giovedì, Maggio 8, 2025
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Il Manifesto dell’Università inclusiva

L’UNHCR ha proposto alle Università italiane un Manifesto dell’Università Inclusiva. L’obiettivo è di favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria e promuovere l’integrazione sociale e la partecipazione attiva alla vita accademica. Le Università che aderiranno al documento si impegnano ad intraprendere o ad ampliare attività e programmi a favore degli studenti rifugiati. Attraverso l’adesione al Manifesto, inoltre, le Università concorrono alla realizzazione della “terza missione”. Favoriscono quindi la valorizzazione e l’impiego della conoscenza per contribuire allo sviluppo sociale, culturale ed economico della Società. Secondo l’UNHCR, nel 2018 il numero di rifugiati che hanno avuto accesso all’istruzione universitaria è salito dall’1 al 3 per cento. Tuttavia, considerando la percentuale a livello globale del 37%, la difficoltà per i rifugiati di accedere ad opportunità di istruzione superiore continua ad essere drammatica.

I principi generali

Le Università e gli istituti di ricerca firmatari del Manifesto si riconoscono nei seguenti principi generali:

  • Uguaglianza e non discriminazione. Si promuove il pieno rispetto della persona umana senza distinzioni di genere, di nazionalità, di provenienza e nel rispetto delle diversità, evitando ogni forma di discriminazione ed esclusione e garantendo eguale accesso ai servizi ed eguali opportunità di carriera per gli studenti, i ricercatori e i docenti rifugiati, con particolare riguardo all’inclusione di donne e ragazze rifugiate;
  • Accoglienza. Si favorisce una cultura accademica basata sull’ospitalità e sull’accoglienza, promuovendo l’integrazione di docenti, ricercatori e studenti di diverse provenienze […];
  • Conoscenza. Si promuove la conoscenza scientifica dei temi legati alle migrazioni forzate, alla protezione internazionale e all’asilo, al fine di diffondere maggiore consapevolezza sulla situazione dei Paesi di origine, sulle cause delle migrazioni e sui diritti fondamentali dei rifugiati […];
  • Integrazione. Si promuove nell’ambiente accademico l’integrazione, intesa come processo bidirezionale dinamico e articolato, che vede attivamente coinvolti sia i docenti, i ricercatori e gli studenti stranieri, i quali devono essere preparati ad integrarsi pur senza rinunciare alla propria identità culturale, sia le comunità locali e le istituzioni scolastiche, che hanno il compito di sviluppare politiche e programmi sensibili ai bisogni di una popolazione differenziata, con particolare riguardo alla condizione specifica dei rifugiati;
  • Valorizzazione delle differenze. Si facilitano le occasioni di conoscenza reciproca tra studenti, ricercatori e docenti italiani e rifugiati, nell’ottica di promuovere un clima di scambio, inclusione e senso di appartenenza condiviso […];
  • Partecipazione. Si favorisce la partecipazione attiva dei rifugiati alla vita accademica, facilitando la costituzione di associazioni di studenti e ricercatori rifugiati, e coinvolgendo tali rappresentanze in momenti di confronto pubblico ed altri eventi dell’istituto.

I punti programmatici

Le Università e gli istituti di ricerca:

  • promuovono l’accesso alle informazioni utili e aggiornate relative allo status di protezione internazionale, […] e alle implicazioni dello status giuridico rispetto all’accesso all’istruzione […];
  • forniscono informazioni e assistenza ai rifugiati nella fase di iscrizione. Inoltre forniscono informazioni sulle borse di studio disponibili per titolari di protezione internazionale […];
  • predispongono servizi di orientamento e tutoraggio […] per studenti e ricercatori rifugiati;
  • favoriscono l’accesso degli studenti rifugiati a tirocini formativi e stage, in Italia e all’estero, al fine di facilitare il loro futuro ingresso nel mondo lavorativo;
  • si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti utili per l’istituzione di un meccanismo equo, trasparente ed efficace per il riconoscimento dei diplomi, dei certificati e di altri titoli conseguiti all’estero dai titolari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, anche in assenza di certificazione da parte dello Stato dove è stato conseguito il titolo;
  • forniscono informazioni e assistenza ai rifugiati per quanto riguarda le procedure di riconoscimento di titoli e qualifiche conseguiti all’estero. Le istituzioni non possono esigere dai rifugiati alcuna prestazione che comporti il ricorso alle autorità del Paese di origine.

