giovedì, Maggio 8, 2025
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Una piattaforma europea per l’acquisto di energia

Giovedì 7 aprile si è riunita per la prima volta la piattaforma europea per gli acquisti comuni di gas, Gnl e idrogeno. La piattaforma europea è stata creata dalla Commissione. Sarà uno strumento importante per l’approvvigionamento energetico dell’Unione a prezzi accessibili. Lo scopo è di eliminare gradualmente la dipendenza dal gas russo. Alla riunione hanno partecipato i rappresentanti dei 27 stati membri. L’incontro è stato presieduto dalla direttrice generale per l’energia, Ditte Juul Jorgensen.

La piattaforma sarà un meccanismo di coordinamento volontario che riunirà la Commissione e gli Stati membri, sostenendo l’acquisto di gas e idrogeno per l’Unione. Si farà, così, un uso ottimale del peso politico e di mercato collettivo dell’Ue. La piattaforma contribuirà a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, in particolare per il riempimento degli impianti di stoccaggio del gas in tempo per il prossimo inverno. Si adopererà anche per un uso ottimale dell’infrastruttura del gas esistente. Rafforzerà la cooperazione a lungo termine con i principali partner di approvvigionamento, estendendosi anche all’idrogeno e alle energie rinnovabili.

La piattaforma si baserà sulle attuali iniziative politiche dell’Ue con gli Stati membri, i gestori dei sistemi di trasmissione, le associazioni e gli operatori del mercato. Si avvarrà delle strutture di coordinamento esistenti per la sicurezza dell’approvvigionamento e della valutazione regionale dell’infrastruttura energetica. La Commissione gestirà la piattaforma che copre tutti gli aspetti della catena del valore, della domanda e dell’offerta a livello mondiale, dei meccanismi di mercato, delle infrastrutture e della sicurezza dell’approvvigionamento.

Puntare sulle rinnovabili e sulla diversificazione dell’approvvigionamento

È evidente che l’Unione europea dipende troppo dalla Russia per le nostre esigenze energetiche. La risposta sta nelle energie rinnovabili e, a più breve termine, nella diversificazione dell’approvvigionamento. Attraverso la piattaforma di acquisto dell’energia dell’Ue, gli Stati membri possono ora collaborare per l’acquisto di gas da altri fornitori e per lo sviluppo di un mercato internazionale dell’idrogeno, a beneficio di tutti i paesi“, ha dichiarato il vicepresidente esecutivo per il green deal, Frans Timmermans. Secondo la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, “l’Ue deve usare il suo potere politico e di mercato collettivo sui mercati globali del gas. Con la piattaforma energetica dell’Ue, ci avvaliamo dell’esperienza acquisita negli ultimi mesi per garantire un approccio europeo coordinato per garantire le importazioni di gas alle migliori condizioni possibili“.

L’impegno dell’Italia a difesa della cultura ucraina

Pubblichiamo un estratto dell’intervento del ministro della Cultura, Dario Franceschini, alla Commissioni Cultura ed Esteri della Camera dei Deputati. Franceschini ha riportato le azioni messe in atto dall’Italia per sostenere la cultura ucraina.

L’Italia, in queste settimane, è stata in prima fila per la difesa e la tutela del patrimonio culturale ucraino distrutto e minacciato dalla guerra. Il lavoro che abbiamo avviato è stato apprezzato in tutte le sedi internazionali. La Ministeriale Cultura organizzata dalla Presidenza italiana del Consiglio d’Europa ha, da pochi giorni, approvato all’unanimità la nostra dichiarazione a sostegno dei beni culturali e degli artisti ucraini.

Con orgoglio possiamo rivendicare il ruolo guida che ormai il nostro Paese svolge per la tutela e salvaguardia del patrimonio culturale in Italia e nel mondo. Nei giorni scorsi abbiamo organizzato un incontro per mettere a disposizione del Ministero della Cultura ucraina il software e le competenze dei Carabinieri della Tutela del patrimonio. Questo consentirà l’inserimento nelle nostre banche dati dei beni culturali ucraini a rischio. Si potrà, così, avere un censimento preciso di tutti i siti più esposti, come avvenuto ad Odessa il cui centro storico è un sito Unesco. Inoltre, la Direzione Generale Sicurezza del patrimonio culturale del MiC, insieme ai Carabinieri, sta monitorando la situazione delle opere d’arte nelle aree di conflitto per poter contribuire alla loro messa in sicurezza.

