà, che non aveva commesso nessun peccato se non quello di servire con onore il suo popolo e il suo paese, a languire in prigione. Lo ha ucciso. Solo a causa della sua identità trigrina. Tutti devono sapere che la cricca fascista spietata di Abiy Ahmed sarà ritenuta pienamente responsabile dell’omicidio di Wedi Necho, del generale Seare Mekonnen, del maggiore generale Gezae Abera e di centinaia di ufficiali di alto e basso livello e di soldati di identità tigraya.

L’appello alla comunità internazionale

Il governo del Tigray chiede un’inchiesta indipendente, condotta da un’entità internazionale imparziale, sulle circostanze del martirio di Gebremedhin Fiqadu. Inoltre, invita la comunità internazionale ad esercitare pressioni sufficienti per ottenere la liberazione immediata di politici e militari in carcere a causa della loro identità tigrina, criminalizzata dal Governo. Sia in passato sia ora, numerosi dirigenti civili e militari, insieme a comuni combattenti per la libertà, hanno pagato il sacrificio ultimo per garantire la sicurezza e la dignità nazionale del Tigray. Tuttavia, la gente del Tigray non ha mai ceduto nemmeno per un istante. Pertanto, il governo del Tigray non ha alcun dubbio che ogni singolo tigrino si adopererà per affrontare i molteplici problemi del nostro popolo e per vendicare la perdita di tutti i nostri eroici martiri. Gloria eterna a tutti i nostri martiri! Tenendo salda la loro eredità, decimeremo i nostri nemici! Il Tigray vincerà!».

Alberto Pizzolante

Diminuisce la fiducia dei consumatori, aumentano i prezzi al consumo

Secondo l’Istat, ad aprile 2022 vi è stata una diminuzione dell’indice del clima di fiducia dei consumatori. Esso passa da 100,8 a 100,0. Invece, l’indice composito del clima di fiducia delle imprese aumenta lievemente, passando da 105,3 a 105,5. Aumenta l’indice nazionale dei prezzi al consumo.

Tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori sono in calo, ad eccezione del clima futuro. In particolare, il clima economico scende da 98,2 a 97,3, il clima personale cala da 101,7 a 100,9 e il clima corrente registra la flessione più marcata, passando da 105,7 a 100,8. Il clima futuro aumenta da 93,5 a 98,9. Per ciò che riguarda le imprese, nell’industria manifatturiera l’indice di fiducia rimane sostanzialmente stabile (da 110,1 a 110,0). Nel comparto delle costruzioni aumenta leggermente (da 160,1 a 160,6). Anche nel commercio al dettaglio la fiducia migliora, con l’indice che sale 100,1 a 103,4. Nei servizi di mercato si registra un peggioramento (l’indice scende da 98,9 a 97,0).

L’Indice dei prezzi al consumo

Nel mese di aprile 2022, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 6,2% su base annua (da +6,5% del mese precedente).

Il rallentamento dell’inflazione su base tendenziale si deve prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, la cui crescita passa da +50,9% di marzo a +42,4%. Essa è imputabile sia ai prezzi degli energetici regolamentati (da +94,6% a +71,4%) sia a quelli degli energetici non regolamentati (da +36,4% a +31,7%). Decelerano anche i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +3,3% a +2,4%). Accelerano invece i prezzi dei beni alimentari lavorati (da +3,9% a +5,4%), quelli dei beni durevoli (da +1,6% a +2,2%), dei beni non durevoli (da +1,3% a +2,1%) e i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +1,0% a +5,1%).

Pertanto, l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +1,9% a +2,5% e quella al netto dei soli beni energetici da +2,5% a +2,9%. L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,3% per l’indice generale e a +2,1% per la componente di fondo.

Un detenuto malato di SLA è stato scarcerato dopo 12 istanze

Maximiliano Cinieri è finalmente tornato a casa. Dopo 12 istanze, quattro perizie mediche e il necessario utilizzo della sedia a rotelle, la Corte d’Appello di Torino ha concesso i domiciliari al detenuto malato di sclerosi laterale amiotrofica. Cinieri, 45 anni, era in carcere dallo scorso agosto per scontare una condanna a otto anni per estorsione. Nonostante le dodici istanze e le quattro perizie, depositate dal legale Andrea Furlanetto, il gip del Tribunale di Asti e il Tribunale del Riesame avevano sempre confermato il carcere.

In pochi mesi, Cinieri ha perso l’uso delle braccia e delle gambe. Non riesce più a nutrirsi da solo. Un compagno di cella lo aiutava a vestirsi e a nutrirsi. Nelle ultime settimane, le condizioni di salute del detenuto malato sono peggiorate. Egli, oltre ad essere ammalato di SLA, ha anche il diabete e una cardiopatia. Secondo i giudici della Corte d’appello, «le condizioni di salute di Cinieri sono da ritenersi incompatibili con la detenzione in carcere. Deve essere accolta la richiesta di sostituzione della misura cautelare in atto con gli arresti domiciliari a casa».