Corridoi umanitari per studenti, docenti e ricercatori rifugiati

Le Università e gli istituti di ricerca:

  • mettono a disposizione borse di studio per studenti e ricercatori titolari di protezione internazionale, e altri incentivi rivolti, ad esempio, al supporto al vitto e all’alloggio, al sostegno allo studio e alla mobilità urbana […];
  • promuovono attività di tutoring, anche con il coinvolgimento degli studenti e di associazioni attive sul territorio, per sostenere i rifugiati nel proprio percorso accademico e di integrazione locale […];
  • possono prevedere annualmente, sulla base di procedure di selezione e registrazione stabilite dai singoli istituti, l’ingresso di quote di studenti rifugiati residenti in Paesi Terzi, al fine di favorire vie di ingresso legale complementari per rifugiati e facilitare la loro integrazione nella società e nell’ambiente accademico;
  • promuovono la partecipazione alla vita accademica di studenti e ricercatori rifugiati, anche supportandoli nella costituzione di loro associazioni;
  • si impegnano a coinvolgere le associazioni di rifugiati in dibattiti ed eventi pubblici, organizzati dagli atenei, anche sui temi legati alla protezione internazionale.

UNHCR ha pubblicato l’elenco delle Università aderenti al Manifesto.

Quattro morti sul lavoro in una settimana

Questa settimana, in Italia sono avvenute quattro terribili morti sul lavoro.

Giovedì 7 aprile a Roascio, in provincia di Cuneo, un uomo di 59 anni è caduto da un’impalcatura mentre stava lavorando. Domenico Manuello, dipendente di una ditta edile di Ceva, stava lavorando in un cantiere presso un’abitazione privata. L’uomo è caduto da un’altezza di 5 metri. Sono dieci le morti sul lavoro in Piemonte dall’inizio del 2022.

Poche ore dopo a Villanova Mondovì, sempre in provincia di Cuneo, è deceduto Christian Lori, un operaio di 49 anni di Genova. L’uomo è morto in una cava, schiacciato in una macchina insacchettatrice, incastrato tra i rulli. Il decesso è avvenuto nella sede di una multinazionale che si occupa di prodotti per l’edilizia.

Domenica 10 aprile a Telgate, in provincia di Bergamo, è morto un uomo di 79 anni, titolare di un’officina meccanica. Giuseppe Finazzi è rimasto incastrato in un macchinario, dopo che uno dei suoi indumenti si è impigliato.

Ieri sera Cusago, in provincia di Milano, un uomo di 46 anni è morto cadendo da un’altezza di circa 5 metri. Floriano Ursu stava eseguendo dei lavori di manutenzione sulla facciata della sede di un’impresa. La tragedia è avvenuta in viale Europa. 

Sparatoria a New York: le dichiarazioni della polizia

Il capo della polizia di New York, Keechant Sewell, ha convocato una conferenza stampa per aggiornare circa la sparatoria avvenuta poche ore fa nella metropolitana di New York: “Nessuna delle persone rimaste ferite è in pericolo di vita. Non conosciamo il motivo della sparatoria, non escludiamo nulla ma non è un incidente terroristico. Non ci sono dispositivi esplosivi nella metropolitana“.

La tranquillità e la normalità sono state interrotte, brutalmente interrotte, da un individuo freddo e senza cuore che non si è preoccupato degli individui che ha aggredito mentre svolgevano semplicemente la loro vita quotidiana. Questo individuo è ancora a piede libero. Questo persona è pericolosa“. Lo ha dichiarato la governatrice di New York, Kathy Hochu.