Per questo, abbiamo stabilito l’acquisto e l’invio di materiale idoneo per la tutela e il trasporto dei beni culturali. Il Cdm ha approvato all’unanimità la proposta di finanziare, non appena sarà possibile, la ricostruzione del Teatro di Mariupol. Per poter poi intervenire in fretta a protezione degli artisti ucraini abbiamo deciso di mettere a disposizione i primi 2 milioni di euro. Abbiamo dato 100 mila euro a 20 diverse fondazioni perché organizzino residenze per artisti ucraini in fuga dalla guerra.

L’intervento dei Caschi blu della cultura

In questi giorni ho, infine, firmato un decreto che ha aggiornato e potenziato i Caschi Blu della cultura. Una task force di pronto intervento davvero indispensabile per tutelare e proteggere il patrimonio culturale dalle guerre e dalle calamità. Uno strumento che possa intervenire in situazioni di crisi, evitando che siano i singoli stati a farlo da soli. Un’esigenza ribadita anche in occasione del G20 Cultura dello scorso luglio. In quella sede, abbiamo concordato con l’Unesco che la forza italiana potrà intervenire in caso di emergenza. Riteniamo davvero indispensabile che sia l’UE che l’ONU si dotino di uno strumento del genere, come ci sono per la tutela delle persone e delle vite, che possa essere gestito a favore di tutta la comunità internazionale.

Cgil: Introdurre un contributo di solidarietà dell’1%

Ieri si è svolta una riunione tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, e i sindacati. La riunione si è svolta in seguito all’approvazione del Documento di Economia e finanza in Consiglio dei ministri. Hanno preso parte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini e il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Non ha partecipato il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, assente perché contagiato da Covid. Al suo posto ci sono stati i segretari confederali Ignazio Ganga e Giulio Romani.

Il Segretario generale della CGIL ha dichiarato: “C’è una proposta del governo di proseguire il confronto e farlo diventare strutturale. È un fatto positivo, cosa produrrà quel confronto lo vedremo. Per noi vale il merito. Il governo ha proposto di convocare un tavolo dopo Pasqua da allargare anche all’associazione delle imprese per affrontare i problemi aperti, compreso il tema delle pensioni. Abbiamo detto che non è questo il momento per aumentare le spese per armi ma oggi è il momento di aumentare le spese per la tutela sociale e il rilancio degli investimenti del nostro Paese“. CGIL, CISL e UIL ritengono “insufficienti” i cinque miliardi di euro previsti dal Def per aiutare famiglie e imprese. La CGIL ha proposto di “introdurre un contributo di solidarietà su chi ha redditi e patrimoni alti. Un prelievo dell’1% per i patrimoni sopra gli 1,2 milioni di euro” per far fronte all’emergenza sociale.

Mario Draghi ci ha illustrato la possibilità di strutturare confronto articolato e permanente sui temi della crisi. Siamo interessati. Oggi abbiamo fatto primo confronto. Un altro ci sarà subito dopo Pasqua anche con le associazioni datoriali. Sul metodo ci siamo. Nel merito rispetto alle risposte da dare a cittadini non ci siamo ancora. Aspettiamo“. Lo ha dichiarato il segretario della Uil. “Abbiamo approvato l’idea di costruire un patto sociale, ma va ovviamente riempito di contenuti e di merito“, ha affermato Giulio Romani.

L’ONU ha sospeso la Russia dal Consiglio per i diritti umani

L’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato la richiesta degli Stati Uniti d’America di sospendere la Russia dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. La risoluzione esprime “grave preoccupazione per la crisi umanitaria in Ucraina, in particolare per le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca“. I voti a favore sono stati 93, 24 i contrari e 58 gli astenuti. Per l’approvazione era necessaria la maggioranza dei due terzi dei 193 Paesi votanti, escluse le astensioni.