«Una sicura condanna a morte»

Maximiliano Cinieri era detenuto dall’aprile 2021 nel carcere Cantiello e Gaeta di Alessandria per scontare una condanna comminata in primo grado. Il dottor Gianluca Novellone, perito di parte, ha definito la sua malattia «una sicura condanna a morte. La malattia degenerativa del I e II motoneurone di tipo midollare e bulbare è particolarmente grave e fulminante. Nella maggior parte dei casi progredisce fino alla morte dopo 3-5 anni dall’esordio».

Su Facebook, Valeria Cinieri, figlia di Maximiliano, ha commentato la scarcerazione del padre con le seguenti parole: «La giustizia ha fatto il suo giusto corso finalmente, la verità viene sempre fuori. Io ringrazio vivamente chi ci ha aiutati e sostenuti. A tutti gli altri auguro di non ritrovarsi mai nella situazione in cui si è ritrovata la mia famiglia». «Anche se in ritardo, la giustizia ha fatto il suo corso. Per questo dobbiamo ringraziare i medici e i periti della Corte d’Appello che hanno guardato alle cose in maniera imparziale, come doveva essere fatto da subito», ha aggiunto la donna. «Il nostro unico obiettivo ora è di cercare di curare mio padre, assisterlo quotidianamente e fargli fare le visite di cui ha bisogno. Inizieremo delle cure sperimentali».

Alberto Pizzolante

La Russia ha effettuato esercitazioni con missili nucleari

Le forze armate russe hanno effettuato delle simulazioni di attacchi militari utilizzando missili balistici in grado di trasportare testate nucleari. Le esercitazioni sono avvenute nell’enclave occidentale di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania. Alle esercitazioni hanno partecipato più di 100 militari, che hanno anche eseguito azioni in condizioni di radiazioni e contaminazione chimica. Secondo una nota del Ministero della Difesa russo, i militari «hanno simulato lanci contro sistemi missilistici, aerodromi, presidi, scorte di armamenti e posti di comando. Dopo aver completato i lanci elettronici tesi a scongiurare un potenziale contrattacco, le truppe hanno effettuato una manovra di ridispiegamento in una nuova aerea».

L’esercitazione con missili balistici nucleari ha fatto parte delle operazioni previste dal sistema di allerta delle forze nucleari, messo in atto dal Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Il 20 aprile, la Russia ha testato un nuovo missile armato di testate nucleari, il missile balistico intercontinentale Sarmat. Secondo Mosca, quest’arma sarebbe «capace di incenerire le principali capitali europee». La nuova arma sarebbe in grado di raggiungere Berlino in soli 106 secondi partendo da Kaliningrad, la località in cui si sono svolte le esercitazioni odierne. «Quest’arma unica, realizzata interamente con componenti create in Russia, proteggerà la sicurezza della nazione da ogni minaccia esterna», ha dichiarato Vladimir Putin.

Le esercitazioni della Bielorussia

Secondo il Ministero della Difesa della Gran Bretagna, anche le forze armate di terra bielorusse si stanno schierando sul campo per delle esercitazioni. Secondo l’intelligence britannica, «la Bielorussia entra nel culmine del suo ciclo di esercitazioni invernali nel mese di maggio. La Russia probabilmente cercherà di ingigantire questa minaccia posta sugli ucraini dalle esercitazioni. Questo per far sì che le forze ucraine si concentrino nel Nord, evitando così che vengano impegnate nella battaglia per il Donbass». Al momento, non è prevista una «deviazione dalla normale attività di esercitazione che possa porre una minaccia ad alleati e partner».

Unione Europea: scontro sull’embargo al petrolio russo

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato il nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia che prevede l’esclusione dal circuito Swift di Sberbank e di altre due grandi banche. «Questo – ha dichiarato von der Leyen – solidificherà il completo isolamento del settore finanziario russo dal sistema globale. Proponiamo un divieto totale d’importazione di tutto il petrolio russo, via mare e via oleodotto, greggio e raffinato. Il futuro dell’Unione Europea è scritto anche in Ucraina».

«La prossima settimana si celebra la Giornata dell’Europa, il 72mo compleanno della nostra Unione. Questa Giornata – ha aggiunto Ursula von del Leyen – sarà tutta dedicata all’Unione del futuro: su come la rendiamo più forte, più resistente, più vicina ai suoi cittadini. Ma non possiamo dare da soli la risposta a tutte queste domande. Oggi escludiamo da Swift Sberbank, di gran lunga la più grande banca della Russia, e altre due grandi banche. Con questo, colpiamo le banche che sono cruciali per il sistema finanziario russo e la capacità di Putin di creare distruzione. Questo solidificherà il completo isolamento del settore finanziario russo dal sistema globale».

«Eliminare il petrolio russo non sarà facile, ma dobbiamo semplicemente farlo»

Per ciò che riguarda il petrolio, la presidente ha affermato: «Ci assicureremo di eliminare gradualmente il petrolio russo in modo ordinato, in modo da permettere a noi e ai nostri partner di assicurare vie di approvvigionamento alternative e di ridurre al minimo l’impatto sui mercati globali. Questo è il motivo per cui elimineremo gradualmente il greggio russo entro sei mesi e i prodotti raffinati entro la fine dell’anno. Quando i leader si sono incontrati a Versailles, hanno concordato di eliminare gradualmente la nostra dipendenza dall’energia russa. Nell’ultimo pacchetto di sanzioni, abbiamo iniziato con il carbone. Ora stiamo affrontando la nostra dipendenza dal petrolio russo.