Il portavoce del sindaco di New York ha affermato: “Mentre raccogliamo informazioni, chiediamo ai residenti di tenersi alla larga dall’area per loro sicurezza e per facilitare le indagini“. Il presidente degli USA, Joe Biden, ha ricevuto informazioni sugli spari alla stazione di Brooklyn e sugli ultimi sviluppi della vicenda. La polizia sta cercando l’autore della sparatoria, un afroamericano alto un metro e 60 centimetri e di circa 90 kg. L’uomo era vestito come un dipendente della metropolitana e indossava una maschera antigas.

New York: sparatoria nella metropolitana

Diverse persone sono state ferite a colpi di arma da fuoco in una stazione della metropolitana a Brooklyn, a New York City. Lo ha comunicato il Dipartimento dei vigili del fuoco di New York. L’episodio è avvenuto nella stazione della 36th Street a Sunset Park.

Su Twitter, Derek French ha pubblicato una foto che mostra diverse persone a terra. Le persone sarebbero state ferite da corpi di arma da fuoco e, forse, anche da un’esplosione.

La polizia sta cercando l’autore della sparatoria, un afroamericano alto un metro e 60 centimetri e di circa 90 kg. L’uomo era vestito come un dipendente della metropolitana e indossava una maschera antigas. Non sono stati forniti ulteriori dettagli.

GLI AGGIORNAMENTI

Russia, le prime condanne per contrastare il dissenso

Secondo Amnesty International, nei primi 30 giorni dall’invasione dell’Ucraina in Russia le autorità hanno indagato almeno 60 persone che hanno manifestato pacificamente contro la guerra o hanno criticato la decisione del governo di avviarla. Le accuse nei loro confronti variano dal discredito nei confronti delle forze armate al terrorismo, fino alla dissacrazione di luoghi sacri. Nove persone sono in carcere in Russia, tre sono agli arresti domiciliari. Il 4 marzo, la Duma ha approvato una legge per punire la diffusione delle notizie false su qualsiasi genere di attività svolta da rappresentanti del governo russo, comprese le forze armate. Dieci persone sono accusate di averla infranta. Rischiano fino a 10 anni di prigione, che possono diventare 15 se le loro parole o ciò che hanno scritto hanno causato gravi conseguenze.

Gli indagati

Il 16 marzo Veronika Belotserkovskaya, una blogger con 850.000 follower su Instagram che si occupa di gastronomia, ha ricevuto un’incriminazione per “aver consapevolmente diffuso false informazioni in merito alle forze armate russe, utilizzate per distruggere le città e la popolazione civile dell’Ucraina, compresi i bambini“. Sergey Klokov, funzionario tecnico del dipartimento di Polizia di Mosca, è stato arrestato il 18 marzo. L’accusa rivolta nei suoi confronti è di aver diffuso “notizie false” nel corso di telefonate con persone residenti in Crimea. Andrey Boyarshinov, un attivista di Kazan, ha subito l’accusa di aver “giustificato il terrorismo”. Dovrà scontare due mesi di arresti domiciliari per aver pubblicato messaggi contro la guerra su un canale Telegram.

Il 22 marzo, Aleksandr Nevzorov, un giornalista, ha ricevuto l’accusa di aver diffuso “notizie false”. Nevzorov aveva denunciato, in un post su Instagram, gli attacchi russi contro l’ospedale ginecologico di Mariupol. Il 24 marzo Irina Bystrova, insegnante d’arte di Petrozavdosk, è stata accusata di diffusione dello stesso reato e di “giustificazione del terrorismo”. L’insegnante aveva pubblicato alcuni post contro la guerra sulla piattaforma social VKontakte. Sotto indagine anche Izabella Yevloyeva, giornalista della repubblica dell’Inguscezia. La donna ha definito sui social media la lettera Z come “sinonimo di aggressione, morte, sofferenza e vergognosa manipolazione“.