Secondo l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, “il voto di oggi è stato storico. È senza precedenti che l’Assemblea Generale Onu abbia votato per sospendere un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dal Consiglio per i diritti umani. Siamo riusciti nuovamente a isolare la Russia, a condannarla e quindi a sostenere il popolo ucraino“. Diverso il parere dell’ambasciatore cinese all’Onu, Zhang Jun, secondo il quale “il dialogo e il negoziato sono l’unica via per uscire dalla crisi in Ucraina. Ci opponiamo fermamente alla politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani. Questa risoluzione non è redatta in modo aperto e trasparente. Essa aggrava le divisioni tra gli Stati membri, aggiunge benzina al fuoco, e non aiuta i colloqui di pace“.

I Paesi che hanno espresso un voto contrario sono stati: Cina, Siria, Corea del Nord, Iran, Cuba, Kazakistan, Bielorussia, Bolivia, Congo, Algeria, Eritrea, Etiopia, Mali, Nicaragua, Burundi, Centrafrica, Gabon, Lao, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Vietnam e Zimbabwe. Tra i 58 astenuti, Sudafrica, Egitto, Senegal, Pakistan, Brasile, Messico, India, Iraq e Giordania. 

Stefano Cucchi: otto carabinieri condannati per depistaggio

Otto Carabinieri sono stati condannati in primo grado per aver depistato le indagini sulla morte di Stefano Cucchi, alterando o facendo sparire documenti di servizio. I reati contestati sono stati falso, favoreggiamentoomessa denuncia e calunnia.

Il giudice Roberto Nespeca ha condannato a cinque anni il generale Alessandro Casarsa (all’epoca dei fatti capo del Gruppo carabinieri Roma) a un anno e tre mesi il colonnello Lorenzo Sabatino (allora comandante del Nucleo operativo di Roma) a un anno e tre mesi l’appuntato Francesco Di Sano (in servizio nella caserma di Tor Sapienza), a quattro anni Francesco Cavallo (capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma), a quattro anni il maggiore Luciano Soligo (comandante della compagnia Talenti Montesacro), a un anno e nove mesi Massimiliano Colombo Labriola (comandante della stazione di Tor Sapienza), a un anno e nove mesi il capitano Tiziano Testarmata (comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo), a due anni e mezzo il carabiniere Luca De Cianni.

Sono sotto shock. Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno. Anni e anni della nostra vita sono distrutti, ma oggi ci siamo. Le persone che ne sono stati la causa, i responsabili, sono stati sono stati condannati“, ha dichiarato Ilaria Cucchi dopo la sentenza. “È finita. La scala gerarchica intera ha ricevuto una condanna per i depistaggi sull’omicidio di Stefano Cucchi. Depistaggi infami che hanno offeso e ferito la famiglia Cucchi per anni ed anni. Quelle relazioni che lo descrivono come tossicodipendente in fase avanzata anoressico e sieropositivo sono false. L’Arma dei Carabinieri ne esce ripulita. Affetto e fiducia però voglio esprimere a Colombo Labriola. Un carabinieri condannato del quale continuerò a fidarmi“, ha scritto l’avvocato Fabio Anselmo su Facebook.

Il comunicato dell’Arma

La sentenza odierna del processo che ha visto imputati otto militari per vicende connesse con la gestione di accertamenti nell’ambito del procedimento ‘Cucchi-ter’, riacuisce il profondo dolore dell’Arma per la perdita di una giovane vita. Ai familiari rinnoviamo – ancora una volta – tutta la nostra vicinanza. La sentenza, seppur di primo grado, accerta condotte lontane dai Valori e dai principi dell’Arma“, scrive in una nota il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.

L’amarezza è amplificata anche dal vissuto professionale e personale dei militari condannati Nei loro confronti sono stati, da tempo, adottati trasferimenti da posizioni di Comando a incarichi burocratici. Non appena la sentenza sarà irrevocabile, saranno sollecitamente definiti i procedimenti amministrativi e disciplinari conseguenti. In linea con le affermazioni del Pubblico Ministero nel corso del dibattimento, il quale ha evidenziato come il processo non fosse ‘a carico dell’Arma’ – costituitasi peraltro parte civile – si ribadisce il fermo e assoluto impegno ad agire sempre e comunque con rigore e trasparenza, anche e soprattutto nei confronti dei propri appartenenti.”