Cerchiamo di essere chiari: non sarà facile. Alcuni Stati membri sono fortemente dipendenti dal petrolio russo. Ma dobbiamo semplicemente farlo. Oggi sanzioniamo ufficiali militari di alto livello e altri individui che hanno commesso crimini di guerra a Bucha e che sono responsabili dell’assedio disumano della città di Mariupol, mandando un altro importante segnale a tutti i responsabili della guerra in Russia: sappiamo chi siete e sarete ritenuti responsabili».

L’Ungheria eserciterà il diritto di veto

La riunione dei rappresentanti permanenti dei 27 Paesi (Coreper) è terminata senza un’intesa sulle proposte presentate dalla Commissione. L’Ungheria ha annunciato che non sosterrà la proposta dell’Unione Europea per un embargo graduale sul petrolio russo. Secondo il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, il governo ungherese non vede «alcun piano o garanzia su come una transizione potrebbe essere gestita sulla base delle proposte attuali e su come sarebbe garantita la sicurezza energetica dell’Ungheria». Alla Bbc, Kovacs ha aggiunto che l’Ungheria eserciterà il diritto di veto: «Alla fine bisogna ricordare come funziona l’Ue. La proposta arriva da Bruxelles, che è il centro amministrativo, burocratico dell’Unione Europea, non dei Paesi membri».

Il ministro delle Finanze bulgaro, Assen Vassilev, ha dichiarato che «dal punto di vista puramente tecnologico, la Bulgaria può fare a meno del petrolio russo, ma ciò aumenterebbe notevolmente il costo dei carburanti nel Paese. Pertanto, se la Commissione europea consente eccezioni dell’embargo petrolifero, anche la Bulgaria eserciterà il diritto di chiederle». La Bulgaria dipende per oltre il 90% dal petrolio russo.

La posizione dell’Ucraina

Dura la posizione espressa ministro degli Esteri ucraino sull’ipotetico embargo europeo al petrolio russo. «Chi, tra i Paesi dell’Unione europea, si oppone all’embargo al petrolio e al gas russi è, di fatto, complice dei crimini commessi dalla Russia in Ucraina», ha affermato il ministro. «Ci troviamo davanti a una situazione assurda. La Ue sta sostenendo l’Ucraina con una mano, fornendo assistenza finanziaria, imponendo varie sanzioni alla Russia, mobilitando risorse per fornire armi all’Ucraina e allo stesso tempo continuando a pagare la Russia per il gas e il petrolio, alimentando così la sua macchina militare con miliardi di euro».

Una legge per aiutare le sale cinematografiche

Il ministro della cultura, Dario Franceschini, sta elaborando una legge che tuteli le sale cinematografiche. Lo ha annunciato lo stesso ministro durante la cerimonia di presentazione al Quirinale dei candidati ai premi “David di Donatello”.

«Viviamo in un tempo segnato da eventi drammatici, come la pandemia e la guerra. Eppure abbiamo attraversato questo tempo difficile con un mondo dell’audiovisivo che non si è mai fermato e ha conosciuto anzi una stagione di crescita dirompente», ha dichiarato Dario Franceschini. «In Italia, – ha continuato Franceschini – grazie a misure come il tax credit abbiamo avuto un periodo di grande dinamismo imprenditoriale che abbiamo il dovere di continuare a rafforzare e incoraggiare. Una vivacità che sarà trainante anche per la ripresa generale.

Gli interventi attuati e da attuare

Il governo è consapevole dell’importanza del settore, e lo dimostra con gli investimenti fatti: il fondo del Cinema è passato da 150 milioni nel 2014, a 400 milioni nel 2017 e quest’anno sono quasi 750. Nel Pnrr quasi 7 miliardi sono destinati alla cultura. È previsto un grande investimento da 300 milioni su Cinecittà, che ambisce a diventare sempre più un riferimento europeo. Non dobbiamo ignorare le criticità. Se dal lato delle produzioni e dei contenuti abbiamo un incremento straordinario, c’è una crisi vera che riguarda le sale che dobbiamo sostenere con misure adeguate.

Le sale cinematografiche sono luoghi di aggregazione, presidi culturali e luoghi di socialità. Per questo stiamo lavorando a un intervento normativo che stabilisca un sistema di finestre che non valga soltanto per i film italiani sostenuti dallo Stato ma in generale per tutti i film. In più vogliamo incrementare risorse e investimenti per la modernizzazione delle sale perché siano luoghi immersivi, polifunzionali in cui vivere un esperienza più estesa di quella della sola visione del film. Ci aspetta un tempo di sfide. Sfide complicate, che affronteremo con fiducia e coraggio. Del resto le sfide sono sempre entusiasmanti. Il 2022 sarà un anno entusiasmante per il mondo del cinema».