Nove attivisti e artisti di strada sono sotto indagine per aver disegnato graffiti “motivati dall’odio”. Rischiano fino a tre anni per aver utilizzato frasi come “La guerra è la fine del buon senso“. Il 23 marzo un attivista di San Pietroburgo, Nikolay Vorotynov, è stato arrestato per aver disegnato la bandiera ucraina sopra un obice della Seconda guerra mondiale in un museo di guerra all’aria aperta.

Il cesso di Pandora e il surrealismo dei Gordi

Seconda incursione nel giro di un mese per la compagnia Teatro dei Gordi, che dopo Visite, torna in cartellone al Teatro Franco Parenti di Milano, questa volta con Pandora. Uno spettacolo che conferma il teatro dei Gordi tra le proposte più interessanti del panorama attuale.

Il nonluogo di Pandora

Un’autostrada, uno svincolo, una sala d’aspetto, una stazione: sono esempi di nonluoghi, di luoghi cioè che non appartengono a nessuno, ma con cui l’individuo intrattiene una relazione provvisoria, fatta di consumo e di transito. Il palcoscenico di Pandora della compagnia Teatro dei Gordi è la potente sintesi di un nonluogo: un cesso pubblico. Se dunque nella mitologia greca tutti i mali del mondo sono affidati ad un nefasto vaso e ad una incauta ragazza, nel modo supermoderno i peccatucci, le nevrosi e le sconcerie si scoperchiano al bagno, luogo per definizione in cui ci si cala le braghe e si fa i conti con la praticità della nostra condizione.

Lo spettacolo

Sul palco, quindi, transitano molte esistenze. Ad esempio, si incrociano e si schivano ballerini, commessi, operai, uomini d’affari, donne facoltose, stranieri, giovani e vecchi. Da sottolineare in questo il gran lavoro degli attori, che fanno sfoggio di diverse lingue europee e che sono chiamati al ritmo per sostenere i molti cambi di costume e di personaggio. Ciò nonostante la parola non è il motore drammaturgico, ma, ridotta al minimo, supporta la caratterizzazione del personaggio.

Lo spettacolo produce infatti immagini concrete e vivaci, e tipi umani ben riconoscibili, che, colti nel loro privato, raccontano delle molte strade della vita. Di più: è ammaliante vedere restituita la défaillance, il momento di pausa, il rimosso di ogni giorno: insomma, il fuori scena delle nostre vite. E tuttavia Pandora è allegro, vivace, giocoso; induce alla risata sguaiata come al sorriso, non ha paura di mostrare la carne e l’osceno, ma non risulta mai volgare. Anzi, probabilmente è uno spettacolo profondamente empatico (nei confronti di noi animaletti razionali, si intende).

Infine, si lascia apprezzare una regia che non cerca l’invenzione dell’assurdo a tutti i costi per stupire, che non scuote le acque per dare l’impressione di un mare mosso. Al contrario, di questa pièce conquista la semplicità con cui le situazioni naturalmente fluiscono e defluiscono dalla scena. Con un farsi a volte onirico, a volte surreale, cioè più vero del vero, come quando il cielo rimane azzurro ben oltre l’accensione dei lampioni (sic), o come quando si sogna senza dormire.

Federico Demitry

PANDORA – Teatro dei Gordi

di e con Claudia Caldarano, Cecilia Campani, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza

Ideazione e regia Riccardo Pippa

DRAMATURG Giulia Tollis

MASCHERE E COSTUMI Ilaria Ariemme

SCENE Anna Maddalena Cingi

DISEGNO LUCI Paolo Casati

SUONO Luca De Marinis

RESPONSABILE TECNICO Alice Colla

PRODUZIONE TEATRO FRANCO PARENTI, TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE, IN COLLABORAZIONE CON TEATRO DEI GORDI