Il tentativo di nascondere il genocidio in Tigray

Pubblichiamo la “dichiarazione sulla dissacrazione da parte delle forze espansionistiche
Amhara delle Vittime del Genocidio del Tigray”, redatta dall’Ufficio Affari Esteri del Tigray.

Il governo del Tigray condanna la rimozione deliberata, la manomissione delle prove e la distruzione dei resti delle vittime del genocidio che, come trasmesso dai media etiopici, è stato condotto in Tigray dalle autorità dello Stato Amhara e dai loro alleati locali e nazionali. Il progetto genocida di sterminio del popolo del Tigray è sostenuto da un flusso infinito di prove.

Gli eserciti genocidi Etiope ed Eritreo, insieme ad un gruppo di forze predatrici appartenenti ai gruppi espansionistici Amhara, hanno commesso e continuano a commettere orribili atrocità contro il popolo del Tigray. Hanno commesso atti di genocidio, hanno sistematicamente stuprato in gruppo donne e ragazze, massacrato civili, fatto pulizia etnica, decimato l’economia del Tigray, distrutto istituzioni socioculturali, usato la fame come arma di guerra. Hanno deliberatamente vandalizzato le infrastrutture che forniscono servizi. Come documentato da istituzioni e media, le forze di invasione hanno commesso atrocità indicibili durante gli 8 mesi in cui hanno occupato tutto il Tigray.

La situazione nel Tigray occidentale e settentrionale

Alla fine di giugno 2021, queste forze sono state cacciate dalla maggior parte del Tigray. Ma l’intera parte occidentale e parti del Tigray nord-occidentale e orientale rimangono sotto un’occupazione brutale. Le forze espansionistiche Amhara hanno fatto tutto il possibile per liberare il Tigray occidentale da ogni presenza tigrina. Occorre notare che la classe dirigente Amhara espansionistica, che ha un dono senza pari di nutrire rancori storici, ha annesso l’intero Tigray occidentale. L’esercito eritreo continua ad occupare il Tigray occidentale e parti del Tigray nord-occidentale e orientale.

Poiché questa classe dirigente moralmente corrotta non ha alcuna base valida per le proprie rivendicazioni irredentiste, il suo metodo preferito per legittimare la sua violenta presa di un territorio tigrigno costituzionalmente riconosciuto è quello di creare nuove realtà demografiche sul territorio. Questa classe dirigente attua una pulizia etnica, come affermato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Ha attuato un genocidio in Tigray e ha promosso l’insediamento di massa dell’etnia Amhara.

A tal fine, queste rapaci forze espansionistiche Amhara, con la partecipazione diretta dell’esercito Eritreo di occupazione e con la piena partecipazione del regime genocida di Abiy, hanno scatenato orrori inimmaginabili sui tigrigni nelle parti occupate del Tigray. Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato pubblicamente che in Tigray occidentale è stata commessa una pulizia etnica. Tuttavia, tale dichiarazione non è stata seguita da una specificazione degli autori del genocidio né da robuste misure correttive e punitive.

La distruzione dei cadaveri delle vittime

Questo atto barbarico ha portato alla migrazione forzata di oltre 2 milioni di persone all’interno dei confini. Ulteriori 70 mila persone hanno cercato rifugio in Sudan. Il silenzio assordante della comunità internazionale di fronte a tale barbarie ha incoraggiato il regime di Abiy, la dittatura Eritrea e la classe dirigente Amhara espansionistica a intensificare la loro repressione sui tigrigni. Aggiungendo la beffa al danno, le forze espansionistiche stanno ora riesumando i corpi dei tigrini da loro massacrati e messi in fosse comuni. Il loro unico scopo è di distruggere le prove. Il loro obiettivo è presentarsi come vittime e promuovere le loro pretese incostituzionali.