Crimini di guerra in Ucraina: le testimonianze

Amnesty International ha pubblicato alcune testimonianze di esecuzioni extragiudiziali di civili ucraini e di crimini di guerra compiuti dall’esercito russo. I ricercatori di Amnesty hanno intervistato oltre 20 persone di città e villaggi nei pressi di Kiev. “Nelle ultime settimane abbiamo raccolto prove di esecuzioni extragiudiziali e di altre uccisioni illegali da parte delle forze russe. Molte di queste prove devono essere indagate come probabili crimini di guerra. Stiamo parlando di atti di inspiegabile violenza e di sconvolgente brutalità, come le uccisioni di civili privi di armi nelle loro case o in strada. L’uccisione intenzionale di civili è una violazione dei diritti umani e un crimine di guerra. Queste morti devono essere indagate e i responsabili devono essere processati lungo tutta la catena di comando“, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Le testimonianze

Kateryna Tkachova ha 18 anni. Il 3 marzo era nella sua abitazione di Vorzel insieme ai suoi genitori quando ha visto arrivare i carri armati russi con la lettera Z. I suoi genitori sono andati in strada, chiedendo a Kateryna di rifugifarsi in cantina. Dopo un po’, ha udito dei colpi d’arma da fuoco. “Dopo che i carri armati se n’erano andati via, ho scavalcato la recinzione della casa dei vicini per vedere se erano ancora vivi. Mia madre era a terra, sulla schiena, da un lato della strada. Mio padre era dall’altro lato, a testa in giù. Si vedevano grandi fori sul suo cappotto. Il giorno dopo sono andata a recuperarli: mio padre aveva sei grandi fori, mia madre uno più piccolo all’altezza del petto.“.

I genitori di Kateryna erano in abiti civili e privi di armi. Il 10 marzo un volontario che si occupava delle evacuazioni dalle zone intorno a Kiev ha aiutato la ragazza a lasciare Vorzel. In un video validato da Amnesty International si vedono il volontario e Kateryna scrivere su due pezzi di cartone i nomi dei genitori, la data di nascita e quella di morte e deporli accanto ai corpi, su cui erano state adagiate delle coperte.

“Sparato in testa perché non aveva delle sigarette”

La sera del 9 marzo una donna di 46 anni di Bohdanivka ha sentito degli spari provenienti dalla finestra del piano inferiore della propria casa. Lei e il marito hanno gridato che erano civili e che non avevano armi. Due dei soldati russi entrati in casa hanno spinto i quattro inquilini nel locale caldaia.

Ci hanno spinti dentro e hanno chiuso la porta. Un minuto dopo l’hanno aperta e hanno chiesto a mio marito se avesse delle sigarette. Lui ha risposto che erano due settimane che non fumava. Allora prima gli hanno sparato al braccio destro, poi alla testa. Non è morto subito: dalle 21.30 alle 4 del mattino dopo respirava ancora anche se non era cosciente. Lo supplicavo, dicendogli: ‘Se mi senti, muovi un dito’, ma non reagiva. Quando ha respirato l’ultima volta, mi sono girata verso nostra figlia e le ho detto che il papà era morto..

La donna e sua figlia sono fuggite da Bohdanivka il giorno dopo, lasciandosi alle spalle la suocera ottantunenne, con problemi di mobilità, che viveva con loro.

Rassegna parlamentare: 27 marzo – 10 aprile

Tra le novità principali dei lavori del Parlamento, la “Legge Saman”, il riconoscimento delle peculiarità delle isole e la peste suina africana.

Riconoscimento insularità

L’iniziativa di modifica costituzionale dell’articolo 119 della Costituzione, derivante da una legge di iniziativa popolare, consiste nell’aggiunta dopo il quinto comma della seguente frase:

«La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità».

Inizialmente però, il contenuto della modifica doveva essere il seguente, ma è stato modificato con un emendamento in sede di Commissione Affari Costituzionali del Senato:

«Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire un’effettiva parità e un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili».

Nella colonna 1 il testo attuale del comma 5 dell’art.119 della Cost.; al centro la modifica che avverrebbe con questa proposta di legge; nella colonna 3 invece la versione precedente del comma 5, prima della riforma dell’articolo V del 2001 in materia di poteri alle regioni

Sicuramente vivere nelle isole per un cittadino italiano vuol dire affrontare delle problematiche in termini di trasporti e in termini lavorativi, a causa di una ridotta variabilità di professioni presenti; ma anche differenze in termini di ambiente e clima. Pertanto, questo testo nasce con l’obiettivo di impegnare lo Stato a fare di più per Sicilia e Sardegna. Essendo una modifica costituzionale, il testo deve essere approvato senza modifiche due volte alla camera e due volte al Senato. In data 30 marzo la Camera ha approvato in seconda lettura il testo, che quindi ora viene assegnato nuovamente al Senato.

Legge Saman

Il disegno di legge concernente il “Rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio” nasce proprio dal caso dell’omicidio della giovane Saman Abbas. La giovane ragazza pakistana sarebbe stata uccisa dallo zio dopo essersi opposta al matrimonio combinato che era stato previsto per lei. Il testo introduce il reato di matrimonio forzato all’elenco dei reati che prevedono il rilascio allo straniero del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica, disciplinato dall’articolo 18-bis del testo unico immigrazione. Il reato di matrimonio forzato si colloca nell’art. 558-bis del codice penale e prevede la reclusione da uno a cinque anni, che aumenta nel caso di minori di anni 18 e 14.

Se si pensa che questo caso di cronaca nera risale ad aprile 2021, si può dire che questo testo è una buona risposta da parte dello stato, nella speranza si possa dare una degna sepoltura alla giovane ragazza, la cui famiglia ha deciso di punire in nome di regole religiose. Ora il testo passa all’esame del Senato per la lettura definitiva.

Per approfondimenti si rimanda al dossier legislativo dell’ufficio studi della Camera.

Peste suina africana

Nei mesi di gennaio e febbraio le regioni Piemonte e Liguria hanno dovuto affrontare la diffusione della peste suina africana (PSA), una malattia infettiva che causa la morte di maiali e cinghiali e non trasmissibile all’uomo. Ciò provoca gravi conseguenze economiche in quelle aree del paese dove l’allevamento, la produzione di alimenti e la caccia ruotano attorno ai suini. Il testo, che ha ricevuto il via libera tre giorni fa, è un decreto legge del Ministero della Salute, Agricoltura e Transizione Ecologica.

L’articolo 1 prevede l’adozione di un piano regionale per la gestione dell’emergenza. C’è il divieto di entrare in contatto con qualsiasi esemplare, sia vivo sia morto, nel raggio di alcuni chilometri dall’avvistamento delle prime carcasse. L’articolo 2 poi prevede l’istituzione di un Commissario straordinario, che avrà il compito di coordinare i servizi veterinari e verificare la regolarità dell’abbattimento degli animali infetti o della distruzione delle carcasse rinvenute. Inoltre, il Commissario potrà provvedere all’istituzione di recinzioni idonee al contenimento dei cinghiali selvatici.

Paolo Abete

Elezioni in Francia: il sistema elettorale

Giornata di elezioni presidenziali in Francia. Le urne sono aperte dalle 8 e chiuderanno alle 19 in provincia e alle 20 a Parigi e in altre grandi città. Sono 48,7 milioni gli elettori registrati, cioè il 95% della popolazione francese con diritto di voto. Sono 12 i candidati in corsa. Il ballottaggio si terrà, con gli stessi orari, domenica 24 aprile.

In Francia, il capo dello Stato è eletto a suffragio universale diretto, a scrutinio uninominale maggioritario a due turni. È eletto il candidato che ha ricevuto la maggioranza assoluta dei voti. Il mandato del presidente dura cinque anni ed è rinnovabile una sola volta. Ogni cittadino francese maggiorenne può candidarsi raccogliendo 500 firme di rappresentanti eletti, cioè deputati, senatori, sindaci, consiglieri comunali e regionali o presidenti di dipartimenti. Il Presidente nomina il capo del governo, può sciogliere l’Assemblée Nationale e può indire un referendum. Il Presidente è il capo delle forze armate e può autorizzare un attacco nucleare. Egli ratifica i trattati internazionali e accredita gli ambasciatori.