La necessità di un’indagine internazionale

Manomettendo sfacciatamente prove forensi, le forze espansionistiche Amhara stanno compiendo tentativi dilettanteschi di nascondere il proprio coinvolgimento diretto nello sterminio del popolo del Tigray. Parte di questa strategia delle forze espansionistiche per distogliere l’attenzione dalla loro evidente colpa è la dfifusione di accuse infondate contro il Tigray. Confondendo le acque riguardo al genocidio, questa cricca cerca di eludere la responsabilità nel processo. Ma come tutti i criminali, la cui colpa diventa più chiara in proporzione diretta ai loro sforzi per coprire i propri crimini, le forze espansionistiche Amhara non andranno lontano nel tentativo di mascherare il loro genocidio in Tigray.

Tutte le persone ragionevoli nel mondo non dovrebbero cadere in questo trasparente sotterfugio. Da parte sua, il governo del Tigray ha sempre insistito su un resoconto completo delle atrocità commesse in Tigray e altrove attraverso un’indagine indipendente. Essa deve essere condotta da un organismo internazionale imparziale. Le forze di invasione hanno combattuto con le unghie e con i denti per impedire che l’idea di indagini indipendenti fosse presa seriamente in considerazione.

Il tentativo dell’UNHCR

Un caso esemplare è il tentativo di istituzione, da parte dell’UNHCR, di una commissione indipendente. La commissione avrebbe dovuto indagare tutte le atrocità commesse durante la guerra del Tigray. Il governo del Tigray ha dato il suo sostegno alla Commissione. Il regime di Abiy si oppone strenuamente ad essa, negando il suo mandato e la legittimità. Infatti, il regime di Abiy ha espresso la sua obiezione sostenendo il proprio diritto illimitato di fare qualsiasi cosa all’interno della sua giurisdizione nazionale. Questa è la scioccante affermazione del diritto di massacrare i propri cittadini impunemente. Il regime di Abiy ha inoltre giurato di fare tutto ciò che è in suo potere per negare ai membri della Commissione l’accesso al paese.

Coerentemente con questa minaccia pubblicamente articolata di ostacolare un organismo investigativo debitamente istituito, il regime di Abiy ha combattuto una battaglia persa contro il finanziamento della commissione nel tentativo di rendere impossibile la sua missione. Il regime criminale di Abiy e i suoi partner espansionistici Amhara stanno ora giocando la loro ultima carta: manomettere le prove scavando i resti dei tigrini massacrati dalle forze di invasione. Le ambizioni territoriali delle forze espansionistiche Amhara, anche se sono accompagnate da un intenzione genocida sul popolo del Tigray per la sua orgogliosa storia e identità, non sono solo limitate al Tigray. Le stesse forze sono in guerra genocida con le minoranze all’interno della propria regione contro i popoli di Agaw e Kimant. Esternamente, queste forze sono state in guerra perpetua in Benshangul- Gumuz. Continui sono i tentativi di annessione dell’Oromia.

L’appello alla comunità internazionale

Tuttavia, il fetore della loro colpevolezza è troppo forte e le prove della loro colpevolezza troppo schiaccianti perché queste tattiche disumane abbiano un grande impatto sulla ricerca della giustizia. Se la comunità internazionale è seriamente intenzionata a rispettare la sua promessa e a trattenere i responsabili di massicce violazioni e abusi dei diritti umani, non può lasciare che questa classe dirigente espansionistica la faccia franca. Questo riguarda non solo le atrocità feroci contro i tigrigni, ma anche la distruzione delle prove che stabiliscono la loro colpevolezza. È ora che la comunità internazionale vada oltre le espressioni di preoccupazione e intraprenda azioni concrete per garantire responsabilità e giustizia nei confronti degli innumerevoli Tigrigni che sono stati vittime dei regimi di Abiy e Isaias, così come della predatoria classe dirigente Amhara.

Alberto Pizzolante

Nasce l’Anno europeo della cultura ucraina

Su proposta della presidenza italiana, il Consiglio d’Europa ha istituito l’Anno europeo della cultura ucraina. Lo ha comunicato il ministro della cultura, Dario Franceschini, al termine dei lavori della conferenza ministeriale del Consiglio d’Europa tenutasi l’1 aprile al Palais d’Europe di Strasburgo. Il Consiglio d’Europa ha condannato la distruzione del patrimonio culturale e le violazioni dei diritti umani fondamentali compreso quello di partecipare alla vita culturale. I paesi membri si impegnano ad attuare un insieme di azioni concrete a sostegno di Kiev.

In particolare, l’Ucraina riceverà l’assistenza necessaria ad affrontare le minacce al proprio patrimonio culturale. Gli stati membri si impegneranno a preservarlo attraverso ogni possibile strumento tecnico e legale offerto dalle convenzioni in campo culturale. Artisti, intellettuali, scienziati e professionisti del settore creativo provenienti dall’Ucraina riceveranno aiuto attraverso programmi di cooperazione culturale. I profughi ucraini riceveranno assistenza anche attraverso il dialogo interculturale. Gli stati sosterranno le iniziative necessarie a realizzare l’Anno europeo della cultura ucraina, coinvolgendo i profughi ucraini.

Secondo Franceschini, “in tempo di guerra la cultura è spesso un obiettivo deliberato. Esso cancella le tracce culturali del passato. Questo equivale a distruggere la memoria delle persone, creando un danno permanente all’identità degli individui“. Forte è l’impegno del ministro Franceschini a sostegno della cultura ucraina. Pochi giorni fa, egli ha firmato un decreto che destina 2 milioni di euro a 20 fondazioni culturali italiane. Il finanziamento è finalizzato alla realizzazione di residenze artistiche per artisti ucraini. Il Governo ha anche assunto la decisione di offrire all’Ucraina i mezzi per la ricostruzione del Teatro di Mariupol

Iraq: 519 bambini morti o feriti da ordigni in 5 anni

Negli ultimi 5 anni, 519 bambini sono stati uccisi o feriti in Iraq a causa di ordigni esplosivi. Oltre l’80% dei bambini colpiti erano maschi. Lo comunica l’UNICEF, secondo cui “i ragazzi sono colpiti in modo sproporzionato a causa di episodi di lavoro minorile. I più diffusi sono il pascolo di animali e la raccolta di rottami metallici da vendere. I bambini sono particolarmente vulnerabili, attratti dai residuati per il loro aspetto colorato e inconsapevoli di quanto siano pericolosi. Alcune di queste armi sono oggetti familiari di uso domestico trasformati in esplosivi“.

L’Iraq non ha subito conflitti aperti negli ultimi anni, ma comunque le mine terrestri e gli ordigni inesplosi o abbandonati causano ancora morti e feriti in tutto il paese. L’UNICEF e l’UNMAS (United Nations Mine Action Service) chiedono ai Governi di evitare l‘uso di armi esplosive in aree popolate. Chiedono inoltre di prendere posizione per proteggere i bambini e i civili nel mondo dalla minaccia di ordigni esplosivi. Le due associazioni “esortano tutte le parti ad accelerare ogni sforzo per rimuovere le mine esistenti e gli ordigni inesplosi. Chiedono di promuovere l’assistenza alle vittime, e di sostenere il diritto dei bambini a un ambiente sicuro e protetto“. UNICEF e UNMAS forniscono formazione sul rischio di ordigni esplosivi e orientamento ai servizi appropriati comprese le cure mediche e il sostegno psicosociale quando necessario.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale per l’azione contro le mine e gli ordigni bellici inesplosi, ha definito un travalicare ogni limite di orrore l’utilizzo di mine antiuomo. “Disseminare il terreno di mine anti-uomo e usare ordigni speciali, che hanno come scopo terrorizzare la popolazione e provocare stragi di cittadini inermi, costituisce un crimine contro l’umanità che si aggiunge alle responsabilità del conflitto“.