Le spese della campagna elettorale non devono superare i 17 milioni di euro al primo turno e i 23 milioni di euro al ballottaggio. Possono esserci donazioni da parte dei partiti politici o da individui fino ad un massino, in questo caso, di 4.600 euro. Aziende ed enti stranieri non possono finanziare la campagna elettorale. Una percentuale della spesa è rimborsata dallo Stato. Il requisito per ottenere un rimborso è l’aver ottenuto almeno il 5% dei voti espressi al primo turno. Nelle due ultime settimane di campagna elettorale, i media devono rispettare il principio di “uguaglianza”, cioè lo spazio concesso ad un candidato deve essere uguale, dal punto di vista temporale, a quello concesso agli altri, al di là dei sondaggi.

Le previsioni sulle elezioni in Francia

Secondo il sondaggio Elabe il presidente uscente, Emmanuel Macron, de La République En Marche (centro), è in testa con il 26% dei voti. Marine Le Pen, del Rassemblement National (destra nazionalista e sovranista), è al 25%. Jean-Luc Mélenchon, della France Insoumise (sinistra radicale), è al 17,5%.

Tigray: la situazione umanitaria è sempre più grave

Giovedì 24 marzo, il governo dell’Etiopia ha dichiarato una tregua umanitaria a tempo indeterminato con effetto immediato nella regione settentrionale del Tigray. Il governo del Tigray ha accettato l’accordo di cessazione temporanea delle ostilità, con l’obiettivo di facilitare la fornitura di aiuti umanitari sufficienti e tempestivi alla popolazione della regione. Secondo il governo etiope, la tregua umanitaria avrebbe consentito “il libero flusso di aiuti umanitari a coloro che necessitano di assistenza“. Il Presidente etiope Abiy Ahmed dichiarò che la tregua avrebbe permesso l’attuazione di “misure straordinarie per salvare vite umane”. L’Ufficio Affari esteri del Tigray ha comunicato che, nelle ultime due settimane, solo 26 camion di forniture sono giunti nell’area.

La denuncia del governo del Tigray

Secondo il governo tigrino, “questo fornisce la prova inconfutabile che l’accordo di cessazione delle ostilità viene usato per intensificare il brutale blocco totale del Tigray. Le autorità etiopi continuano a sfornare un ritmo vertiginoso di false dichiarazioni, sostenendo che in Tigray stiano aumentando gli aiuti umanitari. Alcuni membri della comunità internazionale, in chiaro disprezzo dei loro doveri legali, morali e professionali, stanno facendo eco alle narrazioni fittizie del regime di Abiy. Anche loro affermano, falsamente, che la continua consegna di aiuti umanitari nel Tigray deve essere incoraggiata. Questi membri della comunità internazionale, esaltando le virtù di un cambiamento inesistente, sono complici del blocco degli aiuti umanitari e della conseguente diffusione di fame e malattie.

Il governo del Tigray chiede con forza di porre fine a queste dichiarazioni irresponsabili. Oltre ad essere una crudele falsità a spese delle vittime di una sconcertante calamità umanitaria causata dall’uomo, fare tali affermazioni equivale anche ad essere complici di un crimine internazionale. La consegna degli aiuti umanitari senza alcun ostacolo dovrebbe essere svincolata dalle questioni politiche“. Il governo tigrino chiarisce che “se l’accordo di cessazione delle ostilità non può dar luogo al flusso di aiuti senza ostacoli, esso ha superato la sua utilità. È, ipso facto, privo di qualsiasi significato.

Il governo del Tigray esige “la fine delle affermazioni fuorvianti e false riguardo aiuti umanitari che non sono stati consegnati“. Chiede alla comunità internazionale di esercitare “un’adeguata pressione sul regime al fine di porre fine ai giochi di parole. Ritiene necessario “ripristinare i servizi sociali vitali interrotti“. Infine, il governo del Tigray ribadisce il suo impegno a fare tutto ciò che è in suo potere “per facilitare la consegna di aiuti umanitari senza restrizioni nell’area. Il Tigray prevarrà“.

Alberto Pizzolante