Il Family Act è diventato legge. Cosa prevede

Dopo l’approvazione della Camera del 28 novembre scorso, oggi il Senato ha approvato definitivamente il Family Act. I voti favorevoli sono stati 193, 10 i contrari e 15 gli astenuti. In particolare, il gruppo di Fratelli d’Italia si è astenuto mentre il senatore di Alternativa, Mattia Crucioli, ha annunciato il voto contrario. Il Family Act è un pacchetto di misure pensate per le famiglie con figli che hanno lo scopo di “promuovere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, contrastare la denatalità, valorizzare la crescita dei bambini, promuovere l’autonomia dei giovani e favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile”.

Le misure del Family Act

Il Family Act prevede una revisione dei congedi parentali di paternità e di maternità fino al compimento del quattordicesimo anno di età del figlio. Saranno introdotte detrazioni fiscali per le spese legate all’istruzione universitaria e per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale. Per le giovani coppie, si introducono degli incentivi per l’acquisto della prima casa. In quest’ultimo caso, il provvedimento si rivolge alle famiglie composte da soggetti aventi entrambi età non superiore a 35 anni. L’assegno unico e universale, già in vigore, sostituisce le detrazioni Irpef sui figli a carico. Può essere richiesto dai nuclei familiari di cittadini italiani o con permessi di soggiorno con a carico un figlio entro i 21 anni d’età.

Diversi i bonus e gli assegni: quelli per i figli minori e per le famiglie numerose, il bonus bebè, il premio alla nascita e il fondo natalità per le garanzie sui prestiti. Si istituiscono premi per i datori di lavoro che realizzino politiche atte a promuovere una piena armonizzazione tra vita privata e lavoro. Tra queste vi è il lavoro flessibile. Una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese verrà riservata all’avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni. Premi per chi incentiva il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno.

Le dichiarazioni della ministra Elena Bonetti

Vogliamo rimuovere e risolvere quelle fragilità che sono state ostacolo allo sviluppo del Paese“, ha dichiarato la ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti.

Penso al lavoro femminile, alla mancanza di prospettiva per i giovani, al tema della denatalità. Sono risposte che dobbiamo alle attese delle bambine e dei bambini, delle donne e degli uomini che meritano di vivere in un Paese in cui la loro libertà, le loro aspettative, le loro ambizioni possano trasformarsi in progetti di vita concreti che davvero concorrano al progresso dell’intera società. La riforma investe nel lavoro femminile, perché la maternità non deve essere più un costo, né personale, né per le imprese e per restituire alle donne quella libertà e quella dignità che il presidente Mattarella ci ha richiamato essere la dignità di non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità. È una riforma che investe nell’autonomia e nel protagonismo dei giovani, che significa formazione, lavoro, casa“.

Migliaia di rifugiati congolesi hanno raggiunto l’Uganda

Sono circa 10.000 i rifugiati congolesi che hanno raggiunto il distretto di Kisoro, nel sud-ovest dell’Uganda. I rifugiati sono fuggiti dai violenti scontri nella Repubblica Democratica del Congo iniziati il 28 marzo 2022. Lo ha comunicato l’UNHCR. Quasi 36.000 persone sono sfollate all’interno della Repubblica Democratica del Congo. L’UNHCR e il Programma Alimentare Mondiale hanno istituito una task force per organizzare la fornitura di assistenza umanitaria.

Gli arrivi in Uganda sono stati registrati il 28 e 29 marzo. Sei persone hanno presentato ferite d’arma da fuoco. L’UNHCR ha già trasferito circa 2.350 richiedenti asilo nel vicino centro di transito di Nyakabande. Attualmente, l’Uganda ha chiuso il confine di Bunagana al commercio ma sta permettendo ai richiedenti asilo di entrare nel paese. Altri richiedenti asilo stanno usando passaggi di frontiera irregolari.

Fra coloro che fuggono dalla violenza, vi sono molti bambini non accompagnati, anziani e persone in sedia a rotelle. La maggior parte dei nuovi arrivati si sta rifugiando vicino al confine, in modo da poter ottenere più facilmente notizie su ciò che sta accadendo nei villaggi, nella speranza che la violenza si fermi e che si possa tornare a casa. L’UNHCR elogia l’Uganda per aver permesso ancora una volta a chi cerca sicurezza di entrare nel paese.